Qualche bicchiere di troppo

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Qualche bicchiere di troppo

I primi esemplari di bicchiere erano degli utensili naturali, cortecce di alberi, conchiglie, sassi scavati dall’acqua

Una tranquilla domenica di ottobre trascorsa a sistemare regali di nozze si conclude con un intervento medico risolutivo

Il bicchiere ha una doppia funzione, tecnica ed estetica. La prima esalta le caratteristiche organolettiche del suo contenuto: una bevanda servita nel bicchiere sbagliato non esprime in degustazione tutte le sue qualità. I bicchieri da vino hanno tutti lo stelo, le varie forme e dimensioni permettono ai diversi tipi di vino bianchi o rossi, giovani o invecchiati, delicati o di grande struttura, di esprimere al meglio la loro fragranza. Una domenica di fine ottobre 1977 trascorsa a sistemare bicchieri, tutti regali di nozze: due tre quattro cinque servizi da sei, addirittura anche tre da dodici, di tutte le forme, alti, bassi, con stelo, senza stelo, panciuti, magri, flute. Sposati da tre mesi, pochi giorni dopo la Specializzazione in Cardiologia, lavoretti precari, elettrocardiogrammi preoperatori in qualche clinica, molti turni in istituto universitario, gratuiti. Luisa è scocciata, quasi avvilita, troppa cristalleria, cerco di stemperare dilungandomi sulla descrizione delle varie tipologie di bicchieri, fondamentali per il corretto servizio delle bevande, aspetto che, sottolineo con aria da intenditore, viene molto spesso sottovalutato.

Le flute per gli spumanti secchi, continuo a spiegare, hanno la forma allungata perché devono trattenere il più a lungo possibile le bollicine, che partendo dal fondo del bicchiere attraversano tutto il liquido, mentre la coppa per i vini spumanti dolci ha questa forma perché il vino spumante ad alto contenuto zuccherino, con molta effervescenza e intensi profumi, deve sprigionare i propri aromi per una immediata percezione olfattiva. Ma la casa è piccola, e due scatoloni di bicchieri li abbiamo dovuti sistemare sotto il letto, e poi, alla fine, la serata è proseguita a pizza e birra, naturalmente nei bicchieri di tutti i giorni. Dopo cena un film di Hitchkock, e davanti alla tv un bicchierino di whisky ci sta, apro la consolle e provo l’ebbrezza di scegliere il più adatto. I bicchieri da whisky sono bicchieri con un design basso e largo, appositamente progettati per garantire il sapore della bevanda, e, come avevo spiegato a Luisa, per esaltare il gusto del contenuto pur mantenendo intatte le sue caratteristiche. Il film è un classico, Psyco, ma mentre, nel pieno della vicenda, Marion sta facendo la doccia e si intravede una figura armata di coltello, suona il citofono.
<<Dottò, dottò!>>, Giovanni, il portiere.
Ma meglio dire tuttofare, nel condominio si rompe una serranda? Chiami Giovanni, si deve riparare un rubinetto? Chiami Giovanni. <<Dottò currite! Ten’affann>>. <<Chi? Dove?>>.
Nella concitazione Giovanni impiega un po’ di tempo per spiegarsi. Il Commendatore Imperatrice, secondo piano, sta male. Imperatrice? Boh? Chi sarà mai… Ma tant’è: un veloce check alle due borse. Sì, due: in una il Littmann, lo sfigmomanometro, lacci emostatici, ricettario nuovo di zecca in due formati, siringhe da 5,10, 20 cc, e fiale: Kombetin, da 1/8 (la strofantina non può mancare nel corredo di un cardiologo di scuola condorelliana), Lasix, Tefamin, morfina e compresse di Carvasin. Nella seconda borsa l’elettrocardiografo a batteria Cardioline Delta Plus, della Elettronica Trentina, un regalo di mio padre per la specializzazione, peso 3.5 kg, usato tre volte, prima proprio su di lui, poi mia moglie e mio suocero. Corro, sollecitato da Giovanni. Mi fanno strada verso la camera da letto, e attraversando il corridoio dò un’occhiata alla cucina, ancora qualche residuo di una recente cena, qualche bicchiere (!) rimasto sul tavolo. Pur nella concitazione del momento viene in mente la peculiarità della professione medica, questa possibilità solo a noi concessa di entrare nelle stanze e nelle sfere più intime delle persone, qualcosa di veramente affascinante. Il commendatore, in pigiama di flanella, è seduto sul letto, respira affannosamente, è sudato, un viso tondo, pletorico, un sissantino direbbe Camilleri, pochi capelli rossicci (tinti?), sul comodino una Settimana Enigmistica, un bicchiere d’acqua e due gialli Mondadori. Mi osserva, non capisco se con terrore o speranza, certo mi vede molto giovane. Cerco di mettere a fuoco: decubito ortopnoico, dispnea verosimilmente cardiaca, mi torna in mente l’esame di Patologia Medica: “l’edema polmonare è una insufficienza acuta del ventricolo sinistro causata da un aumento di pressione nel circolo polmonare”. Mentre scaravento sul letto il contenuto della borsa e seleziono fiale tento qualche veloce domanda, soffre di pressione alta? Ha mai avuto problemi di cuore? La signora mi porge un mazzetto di fogli, vecchie ricette, Igroton Reserpina, Aminomal. Prendo intanto la pressione, Giovanni resta sulla soglia della camera da letto, in una stanza più lontana una tv ancora accesa, forse sul film di Hitchcock. È una dispnea parossistica, al torace ascolto rantoli a piccole bolle, per fortuna non la classica marea montante. La pressione è alta, anche la frequenza, perplesso se fare prima l’ecg o provvedere opto per prendere una vena e fare mezza fiala, un sedicesimo di Kombetin e una di Lasix, mentre Giovanni è in farmacia per una bombola di ossigeno. Che tempi! Oggi si sarebbe fatta una telefonata al 118, chi si azzarda più ad entrare in una casa e somministrare farmaci in vena, uno dietro l’altro. Ma intanto, dopo un pizzichino di morfina, altro sedicesimo di Kombetin, altro Lasix e ossigeno il commendatore sta meglio, respira con meno concitazione, mi guarda commosso, accenna anche ad un sorriso. Dò disposizioni per il prosieguo, il giorno dopo, ma l’urgenza è sicuramente risolta.

<<Dottore, il suo onorario…>>. Onorario? E chi ha mai chiesto un onorario? <<Signora, ma no, abito due piani sopra, ma le pare, mi fa piacere che l’urgenza sia stata risolta, la prego, aggiungo con tono accorato, non si preoccupi>>. Appare chiaro che in questo momento ho solo voglia di scappare, di fuggire da una sensazione di disagio, di essere liberato. Saluto tutti, il Commendatore per primo, poi la signora ed esco con Giovanni. Le mie azioni nel condominio, lo sento, dopo questo intervento, la mia prima visita “privata” in assoluto, subiranno un’impennata. Tempo due giorni e bussano alla porta di casa, un pacco, <<Cristallerie Imperatrice>>: due servizi di bicchieri di cristallo e una bottiglia di Veuve Clicquot. Grazie, Commendatore, alla salute!



Domenico Miceli è nato a Napoli nel 1951, dove attualmente vive. Si è specializzato in Cardiologia nel 1977, ha lavorato in ospedale e tuttora come libero professionista. Segue l’ANMCO dagli anni ‘90, ed è stato nel comitato di coordinamento dell’Area Management e Qualità, Chairman dell’Area Nursing e Fellow dal 2003. Ha una particolare predilezione per la medicina e la cardiologia divulgativa e, oltre ad avere tenuto incontri rivolti ai cittadini, ha pubblicato articoli e interventi in tema sul web. Ha sempre manifestato grande curiosità e predisposizione per l’informatica e la tecnologia in genere e passione per la lettura, con una preferenza per la narrativa classica e per la saggistica. Ama Buzzati, Camilleri, Simenon. Sin da ragazzo si è cimentato nella scrittura di racconti e rime. E’ attualmente componente della giuria letteraria “Fondazione Premio Napoli” Il suo primo romanzo, “Le sospensioni” è pubblicato su Amazon.

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