La gestione attuale dell’embolia polmonare acuta negli ospedali italiani: lo Studio “COPE”

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La gestione attuale dell’embolia polmonare acuta negli ospedali italiani: lo Studio “COPE”

Oltre 5.200 pazienti con embolia polmonare acuta sono stati arruolati, per un totale 182 centri partecipanti in tutta Italia comprendenti reparti di Cardiologia, Medicina Interna e i dipartimenti d’Emergenza-Urgenza

Per la buona riuscita dello studio e la raccolta dei dati è stata fondamentale la sinergia e partecipazione di Fondazione per il Tuo cuore e del Centro Studi ANMCO

Oltre 5.200 pazienti con embolia polmonare acuta arruolati, per un totale di 182 centri partecipanti in tutta Italia comprendenti reparti di Cardiologia, Medicina Interna e i dipartimenti d’Emergenza-Urgenza. Questi sono alcuni dei numeri dello studio COPE, uno studio clinico prospettico, multicentrico sulla gestione contemporanea dell’embolia polmonare acuta (‘The COntemporary management of Pulmonary Embolism’ – COPE, logo in Figura 1) promosso dall’Università degli Studi di Perugia e dalla Fondazione per il Tuo cuore in collaborazione con le Società Scientifiche FADOI e SIMEU, oltre ovviamente ad ANMCO.

Figura 1

Lo scopo dello studio è stato quello di valutare le strategie di gestione contemporanee nei pazienti con embolia polmonare acuta, sintomatica e confermata obiettivamente, riguardanti la diagnosi, la stratificazione del rischio, l’ospedalizzazione, il trattamento, l’incidenza e i predittori di morte intraospedaliera e a 30 giorni. Lo studio COPE è un progetto di ampio respiro la cui realizzazione è stata possibile grazie alla partecipazione attiva di più discipline ed aree (Tabella 1) ovvero la Cardiologia (75 centri) e la Medicina Interna (63 centri) con i loro reparti di degenza e la Medicina d’Emergenza-Urgenza (44 centri) con i reparti e il Pronto Soccorso, tra il 2018 e fine 2020, non fermandosi neanche dopo l’inizio della pandemia da SARS-COV-2 (febbraio 2020) e includendo anche pazienti COVID-19 positivi.

Tabella 1: Principali Centri Arruolatori COPE

Proprio per la trasversalità della patologia, questa collaborazione ha consentito l’inclusione dell’intero spettro di gravità dell’embolia polmonare acuta (dall’alto al basso rischio) ed ha permesso la valutazione delle differenze nella gestione clinica tra i diversi contesti assistenziali e tra ospedali universitari e non. Ci si potrebbe chiedere se nel 2023 ci sia ancora un ruolo per studi osservazionali e registri, ebbene, il COPE basa la sua forza proprio su questo disegno di studio. Lo studio prospettico COPE ha incluso pazienti in condizioni critiche, anche deceduti, ed il limitato numero di pazienti esclusi (solamente 30) rende ragione della consecutività effettiva del campione. Gli studi randomizzati sono essenziali per valutare il ruolo di interventi diagnostici e terapeutici così come delle strategie di gestione in uno specifico contesto clinico e i risultati di questi studi sono la base per orientare le linee guida nella pratica clinica. Tuttavia, gli studi clinici randomizzati sono di solito condotti in centri selezionati e specializzati e potrebbero non arruolare l’eterogenea popolazione che si osserva generalmente nella pratica clinica. Ad esempio, i pazienti più anziani e fragili con controindicazioni alla terapia anticoagulante, i pazienti con presentazione clinica grave e multiple comorbidità (la “real life” ospedaliera) continuano ad essere sottorappresentati negli studi clinici contemporanei e registrativi sugli approcci terapeutici nei pazienti con embolia polmonare acuta. I risultati dello studio COPE ci potranno fornire anche dati su queste tipologie di pazienti essendo l’età media della popolazione inclusa 70 anni ed essendo i pazienti con 80 anni o più il 28,9% della popolazione totale. Come ulteriore punto di forza, lo studio COPE si è avvalso dell’enorme contributo del Centro Studi ANMCO che ha elaborato una sintetica ma approfondita CRF (Case Report Form) per la raccolta dati con un rigoroso controllo a monte, e di un Comitato per l’aggiudicazione centrale degli eventi critici il cui ruolo era quello di fornire una valutazione standardizzata, indipendente, imparziale e in cieco rispetto al giudizio dello sperimentatore e quindi di migliorare la validità scientifica dello studio. In questo contesto, i risultati dello studio COPE, che a breve saranno pubblicati sulla rivista “Thrombosis and Haemostasis”, ci forniranno dati contemporanei sulla mortalità intraospedaliera e a 30 giorni nei pazienti con embolia polmonare acuta documentata, nonché informazioni sull’aderenza alle linee guida e il suo impatto sugli eventi clinici, informazioni necessarie per guidare la ricerca clinica e indirizzare l’organizzazione sanitaria. Se a livello internazionale il registro COPE richiama il registro ICOOPER, a livello nazionale non possiamo non ricordare il registro IPER (Italian Pulmonary Embolism Registry), promosso dall’ Area Malattie del Circolo Polmonare dell’ANMCO, in particolare dai Dott.ri Franco Casazza e Amedeo Bongarzoni che, tra il 2006 e il 2010, coinvolse Cardiologie, Medicine, Medicine d’Urgenza in Italia. Rispetto ad allora, per quanto riguarda la diagnosi, l’angio-TAC polmonare ha completamente soppiantato la scintigrafia polmonare (96.3% e 1.4%, rispettivamente, vs 82.1% e 8.6%, rispettivamente nell’IPER); viene più utilizzato il Doppler vascolare degli arti inferiori (2.1% vs 1.5% nell’IPER); l’80% dei pazienti ha un test di stratificazione prognostica (BNP/ NTproBNP 56% COPE vs 18% IPER, troponina I/T 83% vs 72%, funzione ventricolare destra nell’11% alla TAC e all’ecocardiogramma 81% vs 90% solo ECO nell’IPER); la terapia parenterale in fase acuta viene ancora largamente utilizzata. Inoltre, sebbene la EP si sia arricchita in alcuni casi della gestione ambulatoriale e della osservazione breve e la mortalità si sia ridotta nell’ultimo decennio (dal 6.7 al 3.4%), essa rimane elevata a 30 giorni. Osservazioni particolari andranno fatte sulla stratificazione prognostica nel rischio intermedio e sulla gestione dell’alto rischio. In questa ultima categoria, a fronte della riduzione della mortalità (dal 30 al 20%), è ancora sottoutilizzata la riperfusione sistemica (5.5%), la riperfusione meccanica percutanea e/o mista. La stratificazione prognostica delle ultime linee guida ESC 2019 definisce meglio il basso rischio ma non aiuta nel rischio intermedio per il quale, sulla base dei risultati del registro COPE, potrebbero considerarsi comorbilità non ancora comprese nello score PESI (Pulmonary Embolism Severity Index). Rimaniamo in attesa delle sotto-analisi proposte dall’Area Malattie del Circolo Polmonare e dai ricercatori italiani che porranno le basi per studi futuri nei differenti setting di pazienti. Ringraziamo la Prof.ssa Cecilia Becattini, il Prof. Michele Massimo Gulizia, per il lavoro di coordinamento unitamente al Centro Studi ANMCO. Come area Malattie del Circolo Polmonare guardiamo al futuro a partire da questi importanti dati del COPE sulla gestione dell’embolia in fase acuta: a breve sarà distribuita una survey sulla gestione clinico strumentale del follow up della embolia polmonare da cui nasceranno nuovi spunti di collaborazione e di studio, ed è in pubblicazione sul GIC una guida pratica, a partire da casi clinici reali, sulla gestione della terapia anticoagulante dopo la fase acuta.

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