Ruolo della biopsia endomiocardica nell’era dell’imaging avanzato

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Ruolo della biopsia endomiocardica nell’era dell’imaging avanzato

Biopsia endomiocardica e tecniche di imaging: amici o nemici?

Le tecniche di imaging avanzato in grado di offrire una caratterizzazione tissutale miocardica hanno limitato negli ultimi anni l’utilizzo della biopsia endomiocardica (BEM), rendendo necessario un chiarimento del ruolo di questa metodica nel work-up diagnostico e nel trattamento delle malattie miocardiche

Negli ultimi anni, l’utilizzo di modalità avanzate di imaging, tra cui l’ecocardiografia con analisi tridimensionale e dello strain miocardico, la risonanza magnetica nucleare (RMN) cardiaca e la tomografia ad emissione di positroni (PET), ha rivoluzionato l’approccio non invasivo alla diagnosi e alla stratificazione prognostica delle cardiomiopatie. In particolare la RMN cardiaca oltre a permettere una valutazione morfologica e funzionale completa, fornisce la caratterizzazione in vivo della componente tissutale miocardica e la quantificazione del volume extracellulare identificando l’interstizio miocardico. Inoltre, la scintigrafia miocardica con difosfonati ha dimostrato una sensibilità e specificità così elevata, in presenza di imaging suggestivo e di assenza di componente monoclonale, da permettere la diagnosi non invasiva di amiloidosi cardiaca da transtiretina. Di conseguenza l’utilizzo della biopsia endomiocardica (BEM) nella diagnosi delle cardiomiopatie è ormai molto limitato, e rende necessario un chiarimento del ruolo di questa metodica nel work-up diagnostico e nel trattamento delle malattie miocardiche.

Tecniche, rischi e benefici della biopsia endomiocardica
La biopsia endomiocardica del ventricolo destro (VDx) e del ventricolo sinistro (VSn) è stata introdotta nella pratica clinica nel 1963 da Sekiguchi e Konno, e gradualmente è diventata un’indagine diagnostica riconosciuta e preziosa per le malattie del muscolo cardiaco. La metodica ha trovato maggiore impiego a partire dal 1974 quando è stato introdotto un biotomo flessibile al King’s College da Richardson. Questo biotomo, e le sue successive modifiche, può essere inserito attraverso una lunga guaina nella vena giugulare, nella vena succlavia, nelle vene e arterie femorali destra e sinistra. Recentemente è stato utilizzato anche l’approccio arterioso radiale per la biopsia del VS. Oltre ai miglioramenti strumentali, le prestazioni diagnostiche della BEM sono state anche legate allo sviluppo di nuove tecniche di laboratorio come l’immunoistochimica, l’ibridazione in situ e la reazione a catena di polimerizzazione (PCR) per rilevare un’infezione virale del miocardio. La BEM viene solitamente eseguita in un laboratorio di cateterismo cardiaco sotto guida fluoroscopica. Tecniche di imaging (ad esempio l’ecografia bi e tridimensionale) possono essere eseguite contemporaneamente alla fluoroscopia per migliorare la precisione della biopsia endomiocardica. È possibile inoltre eseguire anche l’ecocardiografia intracardiaca per guidare la BEM specialmente in presenza di processi focali (es per i tumori cardiaci).
La BEM diretta dalla RMN può migliorare l’accuratezza della procedura nelle malattie con pattern focale (es. sarcoidosi), mentre non sembra aumentare l’accuratezza diagnostica in caso di miocardite. Negli ultimi anni il mappaggio elettroanatomico è stato utilizzato come guida alla BEM eseguita in laboratorio di elettrofisiologia, in pazienti con malattie associate ad aritmie ventricolari (miocardite, sarcoidosi e cardiomiopatia ventricolare destra). Aree anomale al mappaggio electroanatomico hanno un’elevata sensibilità e specificità nell’identificare il substrato patologico (Figura 1).

Figura 1 – Biopsia endomiocardica guidata dal mappaggio elettroanatomico. Il panello A mostra come il mappaggio elettroanatomico ad alta densità del ventricolo sinistro identifica una area di alterato segnale in cui viene prelevato il frammento bioptico (freccia). Cortesia del Dott. Carlo Lavalle. Il pannello B mostra il biotomo flessibile con cui si prelevano i frammenti endomiocardici.

Il potere diagnostico della BEM dipende però soprattutto dal numero dei campioni bioptici che vengono prelevati. Per cercare di minimizzare il “sampling error” dovrebbero essere prelevati almeno 5 campioni in diversi siti in VDx e VSn. Nella nostra esperienza la BEM biventricolare ha una maggiore resa diagnostica rispetto alla BEM del VSn isolato (rispettivamente 99,5% e 92,2%). Abbiamo inoltre confrontato l’accuratezza diagnostica di BEM del VSn e del VDx in pazienti che hanno ricevuto una BEM biventricolare e dimostrato che la resa diagnostica complessiva di BEM V sn era superiore a quella di BEM v dx (96,3% e 71,4%, rispettivamente). Questa discrepanza era ancora più evidente quando le anomalie ecocardiografiche strutturali o funzionali interessavano esclusivamente il VSn; la resa diagnostica di BEM VSn aumentava al 97,8% e la resa diagnostica di BEM Vdx scendeva al 53%. A fronte di un elevato potere diagnostico, l’incidenza di complicanze dopo BEM V sn è molto bassa (0,33%) e paragonabile a quella del Vdx (0,45%). Il numero di BEM per operatore richiesto per mantenere l’abilità procedurale è definito a 50 procedure per operatore all’anno. Oltre all’abilità procedurale, è essenziale che sia disponibile una cardiopatologia esperta per l’analisi tempestiva e la comunicazione dei risultati della BEM in tempi brevi.

La biopsia endomiocardica come “Gold Standard” diagnostico
Nonostante le tecniche di imaging permettano la definizione avanzata di molte cardiomiopatie, non possono tuttavia sostituire completamente la BEM che rappresenta ancora il gold-standard per la diagnosi delle malattie miocardiche. La BEM infatti può fornire importanti risultati istologici, immunoistochimici e molecolari, che sono fondamentali per ottenere la certezza diagnostica ed in alcuni casi per guidare il trattamento specifico. In particolare, la BEM può fornire informazioni preziose per il trattamento dei pazienti con miocardite. Infatti, studi randomizzati in pazienti con miocardite supportano l’istituzione di una terapia immunosoppressiva nel contesto di una miocardite dimostrata dalla biopsia come virus-negativa, per la mancanza di genomi virali alla PCR sul miocardio, soprattutto in presenza di positività degli autoanticorpi anticuore circolanti e nella miocardite a cellule giganti. In particolare, il trial TIMIC ha dimostrato in pazienti con cardiomiopatia infiammatoria cronica virus-negativa l’efficacia di un trattamento per sei mesi con prednisone e azatioprina nel migliorare la funzione ventricolare sinistra rispetto al placebo, senza effetti avversi importanti. Tale beneficio viene mantenuto fino a 20 anni di follow-up con bassa percentuale (5%) di ricorrenza di malattia. Anche nelle cardiomiopatie a fenotipo ipertrofico l’utilizzo della BEM può essere necessario per dirimere il dubbio diagnostico di forme secondarie, quando i test di imaging non sono concordi nell’indicare la fenocopia o quando, nel caso di amiloidosi cardiaca, è necessario stabilire la natura della proteina amiloidogenica.

Indicazioni cliniche alla biopsia endomiocardica
A causa della mancanza di studi clinici e linee guida specifici, le indicazioni cliniche per eseguire la BEM si sono basate negli anni su pareri di esperti. Recentemente, è stato pubblicato un position statement sulla BEM derivata dagli sforzi congiunti del Trilateral Cooperation Workshop di un gruppo multidisciplinare di esperti in cardiomiopatie e patologie cardiovascolari della Heart Failure Association (HFA) della European Society of Cardiology, della Heart Failure Society of America (HFSA) e della Japanese Heart Failure Society (JHFS). Questo documento armonizza precedenti pareri di esperti e prese di posizione di singole società, offrendo un riferimento aggiornato sulle indicazioni cliniche alla BEM (Figura 2).

Figura 2 – Indicazioni alla biopsia endomiocardica secondo il recente Position Statement sulla biopsia endomiocardica (Eur J Heart Fail 2021).

In particolare, la BEM è indicata nei pazienti con miocardite fulminante o acuta, che si presenta con shock cardiogeno o insufficienza cardiaca acuta e disfunzione ventricolare sinistra, con o senza aritmie ventricolari maligne e/o anomalie della conduzione. Può anche essere considerato in pazienti emodinamicamente stabili con condizioni cliniche suggestive di miocardite, in assenza di coronaropatia significativa. Nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa la BEM può essere indicata nella disfunzione ventricolare sinistra da moderata a grave, refrattaria ai trattamenti standard, per escludere eziologie specifiche, soprattutto se la storia familiare e/o i test genetici sono negativi. In questa situazione, la BEM può essere usata per dimostrare la presenza di cardiomiopatia infiammatoria con un più alto grado di sensibilità rispetto alla RMN. La BEM è inoltre indicata nel sospetto di cardiotossicità mediata da Immune Checkpoint Inhibitors (ICI), per identificare il danno infiammatorio acuto che controindica la ripetizione della terapia, nei pazienti con aritmie ventricolari o sincopi inspiegabili refrattarie al trattamento per identificare etiologie potenzialmente curabili come miocardite, ARVC, o sarcoidosi. LA BEM può essere utile nei pazienti con bradicardia di nuova insorgenza e anomalie di conduzione, quando la presentazione clinica suggerisce un’eziologia trattabile (p. es., miocardite, amiloidosi o sarcoidosi. La BEM può essere presa in considerazione nei pazienti con cardiomiopatia restrittiva e ipertrofica se l’eziologia della cardiomiopatia rimane inconcludente dopo la valutazione non invasiva, e c’è il sospetto clinico di un disturbo infiltrativo o da accumulo (amiloidosi, sarcoidosi, Anderson Fabry e glicogeno malattie da accumulo) con nuove opzioni terapeutiche disponibili.

Prospettive future
È di fondamentale importanza l’armonizzazione delle tecniche di imaging con l’utilizzo della BEM, considerando il valore aggiuntivo della combinazione delle diverse metodiche per un uso più razionale e appropriato della biopsia, per aumentare il suo valore diagnostico e per accrescere la comprensione e la corretta definizione dei segnali provenienti dalle tecniche di imaging avanzato combinate con lo studio del tessuto cardiaco. In questa prospettiva un approccio basato sul team, che dovrebbe includere specialisti di scompenso cardiaco, elettrofisiologi, esperti di imaging, di cardiopatologia, di biologia molecolare e genetica clinica, è fondamentale e dovrebbe includere centri con competenze specifiche nella valutazione dei pazienti con cardiomiopatie, nell’esecuzione della BEM e nell’interpretazione dei risultati immunoistopatologici e biomolecolari. Attualmente esiste un’esigenza insoddisfatta di sviluppare una rete di centri regionali e nazionali con un’esperienza standardizzata nella pratica della biopsia. L’elevato livello di competenza fornito da questi centri aumenterà il valore diagnostico della BEM, aprendo nuove prospettive cliniche e riducendo il rischio di complicanze.

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