La ben nota e disastrosa situazione in cui versa la Medicina d’Urgenza ha coinvolto diverse figure professionali
Risultati di una Survey, condotta in Regione Campania, sul coinvolgimento dei Cardiologi nella copertura dei turni al Pronto Soccorso
Negli ultimi anni stiamo assistendo in Italia ad un progressivo e inesorabile depauperamento del personale sanitario, in particolar modo di quello medico, a carico del Pronto Soccorso. Secondo i dati della SIMEU (Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza) in Italia mancano 5.000 medici al PS (circa 3 su 10) e le previsioni per il futuro non fanno ben sperare. Ogni anno sono numerosissimi i medici, tra questi anche giovani appena assunti, che abbandonano il PS verso specialità diverse come la medicina di base o verso strutture private. Dall’altro canto, le scuole di specializzazione in medicina d’urgenza registrano un forte calo di iscrizioni, così come i concorsi pubblici banditi per rinfoltire il personale dei Pronto Soccorso, rimangono vacanti. I PS sono sempre sovraffollati, stretti in una morsa tra il numero degli accessi in buona parte non appropriati e mal filtrati dalla medicina territoriale e dall’altra dalla cronica carenza di posti letto ospedalieri che non permette di decongestionare il PS ricoverando i pazienti bisognosi di ulteriori approfondimenti. Il sovraffollamento di pazienti, la carenza cronica di personale, il rischio di contenziosi medico-legali e le frequenti aggressioni fisiche da parte dei pazienti o dei loro familiari rendono il Pronto Soccorso un ambiente lavorativo ostile dal quale scappare. Da ricordare inoltre, che il medico in Italia percepisce tra gli stipendi più bassi in Europa e ha scarsissime possibilità di fare carriera. In conclusione si lavora male e si guadagna poco. Per evitare la chiusura dei PS in molti presidi ospedalieri si è ricorso alle ben note cooperative o organizzazioni private che forniscono medici a “gettone” con grosso dispendio di risorse economiche e in alcuni casi peggioramento delle cure erogate. Altra strategia adottata dalle Direzioni Sanitarie è quella di attingere dal pool di medici in servizio in Reparti diversi. È così, che sulla base del principio dell’equipollenza tra Specialità diverse, anche i Cardiologi sono stati coinvolti in quello che qualcuno definisce “un tritacarne”. La situazione in Regione Campania è piuttosto eterogenea, con differenze tra le diverse strutture ospedaliere. Per conoscere il quadro attuale abbiamo inviato, a giugno 2023, un breve questionario ai Direttori delle 46 UO di Cardiologia degli Ospedali della Campania dotati di PS. Hanno risposto in 28, tra questi tutte le aziende ospedaliere provinciali e gli ospedali con maggiore bacino d’utenza. A seguire le domande del questionario e la percentuale di risposte date.
Dalla breve survey emerge che più della metà delle UO di Cardiologia sono coinvolte nella copertura dei turni in PS e che per un 57% di queste la situazione si protrae da oltre un anno. Il carico di lavoro è nel 60% inferiore ai 10 turni/mese per UO con un coinvolgimento per ogni singolo Cardiologo che nel 58% dei casi è maggiore alle 12 ore/mese e per un 15% maggiore alle 36 ore/mese. Nell’87% dei casi sono coinvolti medici appartenenti a Discipline equipollenti o affini alla medicina d’Urgenza mentre in un 25% sono stati reclutati medici di Discipline non equipollenti o affini alla medicina d’urgenza. Dato interessante è che nel 59% dei casi la Direzione Sanitaria è stata costretta ad utilizzare lo strumento dell’ordine di servizio, ovvero un’ingiunzione al dipendete di violare le norme contrattuali. Diverse sentenze giudiziarie hanno dimostrato come l’ordine di servizio risulti spesso illegittimo perché assunto senza il rispetto dei requisiti formali e sostanziali previsti dalla normativa di riferimento. Da sottolineare come nel 48% dei casi il Cardiologo scelga di svolgere il turno in PS fuori dal suo orario di servizio e con una retribuzione da parte dell’azienda. Un’opzione che ha permesso, li dove c’è disponibilità da parte del personale medico, di trovare una soluzione temporanea con grosso dispendio economico da parte dell’azienda. Per la maggior parte degli intervistati migliorare la rete ospedale-territorio porterebbe ad una riduzione degli accessi al PS evitando soprattutto quelli inappropriati. La chiusura, dove possibile, di qualche PS accorpando il personale a PS più grandi è stata considerata un’opzione in oltre la metà delle risposte. Per il 48% eliminare l’equipollenza tra specialità potrebbe essere un’altra soluzione. Attualmente viviamo il paradosso che un medico d’urgenza può partecipare ad un concorso di Cardiologia scegliendosi un Ospedale con bassi volumi operativi e dall’altra un Cardiologo con magari 30 anni di servizio ospedaliero sulle spalle è costretto a lavorare al PS. Per il 54% dei Direttori di Struttura interpellati la direzione sanitaria del proprio presidio non ha cercato una soluzione strutturale al problema e per il 90% di loro, inviare medici al PS comporta problemi organizzativi nella copertura dei turni con conseguente riduzione delle attività ordinarie, principalmente quelle ambulatoriali. Da non sottovalutare l’aspetto probabilmente più importante, legato alle conseguenze sulla motivazione professionale e sulla salute psico-fisica del Cardiologo che deve affrontare un lavoro per il quale non è formato ed ha scarse competenze mettendo a rischio la salute dei pazienti e la propria responsabilità professionale. Per il 72% degli intervistati si viene ha creare una situazione di mobbing con la dequalificazione e la marginalizzazione professionale del medico. Concludendo, la Campania, così come molte regioni italiane, sta vivendo una grave crisi sanitaria frutto di una cattiva programmazione. Ovviare alla carenza di personale del PS utilizzando medici con competenze diverse non è la soluzione e il suo prolungarsi può portare a conseguenze più gravi della crisi che l’ha determinata.