Fattori di rischio cardiovascolare nelle donne: differenze di genere

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Fattori di rischio cardiovascolare nelle donne: differenze di genere

La prevenzione cardiovascolare al femminile

Il cuore delle donne: differenze di genere nei fattori di rischio cardiovascolare

La medicina di genere trova le proprie origini in un editoriale pubblicato nel 1991 sul New England of Medicine, redatto dalla direttrice del NIH Dr.ssa Healy (1), la quale denunciava una differenza nelle prestazioni sanitarie erogate alle pazienti di sesso femminile rispetto a quelle erogate verso pazienti di sesso maschile, specie in termini di procedure diagnostiche invasive e di inclusione a sperimentazioni cliniche. L’articolo prendeva spunto dall’eroina del racconto “Yentl The Yeshiva Boy”, scritto da Isaac B. Singer, che narrava della vicenda di Yentl, giovane ragazza ebrea costretta a travestirsi da uomo per studiare il Talmud, testo sacro ebraico. Dagli anni ‘90 ad oggi la medicina di genere ha focalizzato la propria attenzione sullo studio delle relazioni tra le differenze biologiche definite dal sesso e le caratteristiche epidemiologiche, eziopatogenetiche, cliniche e prognostiche delle principali patologie umane. Chiaramente, considerando la prevalenza delle malattie cardiovascolari nella popolazione generale, la comunità scientifica ha diretto i propri sforzi anche verso una più analitica definizione delle differenze di genere nell’ambito dei fattori di rischio cardiovascolare tradizionali. L’origine di questo interesse scientifico risiede nel mancato riconoscimento della specificità biologica, fisiopatologica e clinica e sul retaggio culturale che le donne fossero in qualche modo protette dalle malattie cardiovascolari (2). Una conclusione controintuitiva se si considera che le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nella donna tanto che nell’uomo. È stato inoltre segnalato in letteratura come diversi studi sperimentali sviluppati all’inizio dell’epoca moderna siano stati effettuati su giovani adulti di sesso maschile ed etnia bianca, traslandone le conclusioni alle altre etnie e alla donna (3). Le donne come gli uomini presentano fattori di rischio simili in termini di età, storia familiare (4), diabete, ipertensione, tabagismo, dislipidemia, obesità ed inattività fisica. Sembra tuttavia differire l’impatto dei singoli fattori di rischio sulla donna rispetto che sull’uomo. Per esempio la nicotina presente nel fumo di sigaretta nelle donne, che ne fanno un uso sempre più diffuso (il 21% delle donne fuma 13 sigarette al giorno e nelle donne sotto i 35 anni il dato è in continua crescita), è metabolizzata più velocemente rispetto agli uomini. Il fumo di sigaretta se associato ai contraccettivi orali, provoca l’aumento di rischio infarto miocardico in particolar modo nelle donne giovani. In un’importante meta-analisi di studi di coorte prospettici (5) i cui partecipanti sono stati 2,4 milioni, è stato riscontrato che rispetto a coloro che non fumano, le donne fumatrici hanno il 25% in più di rischio relativo di coronaropatie rispetto agli uomini fumatori. La cessazione al fumo riduce notevolmente questo rischio, un’ulteriore meta-analisi sugli effetti della cessazione del fumo dopo l’infarto miocardico ha documentato una riduzione della mortalità del 46% sia nelle donne che negli uomini (6), motivo per cui è necessario sviluppare nuove strategie e iniziative che promuovano la cessazione del fumo. Alcuni studi hanno persino preso in considerazione le differenze di genere nell’assuefazione e nella dipendenza dall’abitudine tabagica, suggerendo, seppur in maniera non univoca, che le donne potrebbero avere maggiori difficoltà a smettere di fumare (American Journal on Addictions nel maggio del 2014). Differenze più significative sono emerse per ciò che concerne altri fattori di rischio cardiovascolare quali ipertensione arteriosa, diabete mellito, attività fisica. Gli ormoni sessuali, il sistema nervoso simpatico, l’effetto di alcune sostanze ad azione vasocostrittrice e il peso corporeo rendono le donne più esposte a valori pressori subottimali. In una revisione sono stati raccolti numerosi studi riguardanti le differenze di genere esistenti su alcuni fattori cardiovascolari. In uno di questi riguardanti la pressione arteriosa è riportato che episodi di ipertensione sistolica isolata hanno un rischio relativo molto più elevato per infarto miocardico acuto, ictus e mortalità cardiovascolare nella donna rispetto all’uomo. Per quanto riguarda il diabete, esso rappresenta un fattore di rischio maggiore sia nella donna che nell’uomo. La meta-analisi di Lee Wl. et al. (7) ha dimostrato che le donne con diabete mellito tipo II hanno un rischio relativo di morte coronarica maggiore (2,58 (95% CI 2.05-3.26) VS 1,85, (1.47-2.33) P = 0.045). Tra i fattori di rischio comuni, anche il colesterolo gioca un ruolo importante. Studi osservazionali (8) dimostrano un rapporto significativo tra i valori elevati di colesterolo e le malattie cardiovascolari: alti valori di trigliceridi sembrano essere più forti predittori di mortalità per malattie cardiovascolari nelle donne rispetto agli uomini. Inoltre nella donna a causa dei bassi livelli di estrogeni si registra un aumento dei lipidi nella menopausa che costituisce di per sé un fattore di rischio cardiovascolare. La sindrome metabolica è un altro fattore che comporta un rischio di eventi cardiovascolari doppio nelle donne rispetto agli uomini. Negli ultimi anni si è registrato un incremento di questa patologia prevalentemente a carico del sesso femminile (nella popolazione italiana il 22,9 % delle donne ne risulta affetto) che sembra essere legato principalmente all’aumentata prevalenza dell’obesità tra le donne. Tra le differenze di genere riguardanti i fattori di rischio è importante sottolineare come la sedentarietà (9) sia maggiore nelle donne rispetto agli uomini: il 46% delle donne sono sedentarie, contro il 34 % degli uomini. Questo è dovuto probabilmente al diverso utilizzo del tempo libero dal lavoro, che vede in genere le donne più impegnate nella cura della casa e dei familiari (10). I fattori di rischio maggiormente influenti nell’insorgenza di coronaropatie nella donna sono l’età, lo stato riproduttivo e ormonale, il colesterolo HDL e trigliceridi e la presenza di diabete. Un strategia di prevenzione cardiovascolare che tenga conto delle peculiarità biologiche delle donne è fondamentale per la riduzione del rischio a lungo termine.

Bibliografia

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  • Lindenfeld J, Krause S, Salerno J. Where are all the women with heart failure? J Am Coll Cardiol 1997;30:1417-9.
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  • Liewer L, Mains DA, Lykens K, René A. Barriers to Women’s Cardiovascular Risk Knowledge. Health Care Women Int 2008;29(1):23-38.
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