La Pandemia COVID ha rappresentato un evento di carattere eccezionale, imprevisto ed inatteso che ha colto tutti impreparati, decisori pubblici, personale sanitario, industria del settore farmaceutico e non, con gravi conseguenze: sovraccarico delle strutture ospedaliere con stravolgimento della loro organizzazione, deficienza del sistema territoriale in tutte le sue articolazioni. Il tutto peggiorato dalla mancanza di un approccio unico ed unitario alle problematiche emerse, ma fronteggiato con disuguaglianze territoriali e sociali. L’impatto della pandemia da sindrome respiratoria acuta severa coronavirus 2 (SARSCoV-2) in ambito cardiovascolare è stato particolarmente devastante, causando un drastico calo di circa il 30-40% dei ricoveri per sindrome coronarica acuta (SCA) e scompenso cardiaco. Di fatto si è assistito ad un grave ritardo nel ricorso alle cure mediche di pazienti affetti da infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI), nonché una forte contrazione dei ricoveri per infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI), per embolia polmonare, per ictus, per bypass aortocoronarico.
Revisione degli aspetti strutturali, organizzativi e tecnologici
Superata l’emergenza COVID-19 certamente non sarà più possibile rimanere nelle condizioni prepandemia e sarà necessaria e indispensabile una nuova visione del SSN, dell’organizzazione dei reparti per acuti, un’evoluzione del sistema salute per affrontare in maniera adeguata la presa in carico delle cronicità. È fondamentale ribadire il ruolo degli ospedali orientati alla cura dell’acuto, ma opportunamente potenziati nei vari aspetti tecnologici e di risorse umane, verosimilmente orientati ad una maggiore flessibilità e modularità di tipo strutturale ed organizzativo.
È giunto il momento di:
- proporre standard di personale adeguati;
- adeguare le strutture di ricovero per acuti con predisposizione di aree “grigie” di osservazione e di aree di isolamento;
- potenziare le dotazioni tecnologiche;
- rendere più appropriati i vari setting assistenziali;
- applicare il modello dipartimentale cardiovascolare, non implementato in tutte le aziende, anche in connessione tra ospedale e territorio, che garantisca una opportuna omogeneità e continuità di percorsi, una condivisione di risorse e di processi formativi;
- strutturare ed implementare i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) per le più frequenti patologie cardiovascolari (SCA, scompenso cardiaco, aritmie, post-SCA), che facilitino il raccordo tra le diverse figure coinvolte nella gestione del paziente e che puntino a creare un “ponte” efficace con il territorio, per garantire un adeguato piano assistenziale delle cure;
- ridisegnare le reti cliniche alla luce dell’esperienza vissuta, ridefinendo i ruoli dei centri spoke ed hub, ma anche degli ospedali di prossimità;
- investire in sanità digitale per permettere la creazione di reti di interconnessione tra reparti di dimissione e paziente, tra centri hub e spoke, tra diversi specialisti coinvolti nella gestione del paziente acuto o cronico multimorbido, pensando ad un futuro del SSN basato su processi di cura in continuità tra ospedale e territorio e integrati in una reale gestione multidisciplinare;
- dare supporto ai colleghi delle Aree COVID-19.
Riprogrammazione delle attività ambulatoriali
Molte delle criticità registrate durante le varie fasi della pandemia COVID-19 sono state legate alla insufficiente risposta fornita dal territorio ai bisogni sanitari, emersi in maniera imprevedibile, mai verificatisi in precedenza, che invece richiedevano risposte rapide ed efficaci. Tutto ciò ha causato una notevole e disastrosa pressione sulle strutture ospedaliere che hanno dovuto farsi carico della maggior parte del peso assistenziale della infezione da SARS CoV-2.
D’altro canto, nei mesi di piena emergenza sanitaria, molte attività sono state sospese non solo all’interno delle strutture ospedaliere ma anche sul territorio, interrompendo o limitando sia le attività di screening che di monitoraggio. La sospensione/riduzione delle attività ambulatoriali sta avendo e continuerà ad avere certamente significativi impatti sulla salute. Le attività elettive ambulatoriali dovranno riprendere a pieno regime, ma andranno definite le modalità di smaltimento delle liste d’attesa, auspicando il ricorso, così come in alcune regioni già sta avvenendo, da un lato a risorse aggiuntive, dall’altro a piani di valutazione ed implementazione dell’appropriatezza clinica.
Integrazione Ospedale-Territorio
Riprendendo le indicazioni del Piano Nazionale Cronicità 2016 e del nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, sarà necessario definire percorsi condivisi tra medicina specialistica e medicina generale, tra ospedale e territorio con il necessario coinvolgimento di figure infermieristiche e socio-sanitarie (assistenti sociali, fisioterapisti, psicologi), che possono svolgere un ruolo fondamentale per migliorare l’adesione dei pazienti ai trattamenti raccomandati e l’empowerment del paziente stesso.
Sarà necessario:
- realizzare un coinvolgimento dei cardiologi all’interno delle Case della Salute per implementare programmi strutturati di prevenzione cardiovascolare primaria), ma anche di condividere programmi e percorsi appropriati per la gestione del cardiopatico cronico complesso;
- attuare un collegamento strutturato tra cardiologi ed altri specialisti (diabetologi, pneumologi, nefrologi, neurologi, ecc) attraverso la condivisione delle piattaforme digitali per il teleconsulto sistematico sincrono o asincrono nel paziente cardiopatico cronico multimorbido con l’obiettivo di migliorare l’appropriatezza dei percorsi e ridurre la ridondanza di viste ed esami formulando nel contempo programmi clinici condivisi;
- sviluppare non solo PDTA clinicoorganizzativi di continuità assistenziale ma anche percorsi di condivisione tra diversi setting clinici degli obiettivi di salute, coordinamento delle attività di formazione, confronto continuo all’interno della stessa disciplina e/o tra discipline diverse per una vera gestione multidisciplinare del paziente cronico multimorbido.
Digital health e telemedicina
L’emergenza sanitaria COVID-19 ha portato ad un maggiore utilizzo della telemedicina e di alcune applicazioni, seppure in modo molto frammentato e senza percorsi strutturati. Sia il personale medico che i pazienti hanno dovuto ricorrere a modalità digitali di comunicazione e scambio di informazioni.
L’utilizzo della telemedicina nelle sue varie forme di implementazione, che prevedono la televisita, il teleconsulto, il telemonitoraggio o la teleassistenza, non implica solo investimenti di risorse economiche, ma richiede, ancora una volta, un cambio culturale ed organizzativo, che consenta di proseguire la presa in carico dei pazienti, portando la medicina presso le loro abitazioni, soprattutto per i pazienti più fragili e preveda protocolli strutturati di gestione.
Gli ambiti prioritari in cui utilizzare la telemedicina
I pazienti con scompenso cardiaco cronico, nel cui contesto vi sono già esperienze pubblicate, che hanno documentato significativi benefici in termini di miglioramento dell’adesione ai trattamenti raccomandati, di miglioramento della qualità di vita, ma anche di end point Hard come la mortalità.
Stesso utilizzo potrebbe aversi nei pazienti con storia di fibrillazione atriale e in trattamento anticoagulante, in cui è utile un semplice monitoraggio periodico di parametri clinici e laboratoristici o di effetti collaterali legati alla terapia, efficace anche per monitorare la compliance al trattamento.
Nella gestione della complessità del paziente diabetico sarà sicuramente utile il ricorso al teleconsulto, che possa rendere facilmente disponibile al MMG, in un approccio multidisciplinare, i pareri di diabetologo, cardiologo o nefrologo nelle situazioni cliniche che lo richiedano.
Dopo l’esperienza COVID sono necessari nuovi modelli, nuovi paradigmi, nuove traiettorie di intervento, ed è necessario ridefinire valori e priorità:
- Il valore dell’organizzazione che preveda l’applicazione di quanto previsto e non ancora realizzato (dipartimenti, implementazione di PDTA, percorsi multidisciplinari, una reale integrazione tra ospedale e territorio).
- Il valore dell’appropriatezza degli interventi che può portare ad una sicura razionalizzazione degli interventi, della domanda e dell’offerta.
- Il valore sociale che miri a superare le disuguaglianze e le disomogeneità territoriali.
- Il valore tecnologico (con investimenti mirati non solo in ambito ospedaliero, ma anche in ambito territoriale) e con acquisizione, ormai indifferibile, di strumenti di telemedicina che avvicino il medico al paziente, senza rinunciare alla forza empatica e alla umanizzazione delle cure, più facilmente raggiungibile con contatto diretto.
- La revisione del federalismo in Sanità. Preoccupa la frammentazione delle iniziative regionali, ma anche all’interno di una stessa regione, in relazione al contesto sociale, alle dimensioni dei comuni. Bisogna ricostruire un impianto organizzativo omogeneo nazionale, articolato nelle diverse regioni, ma con una coerenza di sistema.