Scompenso cardiaco con funzione sistolica lievemente ridotta: profilo epidemiologico, comorbità ed indici prognostici

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Scompenso cardiaco con funzione sistolica lievemente ridotta: profilo epidemiologico, comorbità ed indici prognostici

Scompenso cardiaco a frazione d’eiezione lievemente ridotta: analogie e differenze con gli altri fenotipi di scompenso cardiaco

L’insufficienza cardiaca è una sindrome clinica caratterizzata da dispnea, fatica, astenia, intolleranza all’esercizio fisico, talora accompagnata da segni quali aumento della pressione venosa giugulare, congestione polmonare, edemi declivi, causata da alterazioni strutturali o funzionali del cuore e rappresenta la principale causa di mortalità nei paesi industrializzati, esplicitamente responsabile di oltre 18 milioni di decessi per anno. Nonostante i termini insufficienza cardiaca e scompenso cardiaco vengano spessi utilizzati in maniera intercambiabile, con il primo si identifica generalmente la sindrome clinica mentre con il secondo si intende l’episodio di riacutizzazione. La Società Europea di Cardiologia (ESC) classifica lo scompenso cardiaco in base al grado di disfunzione sistolica, dando origine a tre categorie: scompenso cardiaco con frazione d’eiezione preservata (FE>50%), con frazione d’eiezione lievemente ridotta (FE 40-49%), con frazione d’eiezione ridotta (FE<30%). Lo scompenso cardiaco a frazione d’eiezione lievemente ridotta (o “mildy reduced”) identifica una categoria grigia con FE compresa tra 41 e 49% ed in alcuni registri rappresenta sino ad un quarto di tutti i pazienti con scompenso cardiaco. La ragione scientifica per cui è stata coniata questa nomenclatura risiede in diversi quesiti di ricerca, alcuni dei quali non trovano ancora risposta. Gran parte delle evidenze disponibili derivano da registri o sottoanalisi di studi di popolazione/di corte e non è ancora chiaro sino a che punta possa considerarsi come una categoria “di transizione” tra HFpEF e HFrEF piuttosto che come entità nosologica a se stante.

Per ciò che concerne il profilo epidemiologico del fenotipo HFmrEF, le evidenze disponibili sono limitate ed in gran parte derivanti da sottoanalisi di registri clinici e studi di comunità. Il Registro ESC-HF-LT (Heart Failure Long-Term) costituito dai dati di oltre 9.134 pazienti ha riportato un tasso di ospedalizzazione HFmrEF-related del 24% (1). Una stima simile è stata riportata nel Registro Swedish composto dai dati di 40.230 pazienti, ove è risultato un tasso di ospedalizzazioni HFmrEF del 21% (2). Queste stime sono inferiori a quelle riportate dal Registro GWTG-HF (Get With The Guidelines-HF) il quale ha analizzato dati di oltre 99.825 pazienti raccolti dal 2005 al 2013, segnalando un tasso del 13% di ospedalizzazioni riconducibili al fenotipo HFmrEF (3). Per ciò che concerne altre caratteristiche demografiche quali genere ed età, sembra che il fenotipo HFmrEF sia maggiormente rappresentato negli individui di sesso maschile ed over 65. I risultati dei registri ESC-HF-LT e Swedish segnalano una prevalenza maggiore negli individui di sesso maschile (68% e 61% rispettivamente). I dati GWTG-HF riportano invece una prevalenza nel sesso maschile del 51%. L’età media nei registri GWTG-HF, ESC-HF-LT e Swedish è risultata essere 77, 64 e 74 anni rispettivamente.

L’interpretazione clinica delle comorbidità osservate nei pazienti con fenotipo HFmrEF è ancora dubbia. Sono state valutate diverse comorbidità quali ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, pregresso infarto miocardico, presso ictus cerebri/attacco ischemico transitorio, BPCO, Diabete Mellito tipo II, Fibrillazione atriale, insufficienza renale cronica e stato anemico. L’Ipertensione arteriosa è risultata essere la patologia più frequentemente coesistente nei pazienti con fenotipo HFmrEF con una prevalenza tra il 60% e l’82%. Dai dati dei tre registri (GWTG-HF, ESC-HF-LT e Swedish registry) emerge che l’ipertensione arteriosa è più frequente nel fenotipo HFmrEF (82%, 60% e 64% rispettivamente) rispetto al fenomeno HFrEF (77%, 55% e 56%) e leggermente meno frequente rispetto al fenotipo HFpEF (84%, 67%, e 72% rispettivamente). Analogamente è stata riscontrata una forte prevalenza di cardiopatia ischemica, risultando una frequenza del 59.9%, 41.8% e 53.0% nei registri GWTG-HF, ESC-HF-LT e Swedish registry rispettivamente. Sembra che la coesistenza di malattia coronarica (CAD, coronary artery disease) sia maggiore comparabile nei fenotipi HFpEF e HFrEF (59.9%, 41.8% e 53.0% vs 58.4%, 48.6% e 54.0% rispettivamente). Parallelamente la prevalenza di CAD nel fenotipo HFpEF è risultata essere inferiore (48.6%, 23.7% e 42.0%). Al contrario la presenza di fibrillazione atriale e diabete mellito tipo II è risultata essere comparabile tra i fenotipi HFmrEF e HFpEF ed in ogni caso maggiore rispetto alla frequenza osservata nel fenotipo HFrEF.

Per quanto riguarda gli indicatori prognostici, alcuni studi hanno cercato di definire nella maniera più accurata possibile quali fattori e quali caratteristiche fossero capaci di predire gli eventi di ospedalizzazione e mortalità. Un studio longitudinale ha analizzato dati di 28.200 pazienti in un periodi di 12 anni, ove è stata registrata una percentuale di HFmEF del 10% (4). Tra i fattori prognostici ritenuti significativi, troviamo l’età, il genere maschile, un alto valore di pressione sistolica, un precedente evento cardiovascolare e la coesistenza di diabete mellito tipo II. Tra i biomarker predittori di HFmrEF risultato i peptidi natriuretici, la cistatina C e la troponina, seppur gli stessi marker hanno mostrato una correlazione più altra con l’incidenza di HFrEF. È stato inoltre osservato un trend aumentato in termini di mortalità nel fenotipo HFmrEF (50 eventi per 1.000 persone-anno) rispetto al fenotipo HFpEF (39 eventi per 1.000 persone-anno). I tassi di mortalità sono invece risultati pressoché comparabili nei fenotipi HFmrEF e HFrEF (50 e 46 eventi per 1.000 persone-anni; p=0.78). Questi dati sono in contrasto con i risultati di uno studio osservazionale multicentrico coinvolgente 3.580 pazienti con scompenso cardiaco, con un follow up medio di 3.66 anni e di cui il 14% con fenotipo HFmEF: in questo studio la mortalità per ogni causa nel fenotipo HFmrEF è risultata essere inferiore rispetto ai fenotipo HFrEF e HFpEF (43% versus 45% e 52% rispettivamente). Non si sono registrate invece particolari differenze per ciò che concerne i tassi di ospedalizzazione (5).

Alla luce di questi dati, considerando le peculiari caratteristiche, in termini di profilo epidemiologico/prognostico e di comorbidità, è ragionevole ipotizzare che forse sia più l’eziopatogenesi a caratterizzare la risposta terapeutica ed il management clinico dello specifico fenotipo di scompenso cardiaco. La ricerca sta direzionando il propri sforzi verso questa direzione al fine di definire la miglior risposta terapeutica per ciascuna categoria di scompenso cardiaco.

Bibliografia

  1. Chioncel, O. et al. Epidemiology and one-year outcomes in patients with chronic heart failure and preserved, mid-range and reduced ejection fraction: an analysis of the ESC heart failure long-term registry. Eur. J. Heart Fail. 19, 1574–1585 (2017).
  2. Koh, A. S. et al. A comprehensive population-based characterization of heart failure with mid-range ejection fraction. Eur. J. Heart Fail. 19, 1624–1634 (2017).
  3. Shah, K. S. et al. Heart failure with preserved, borderline, and reduced ejection fraction: 5-year outcomes. J. Am. Coll. Cardiol. 70, 2476–2486 (2017).
  4. Bhambhani, V. et al. Predictors and outcomes of heart failure with mid-range ejection fraction. Eur. J. Heart Fail. 20, 651–659 (2018).
  5. Margonato D. et al. Heart Failure With Mid-range or Recovered Ejection Fraction: Differential Determinants of Transition. Card Fail Rev. 2020 Oct 16;6:e28 2020.

Autori

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