Evaporare è come morire

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Evaporare è come morire

L’ispettore Nishida ci porta alla scoperta di un Giappone fatto di luci ed ombre, dove esiste la comunità degli “evaporati”, persone che abbandonano la propria vita per sfuggire a situazioni di disagio sociale e sofferenza

Takeshi Nishida indaga sulla morte di un uomo facoltoso addentrandosi in territori inesplorati che portano a galla il passato oscuro e misterioso della vittima

Tommaso Scotti, dopo il meritato successo del suo romanzo d’esordio “L’ombrello dell’imperatore”, torna a stupirci con un giallo dalla trama accattivante e di grande interesse culturale per i temi sociali trattati. L’autore vive e lavora in Giappone da diversi anni, motivo per cui riesce nell’impresa non scontata di raccontare luci ed ombre del paese del Sol Levante, luogo del quale si sa troppo poco e quel poco è schiacciato da stereotipi e false verità; Tommaso Scotti ci mostra come in Giappone tradizione e modernità si scontrino e si sovrappongano, nascondendo e svelando al tempo stesso il fascino delle sue contraddizioni e di temi poco noti. Il protagonista, come nel primo romanzo, è l’arguto ispettore di polizia Takeshi Nishida, un mezzosangue nato e cresciuto in Giappone da padre giapponese e madre americana. In questo secondo romanzo della serie, l’autore decide di caratterizzare maggiormente il personaggio di Nishida e di farlo conoscere meglio ai suoi lettori, descrivendone alcune problematiche vissute in gioventù e raccontando il suo rapporto con la famiglia attuale, in particolare con la figlia piccola con cui vorrebbe trascorrere più tempo, ma dalla quale la ex moglie cerca di tenerlo lontano. Nishida, abituato ad utilizzare un pensiero sfaccettato e composito proprio grazie alla sua provenienza nippo-americana, è il personaggio perfetto per incarnare la duplicità di sguardo con cui l’autore osserva le dinamiche giapponesi e le differenze che intercorrono con l’Occidente, in particolare per ciò che concerne i rapporti e la comunicazione interpersonali. Il racconto prende il via dalla scena di un omicidio che si è consumato in una zona residenziale di Tokyo, dove Nishida si reca tempestivamente per non perdere particolari fondamentali alla risoluzione del caso. Takaji Mihara, un uomo d’affari facoltoso ormai in pensione e dal profilo socioculturale elevato, viene trovato morto nel suo appartamento all’interno di un grattacielo, trafitto da un colpo di spada. La ricostruzione e la spiegazione degli eventi dell’omicidio sembrano essere inizialmente semplici, dal momento che ogni indizio riconduce alla stessa persona che avrebbe avuto il movente per agire e anche l’opportunità, ma, mano a mano che il tempo passa e che il nostro ispettore indaga, iniziano ad emergere incongruenze ed elementi che mostrano agli occhi attenti di Nishida come la faccenda sia più complicata di quanto appaia, tanto più che persino le analisi del medico legale riportano alcune stranezze che sembrano contraddire il profilo della vittima. Il presunto colpevole ha dei problemi psichiatrici e, come in un delirio, ripete alla polizia di aver trovato la vittima già morta; Nishida capisce ben presto che, in effetti, la soluzione del caso è complessa e che per risolverla dovrà addentrarsi in una regione buia popolata dagli “evaporati”, coloro che decidono di sparire per crearsi una nuova identità. Chi era davvero Takaji Mihara? L’ispettore si trova di fronte all’assassinio di un uomo che sembra essere senza passato, un uomo che si è fatto da solo e che non convince chi indaga sulla scena del crimine proprio per la sua storia e per la sua ascesa sociale repentina e avulsa da un contesto di provenienza elevato. Tommaso Scotti in questo romanzo sembra utilizzare la trama del giallo come un pretesto per parlare di tematiche e lati oscuri del Giappone contemporaneo poco conosciuti in Occidente e lo fa con uno sguardo lucido sulle stranezze di un mondo fatto anche di sottili crepe che si insinuano in un’aurea di perfezione proverbiale. L’attenzione e le ricerche dell’autore ricadono in particolare sull’inquietante fenomeno dei cosiddetti “evaporati”, poco noto in Italia, ma molto sentito in Giappone e che diviene anche il punto d’avvio della trama. Gli “evaporati”, ottantamila all’anno circa, sono persone che spariscono nel nulla, facendo perdere ogni traccia di sé per rifarsi un’esistenza e decidono di farlo affidandosi a società clandestine che li aiutino a “scomparire” per ricominciare altrove una nuova vita spesso a causa della perdita del lavoro o di situazioni familiari violente e problematiche. Il fenomeno degli evaporati, che raccoglie un gran numero di persone scomparse, si è verificato in Giappone soprattutto dopo lo scoppio della bolla economica alla fine degli anni ’80 e negli anni ’90, periodo in cui i debiti hanno strozzato parte della società; la scelta di evaporare rispecchia un atteggiamento tipico indotto nelle persone da una società che non ammette la vergogna e la sconfitta, e che spesso proprio per le dinamiche lavorative stressanti porta molte persone ad abbandonare la propria condotta di vita. Sarà proprio seguendo la scia fumosa di queste persone che Nishida cercherà di risolvere il mistero del caso di Mihara, scavando all’interno di un Giappone inedito e sconvolgente per le sue ambiguità. L’autore utilizza due registri stilistici con cui alterna la descrizione dell’indagine a scene liriche e toccanti restituendoci una soluzione del caso molto ben strutturata nella sua logica spiazzante, e stilisticamente caratterizzata da maturità e profondità maggiori rispetto al primo episodio che aveva visto Nishida come protagonista. È un romanzo avvincente, con personaggi fatti di ombre e lati oscuri, che ci accompagna nella profondità del noir in una Tokyo non convenzionale.

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