Il modello Hub e Spoke, è una terminologia mutuata dal mondo della mobilità su ruota dove i raggi della ruota (Spokes) convergono dalla circonferenza della ruota sul mozzo (Hub). Il modello è stato disegnato per identificare una organizzazione in cui il mozzo è il Centro e gli Spoke sono la periferia. Associati al concetto di movimento Hub e Spoke portano all’idea di un flusso centripeto continuo atto sostanzialmente a ridurre la necessità di assicurare ad ogni segmento (Spoke) di una organizzazione gli strumenti che possono essere concentrati in un Centro unico (Hub). Tale modello è stato implementato alla fine degli anni ‘70 dalle compagnie aeree, in primis quelle americane, per concentrare in pochi centri le principali attività riducendo così costi gestionali altrimenti distribuiti su più aeroporti. In essenza tale sistema consente ed ha consentito di assicurare l’accesso a risorse necessariamente limitate o da limitare al maggior numero delle strutture esistenti in una logica di massima efficienza. In ambito cardiologico la più celebre declinazione del modello Hub and Spoke è stata quella della rete dell’infarto ed in particolare quella dello STEMI. Il modello è stato introdotto intorno alla metà degli anni ‘90 sebbene già da tempo esisteva l’invio dei pazienti dai Centri privi di emodinamica a quelli che invece la possedevano. Allo scopo di garantire il maggior numero di accessi nei tempi necessari una volta identificato il Centro di Riferimento, i Centri Periferici potevano inviare i pazienti ai (allora pochi) laboratori di emodinamica esistenti. Per di più il modello poteva garantire l’accesso a procedure di elevata complessità e scarsa disponibilità ad una ampia popolazione di pazienti. Da allora il numero di Ospedali dotati di emodinamica è cresciuto esponenzialmente ed attualmente quasi tutti gli Ospedali di una certa dimensione hanno la possibilità di eseguire un’angioplastica primaria nei tempi utili. Così in una visione organizzativa più moderna il concetto di organizzazione Hub e Spoke è divenuto meno utile a riflettere l’organizzazione delle cure mentre prendeva piede sempre più il concetto/modello di Rete assistenziale. Anche l’organizzazione in Rete in realtà è un concetto antico che tuttavia solo recentemente è divenuto un paradigma di riferimento per le moderne realtà gestionali. Nel tempo quindi il modello Hub e Spoke è divenuto insufficiente alla gestione dei pazienti con malattie cardiovascolari, legame con un passato sostanzialmente caratterizzato dalla disponibilità dei laboratori di emodinamica. I motivi del declino di questo concetto per descrivere le attività delle Cardiologie del nostro Paese è legato a diversi aspetti:
a) Il progressivo cambiamento della composizione degli infarti con calo dei pazienti STEMI ed aumento dei pazienti SCA-NSTEMI con conseguente difficoltà ad assegnare un percorso univoco all’infarto.
b) La necessità di accettare pazienti che non necessitano di un trattamento interventistico precoce (la maggior parte degli NSTEMI) o di liberare rapidamente i centri con emodinamica di pazienti privi di malattia significativa.
c) Il crescente numero di laboratori di emodinamica, la diffusa disponibilità di procedure interventistiche e la conseguente acquisizione di competenze che invece una volta erano considerate di elevata complessità.
d) Il necessario orientamento delle cure all’intero percorso del paziente con l’obiettivo di collegare fin dall’inizio del percorso il paziente alla sua rete assistenziale locale.
e) Il frequente notevole numero di pazienti che affluisce al centro Hub-dotato di emodinamica con la conseguente necessità di spostare i pazienti in altri Ospedali.
f) La crescente complessità clinica per comorbidità e fragilità dei pazienti che afferiscono alla Rete con conseguente difficoltà di dimettere/trasferire i pazienti.
g) La necessità di includere nel modello anche la UTIC e area di degenza del Centro Hub che, sebbene considerata come entità separata dalla sala di Emodinamica prevede una organizzazione differente rispetto a quella del centro Spoke.
Non va inoltre sottovalutato il fatto che mentre l’organizzazione Hub & Spoke è tendenzialmente rigida nei ruoli e responsabilità, si è presa coscienza nel tempo che le realtà prive di emodinamica ma facenti parte della Rete dell’Emergenza Cardiologica posseggono specifiche ed uniche competenze fondamentali per il funzionamento stesso della Rete. Il progressivo miglioramento delle terapie mediche, l’attenzione alle comorbidità, l’età sempre maggiore di molti pazienti hanno radicalmente modificato i benefici che il solo trattamento interventistico comporta. Una presa in carico a 360° dei pazienti con SCA significa offrirgli le cure necessarie, anche offrirgli l’accesso alle sale di emodinamica ma soprattutto spostare l’attenzione dalla sola anatomia coronarica a tutto il percorso di cura del paziente che ha sviluppato una SCA. Ciò include la valutazione socio-sanitaria, la vita di relazione del paziente, e soprattutto il follow up.
Ragionare in termini di Rete significa immaginare una condizione liquida ove la comparsa o la riduzione di risorse viene immediatamente coperta dalla Rete stessa. Uno o più nodi della Rete possono infatti sopperire a improvvise e/o transitorie mancanze di risposta da un territorio limitrofo. L’accento sulla organizzazione Hub e Spoke ha inoltre un ulteriore limite. Quello di indirettamente spostare non solo le competenze tecniche ma anche quelle professionali dalla periferia al centro. Laddove invece agli snodi di rete è richiesta una attenzione particolare ad individuare i casi che meritano maggior attenzione si rischia di perdere conoscenza delle patologie cardiovascolari più importanti e della loro gestione. Infine, il messaggio che viene offerto è che il paziente acuto possa essere delegato sempre e comunque al centro Hub così da soffocarne le attività sia per quantità che per qualità delle richieste. Per tutti questi motivi l’organizzazione di Rete in ambito sanitario ha avuto una sua evoluzione culturale che richiede un cambio di terminologia. Occorre intanto sottolineare come un’organizzazione di rete è una realtà organizzativa ove più realtà gestionali autonome legate tra loro da un unico obiettivo si comportano come una entità unica di dimensioni più grandi e impiegano metodi di coordinamento e controllo comuni. In questa accezione si possono immediatamente cogliere delle grandi opportunità ai fini della gestione della salute dei pazienti. Non sfuggirà come anche molte compagnie aeree hanno adottato una logica di rete costruendo network di aeroporti in grado di evitare passaggi obbligati anche laddove era più conveniente per i passeggeri collegarsi tra aeroporti periferici. Tornando all’ambito sanitario, le dimensioni e le attività di una realtà di qualunque tipo facente parte della Rete possono essere inserite in un complesso organizzativo che deve rispondere ai bisogni di salute dell’area cui appartiene la Rete. Ospedali diversi possono appartenere ad Aziende diverse, avere dotazione strumentale diversa e avere compiti differenziati purché vi sia un coordinamento di rete che fissi ruoli e responsabilità. In questa organizzazione qualunque sia la composizione della casistica da trattare, gli obiettivi sanitari, e le necessità assistenziali è possibile disegnare una gestione comune in grado di farvi fronte. È altresì plausibile assegnando obiettivi comuni allineare le diverse organizzazioni al fine comune. In quest’ottica ciascun elemento della Rete appare indispensabile, garantisce la prossimità territoriale, può garantire la continuità assistenziale, gestire i collegamenti con gli altri punti della Rete laddove vi fosse un impedimento su alcuni. Il Centro dotato di emodinamica in questo modello assume un importante ruolo per garantire la cura dell’infarto ma può sfruttare le opportunità offerte dalla Rete su più piani: la selezione del paziente da ricevere, la possibilità di integrazione col territorio mediata da altri punti della Rete, la disponibilità di letti ove trasferire i pazienti provenienti da altre sedi. Poiché gli elementi della Rete possono cambiare nel tempo, questa organizzazione permette di essere rimodulata a seconda delle risorse disponibili per garantirne il funzionamento. In altre parole, la riduzione o l’aumento delle risorse può portare a cambiamenti organizzativi non traumatici che permettono il mantenimento o persino l’ampliamento delle funzioni. Per quanto sopra riportato appare evidente che occorre ripensare l’organizzazione gestionale identificando Responsabili della Rete cui affidare obiettivi e assegnare la responsabilità di risultato. Il budget dovrebbe così divenire di Rete superando la logica che il sistema Hub and Spoke aveva inizialmente introdotto e che prevedeva anche un passaggio di risorse dalla periferia al centro. Rete o ragnatela sottolinea il titolo di questa dissertazione. In effetti per parlare di Rete occorre guardare avanti e ragionare sia in termini di prossimità di erogazione dei servizi ma anche della sostenibilità di alcune cure. Così, se oggi il modello della ragnatela (Hub e Spoke) appare ormai datato per la cura dell’Infarto, occorre trasformare l’organizzazione in Rete. Le funzioni a maggior complessità non possono che essere concentrate in pochi Centri ad altissima specializzazione ma la stragrande maggioranza delle attività incluse quelle che seguono l’accesso alle procedure più complesse deve essere gestito nella Rete Cardiologica. Che a sua volta deve essere collegata con la Rete Territoriale. Perdere l’opportunità di lavorare alla costruzione delle Reti Cliniche e ad una forte proiezione sulla circolarità delle cure può costare alla Cardiologia Ospedaliera la sua stessa esistenza. Per tutto quanto sopra riportato il richiamo al modello Hub & Spoke ancorché costituire un termine esotico non facilmente traducibile in Italiano dovrebbe essere sostituito dalla Cardiologia in Rete o dalla Rete dell’emergenza cardiologica. Gli snodi della stessa Rete sono tutti importanti laddove ad essi si diano indirizzi precisi e vi sia un governo unico dei processi. Alla Rete oggi guardiamo per le manifestazioni acute di malattia ma anche per il paziente affetto da condizioni ormai croniche quali, per fare un esempio, lo scompenso cardiaco, le malattie vascolari, la cardiopatia ischemica cronica. Queste Reti sono la risposta ai bisogni sempre più complessi della nostra popolazione e conferisce importanza e significato e senso a ciascuna componente. Offre quella flessibilità organizzativa necessaria ad affrontare le malattie cardiovascolari in tutte le loro fasi e rappresenta la base per futuri cambiamenti quali quelli offerti dalla sanità digitale e dalla integrazione crescente con le attività territoriali di base.