Giuseppe Cacciatore e la fotografia, una passione che dura una vita

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Giuseppe Cacciatore e la fotografia, una passione che dura una vita

Le foto di questo numero sono di Giuseppe Cacciatore. Romano, ha svolto l’attività di cardiologo presso il Forlanini e successivamente al San Giovanni, coniugando l’attività clinica con la ricerca soprattutto attraverso la collaborazione con l’ANMCO. Dal 2000 al 2004 è stato Co-Chairman e successivamente Chairman dell’Area Scompenso Cardiaco della nostra associazione. Cinque anni fa ha concluso la sua attività di medico ospedaliero e attualmente svolge attività libero professionale… e fa il fotografo, un’attività ludica ma anche un impegno mentale e fisico.

Giuseppe, ci conosciamo da tanti anni e spesso ci siamo trovati a parlare di fotografia e della sua importanza come strumento per conoscere meglio la realtà e quello che succede intorno a noi; ma un’immagine “statica” ha davvero la capacità di descrivere il mondo?
Sì, penso di sì. La comunicazione umana si è fondata soprattutto sulla parola, ma le immagini, che hanno avuto da sempre un ruolo importante, hanno assunto un rilievo particolare con l’invenzione della fotografia e le innovazioni tecnologiche realizzate dalla sua invenzione ad oggi. Negli ultimi venti anni, in particolare, fotografie e video hanno assunto un posto decisivo nella comunicazione umana. Miliardi di immagini prodotte ogni giorno, specialmente dai telefoni cellulari, sono divulgate dai social network quasi in tempo reale. La forza dell’immagine sta nella sua immediatezza: arriva subito e suscita emozioni. Ne sono la prova quelle terribili dell’attuale conflitto in Ucraina.

Quando hai cominciato a guardare il mondo da un mirino?
Già da bambino, forse senza la consapevolezza di quanto detto sopra; avevo quasi sempre a tutte le feste familiari e nei viaggi la macchina fotografica al collo. Poi da studente di medicina, frequentando le corsie ospedaliere, ricordo che il professore, mio tutor, mi chiedeva di fotografare lesioni cutanee o manifestazioni macroscopiche di eventi morbosi.

Una volta mi dicesti che c’è un nesso tra la valutazione di un paziente e la realizzazione di una foto. Ce lo vuoi spiegare ancora una volta?
Sì, credo che tra l’osservazione che il medico esegue nell’esame globale di un paziente e la scelta dell’inquadratura ci siano degli elementi comuni. Nella valutazione di un paziente si deve essere acuti, si deve insistere su ogni particolare che a prima vista può sembrare insignificante. Quando si sta dietro l’obiettivo si deve studiare l’immagine, il soggetto, scattare secondo le regole della composizione, valutare la luce, poiché si scrive con la luce.

Qual è il genere di foto che ti piace di più?
Negli ultimi anni la passione per la fotografia si è coniugata sempre di più con quella per i viaggi. I miei scatti sono per lo più di paesaggio. Ma vivendo a Roma, la mia splendida città che offre spunti fotografici eccezionali, non ho sempre bisogno di andare troppo lontano. Sono molto interessato anche alla fotografia naturalistica. Ho avuto modo di fare alcuni safari fotografici: vedere animali nel loro habitat naturale, conoscere le loro regole di vita dettate dalla catena di sopravvivenza è stata un’esperienza indimenticabile.

Il digitale offre molte possibilità di post produzione. Pensi sia un vantaggio rispetto al passato che abbiamo conosciuto?
Sì, penso di sì; la mia passione di fotografo non si limita allo scatto, ma tornando a casa mi dedico ad un lavoro di postproduzione, indispensabile nell’era della fotografia digitale. In fondo però lo facevamo anche anni fa, con strumenti molto diversi e ingombranti: ingranditori, bagni, viraggi, filtri per provini.

Che macchine usi?
Ho usato fino a pochi anni fa fotocamere reflex Nikon. Da un paio di anni sono passato a fotocamere mirrorless sia Nikon che Sony: oltre ad un minor peso consentono un settaggio molto facile ed immediato dei parametri di scatto.

Grazie Giuseppe, è stato bello risentirci e riprendere il filo di discorsi che facevamo tanti anni fa.

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