Long Covid: nuove definizioni (PASC) e peculiarità di genere

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Long Covid: nuove definizioni (PASC) e peculiarità di genere

Infezione da SARS Cov 19: non solo la fase acuta

Definire il Long Covid (o PASC) come forma senza alterazioni organiche a carico dell’apparato cardiovascolare e conoscerne i meccanismi fisiopatologici

1. Premessa
La malattia da coronavirus (COVID-19) è una patologia infettiva causata dal coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave SARS-CoV-2. Dai primi casi segnalati nel dicembre 2019, la diffusione della patologia è diventata in tre mesi da endemica a pandemica, tanto che ad oggi nel mondo si sono infettate oltre 530 milioni di persone e vi sono state oltre sei milioni di vittime. In Italia sono stati registrati in totale 17 milioni di casi, con 166.000 decessi. I due anni di pandemia hanno permesso di raccogliere dati su una miriade di aspetti epidemiologici e clinici per caratterizzare alcune importanti differenze di presentazione e di outcome in diversi setting di pazienti, così come l’eterogeneità emersa in relazione al genere, sia nella fase acuta di malattia che nel periodo post-infezione. L’infezione acuta ha prognosi di malattia peggiore negli uomini, che presentano un rischio più elevato di infezione da SARSCoV-2, di ricovero, peggiori esiti clinici e morte per COVID-19. In generale, le donne sembrano avere il triplo delle probabilità di sviluppare il Long COVID (LC), rispetto agli uomini, ma solo fino a circa 60 anni, quando il livello di rischio diventa simile. Oltre all’essere donne anche l’età avanzata e un indice di massa corporea più alto sembrano essere fattori di rischio per incorrervi.

2. Definizioni
Il NICE (United Kingdom’s National Institute for Health Care and Excellence) ha definito il Long COVID come PASC – Post Acute Sequele of SARS COV2 – che consiste nella condizione in cui sintomi e segni sviluppati durante o dopo l’infezione da SARS COV 2 permangono oltre le 12 settimane, non spiegati da un’eziologia alternativa. Questa definizione rispecchia quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che definisce la PASC come una condizione che occorre in soggetti con storia di infezione da SARS COV 2 probabile o confermata i cui sintomi che durano oltre due mesi non sono spiegati da diagnosi alternative. Indipendentemente dalla specifica definizione, è importante comprendere che anche pazienti asintomatici in fase acuta potranno comunque successivamente sviluppare la PASC. Per cercare una chiarezza nella possibile eziologia dei sintomi cardiovascolari nella PASC, l’ACC ha proposto una classificazione che differenzia note entità cardiovascolari che si possono presentare sia nell’immediato post acuto che nella cronicizzazione del COVID 19 (PASC – CVD)(1) da sintomi cardiovascolari che perdurano oltre l’acuzie e non sono pienamente spiegati dai routinari test diagnostici (PASC – CVS)(2). Differenziare la PASC-CVD dalla PASC-CVS può essere di ausilio nell’indirizzare il paziente allo specialista nell’ambito di percorsi diagnostici codificati per un’efficiente valutazione e management(3). Tra le due forme di PASC, la forma CVS – senza alterazioni organiche – è quindi la vera PASC post infettiva.

3. Sintomi e peculiarità genere relate
Nella fase acuta dell’infezione l’unico sintomo più incidente nelle donne è la cefalea (20% vs il 13% negli uomini), mentre la fase persistente di malattia è caratterizzata da maggiore variabilità(4). Spesso la diagnosi è tardiva perché notoriamente le donne si rivolgono meno alle attenzioni mediche e tendono in molti casi a sottovalutare il corteo sintomatologico che segue all’infezione acuta. Tra i vari sintomi, l’astenia è la più frequente manifestazione di PASC CVS nelle donne, mentre la dispnea è il più comune sintomo negli uomini. Diversi studi condotti a livello multicentrico, di tipo prevalentemente prospettico, hanno evidenziato alcuni punti salienti(5):

  • Le donne hanno un rischio triplo di sviluppare il Long COVID rispetto agli uomini, anche se solo fino ai 60 anni, quando il livello di rischio diventa simile; e la patologia non è correlata né alla gravità della malattia in fase acuta né al tempo di clearance virologica;
  • Il Long COVID, al pari dell’infezione acuta, può avere un interessamento multiorgano, è stato infatti riportato che mediamente il 70% dei pazienti aveva interessamento di un singolo apparato, il 29% invece multiorgano, più comunemente a carico di cuore (26% dei casi), polmoni (11%), apparato neuromuscolare (10%), reni (4%), fegato (28%), pancreas (40%) e milza (4%);
  • Il Long COVID si caratterizza per una pletora di sintomi – ne sono stati caratterizzati oltre 200 – che interessano tessuti e organi a vario livello. I più comuni sono astenia, dolore toracico e muscolare, cefalea, dispnea, anosmia, debolezza muscolare, febbre persistente, disfunzione cognitiva (la cosiddetta “brain fog”), tachicardia, caduta dei capelli, disordini intestinali e manifestazioni cutanee.

L’astenia è il sintomo in assoluto più frequente, riportato in più del 50% dei pazienti guariti da COVID 19 a distanza di almeno 4 settimane dall’infezione acuta, ed è anche il sintomo più frequentemente riportato nelle donne, mentre nel sesso maschile il più comune è la dispnea. Dato singolare, non è stata ritrovata alcuna associazione tra sviluppo di astenia, severità dell’infezione acuta e livelli di marker infiammatori. I sintomi cardiologici più frequenti sono l’intolleranza all’esercizio, il dolore toracico, la dispnea e la tachicardia. La dispnea è comune nei pazienti con complicanze dell’infezione da Sars COV 2 di tipo cardiaco e polmonare, tra cui lo scompenso cardiaco, la miocardite, le aritmie, l’embolia polmonare, la fibrosi polmonare, l’iperreattività bronchiale da infiammazione vascolare polmonare. Escluse queste cause, nel PACS la dispnea è spesso concomitante all’intolleranza all’esercizio, riconoscendo come principale meccanismo eziologico il decondizionamento. Sebbene alcuni gradi di decondizionamento, nelle forme di patologia moderatosevera, siano inevitabili, non è ancora chiaro perché durate limitate di riposo e brevi fasi di inattività fisica in coloro che sono stati asintomatici o paucisintomatici in fase acuta, risultino in gradi simili di decondizionamento. Il dolore toracico, altro sintomo comune nel PASC CVS, riconosce (in assenza di forme di PASC CVD) multipli fattori eziologici: il danno endoteliale vascolare è effetto diretto dell’infezione virale ed indiretto della risposta immune, ed è strettamente connesso al rischio di spasmo coronarico. Un tipo particolare di tachicardia post COVID è la tachicardia posturale ortostatica (POTS), che si verifica in una piccola percentuale di pazienti con PASC (stimata tra il 5 e l’8%), ed è contraddistinta da una frequenza cardiaca in ortostatismo maggiore di 30 battiti dopo 5 minuti dal clinostatismo. I pazienti (donne in una maggior percentuale di casi), avvertono anche concomitante dispnea, cefalea, difficoltà di concentrazione, palpitazioni, astenia. In alcuni casi di POTS post COVID, sono stati descritti episodi convulsivi e presincopali. Se la POTS non viene trattata e si protrae nel tempo, l’astenia diviene debilitante, aumenta il decondizionamento ed incide inevitabilmente sulla qualità di vita e sul tono dell’umore. Anche se considerati indipendentemente dalla POTS, i sintomi psichici sono tipici del PACS nella donna, in cui il Long COVID genera ansia e depressione, che perdurano, così come i disturbi del sonno, anche a 8 mesi dall’evento acuto. Le casistiche riportano anche sintomi di pertinenza non strettamente cardiologica, come i deficit mnemonici – la cosiddetta “brain fog” – caratterizzata da confusione mentale, perdita di concentrazione e disturbi della memoria, e disturbi del sonno. È stata inoltre identificata una forma di encefalopatia mialgica/sindrome da stanchezza cronica (tipicamente – fino ad oggi – secondaria a infezione di Epstein Barr, Citomegalovirus, Borrelia) come associazione di intolleranza all’esercizio a sintomi di nebbia cerebrale; questa sindrome è talora presente come triade (ME/ CFS), con compromissione della capacità funzionale a casa o al lavoro superiore a 6 mesi, non alleviata dal riposo, malessere generale dopo sforzo, e sonno non ristoratore.

Manifestazioni cliniche del Long Covid

4. Fisiopatologia del PASC – CVS nel genere femminile
Dal punto di vista fisiopatologico, i pazienti con PASC CVS hanno un ridotto stroke volume, ridotte pressioni di riempimento ventricolari sinistre, una aumentata frequenza cardiaca al basale, minor efficienza ventilatoria e minor estrazione di ossigeno sistemico. Questo è particolarmente rilevante nel sesso femminile, in cui notoriamente la maggior espressione di IL – 6 nella fase acuta di malattia, l’aumentata risposta immunitaria, e l’azione degli ormoni sessuali, rendono meno rilevanti i sintomi in fase acuta, ma maggiormente prevalente il danno endoteliale e la cronicizzazione di malattia nei mesi successivi alla clearance virologica. Il danno d’organo causato da un’eccessiva risposta infiammatoria attivata dal virus, ma anche una reazione autoimmune indotta dal virus stesso potrebbero essere responsabili dei sintomi del Long COVID. Infatti, il virus potrebbe presentare alcune similitudini con componenti dell’organismo (fenomeno noto come mimetismo molecolare) e far quindi generare anticorpi che possono reagire anche contro i nostri organi o tessuti provocando le manifestazioni cliniche descritte. È noto che le differenze genere relate nella risposta immunitaria variano nel corso della vita: nelle fasi post puberali e premenopausali le donne hanno valori più alti di citochine infiammatorie (in particolare IL – 6, TNF e IL-1b), rispetto agli uomini in fase post puberale e adulta. Un recente lavoro della Mayo Clinic ha inoltre analizzato un fenomeno fisiopatologicamente intrigante a proposito di un frequente cluster di sintomi riportato – caratterizzato da dolori diffusi, astenia con malessere post esercizio, intolleranza ortostatica, e brain fog: similmente a quello osservato in altre sindromi postinfettive, questo corteo di sintomi del Long COVID potrebbe progredire in fibromialgia, sindrome da affaticamento cronico, tachicardia posturale ortostatica (POTS), e altre cosiddette sindromi da Sensibilizzazione Centrale. Si ipotizza che queste sindromi condividano un meccanismo fisiopatologico comune con infiammazione neuronale centrale e rimodellamento cerebrale e midollare, che conduce ad un’incrementata sensibilità a molteplici stimoli, iperattività simpatica, e ridotta efficienza dei pathways inibitori(6).

5. Aspetti psicologici e sociali
Lo sviluppo dei sintomi post COVID, nella sua eterogeneità è anche influenzato dallo stress psicologico, mentre nella face acuta di malattia è probabile che la minore severità dei sintomi sia legata anche a fattori prettamente comportamentali, come la minore esposizione al virus e la maggiore tendenza delle donne al lavaggio delle mani. Emerge sempre più rilevante una serie di aspetti legati all’impatto socio – economico del virus, poiché proprio per la pletora di sintomi che interessano il corpo femminile per diversi mesi e ne influenzano prestazioni ed efficienza, inevitabilmente ne risentono anche la sfera familiare, il contesto lavorativo e di riverbero anche quello sociale.

6. Diagnosi di PASC
La diagnosi di PASC è un processo complesso che deve essere gestito da un team multidisciplinare con follow up ravvicinati. I medici di base sono il primo punto di contatto perché indentificano questi pazienti e coordinano l’assistenza con altri specialisti. Per coloro con sintomi cardiovascolari un ragionevole approccio iniziale include l’esecuzione di test di laboratorio di base, l’ECG, ed eventualmente ecocardiogramma, ECG sec holter, Rx o TC torace e/o test di funzionalità polmonare. Ovviamente le indagini suddette devono essere singolarmente raccomandate e rapportate alla sintomatologia del paziente. La consulenza cardiologica deve essere riservata per coloro che presentano alterazioni dei test precedenti: pazienti con cardiopatia nota con segni nuovi o un peggioramento dei preesistenti, complicanze cardiache diagnosticate durante l’infezione, sintomi cardiovascolari non altrimenti spiegati(7). I cardiologi dovrebbero eseguire un’anamnesi accurata con un esame obiettivo per escludere una PASC CVD. Ad esempio, in caso della presenza di dolore toracico, se compare in un paziente a basso rischio potrà essere utile eseguire un test da sforzo altrimenti dovrà essere consigliato un test avanzato come angio TC coronarica(8). Importante l’inquadramento diagnostico corretto nella POTS e nella ipotensione ortostatica, tra le PASC la forma più frequente.

7. Management del PASC CVS
Il trattamento delle forme di PASC CVS dipende sostanzialmente dai sintomi presentati dal paziente. Coloro i quali presentano tachicardia ed intolleranza all’esercizio bisogna indirizzarli verso un esercizio aerobico che aumenti la massa ed il volume sanguigno e la compliance ventricolare, incrementando gradualmente l’entità dell’esercizio fisico e iniziando con attività sedute o semisedute (canottaggio e bicicletta) che possono favorire gradualmente una tolleranza all’esercizio eseguito in posizione eretta(1). Bisognerà raccomandare al paziente di aumentare il quantitativo idrico e di sale giornaliero per aumentare la volemia, oppure si può consigliare assunzione di piccole dosi di betabloccanti o calcioantagonisti per le forme di tachicardia inappropriata. Nell’ipotensione ortostatica possono essere d’aiuto farmaci come il propanololo e il fludrocortisone, quest’ultimo per incrementare l’ipovolemia e contrastare l’ipotensione ortostatica. Per coloro che presentano dolore toracico, se questo è secondario ad un meccanismo infiammatorio tipo costocondritico possono essere utili dei FANS per 1-2 settimane associate a basse dosi di colchicina. Se i sintomi peggiorano con i FANS dovrà essere considerata una componente esofagitica. Nei pazienti con POTS sono consigliati trattamenti farmacologici e non farmacologici, che meritano una trattazione ad hoc, considerando la varietà di terapie proposte, prime fra tutte l’ivabradina. Non ci sono protocolli condivisi sul follow up dei pazienti che hanno avuto un‘infezione da Sars-Cov2 e presentano una persistenza dei sintomi: i pazienti con sintomi più gravi necessitano di controlli in presenza, controlli di HTCR (mediamente dai 6 mesi dal quadro acuto) e l’esecuzione degli esami ematici nei primi 12 mesi. La frequenza del follow up deve essere sempre individualizzata in base al profilo clinico del paziente. Linee guida chiare sulla gestione del LC aiuteranno il lavoro e le attuali incertezze tra gli operatori sanitari, così come il follow up a lungo termine dei pazienti guariti da Covid consentirà di fare più luce nel LC e nel suo management.

References

  1. B. Raman, Long COVID: postacute sequelae of COVID-19 with a cardiovascular focus. European Heart Journal (2022) 43, 1157–1172
  2. 2022 ACC Expert Consensus decision pathway on cardiovascular sequelae of COVID 19 in adults: myocarditis and other myocardial involvement, post acute sequelae of SARS COV 2 infection, and return to play. JACC vol 79, NO 17, 2022: 1717-1756
  3. NICE. Common symptoms of ongoing symptomatic Covid -19 and post Covid 19 syndrome. Covid 19 rapid guideline managing the long term effects of Covid19. https: www.nice.org.uk/guidance/ng188/ chapter
  4. Raveendran AV et al. Long COVID: An overview. Diabetes Metab Syndr. 2021 May-Jun; 15(3): 869-875
  5. Bai F. et al. Female gender is associated with long COVID syndrome: a prospective cohort study. Clin Microbiol Infect. 2022 Apr; 28(4):611.e9-611.e16
  6. Ravindra Ganesh et al. The FemalePredominant Persistent Immune Dysregulation of the Post-COVID Syndrome. Mayo Clin Proc. March 2022;97(3):454-464
  7. Catapano F. et al. Role of advanced imaging in Covid 19 cardiovascular complications. Insights Imaging 2021 12:28.
    Charfeddine S. et al. Long Covid 19 syndrome is related to microcirculation and endothelial dysfunction? Insights from TUN EndCOvStudy. Front Cardiovasc Med 2021; 8; 7454-7458

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