NOAH-AFNET 6

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NOAH-AFNET 6

Edoxaban nei pazienti con eventi atriali ad elevata frequenza (AHRE): nessun vantaggio

Amsterdam 25 agosto 2023: nella giornata di apertura dell’ESC escono i risultati tanto attesi del NOAH AFNET 6, pubblicati sul New England Journal of Medicine. NOAH AFNET 6 è stato uno studio multicentrico randomizzato guidato dall’evento, double blind e double dummy, che ha testato edoxaban contro placebo 1:1 in pazienti con età > 65 anni ed un altro fattore di rischio per stroke, portatori di pace maker, in cui venivano dimostrati AHRE di almeno 6 minuti. Gli AHRE (Figura 1) sono eventi che riscontriamo in quasi 1/5 dei pazienti portatori di dispositivi impiantabili (pace maker bicamerali, bi ventricolari, defibrillatori e loop recorder).

Figura 1 – Rappresentazione degli AHRE e diagnostica FA nelle linee guida ESC 2020 Fonte della foto: European Heart Journal, Volume 42, Issue 5, 1 February 2021, Pages 373 – 498

Si tratta di episodi in cui il tracciato endocavitario del dispositivo rileva una frequenza atriale elevata (*≥ 110 bpm); spesso vengono associati alla fibrillazione atriale (FA) per le caratteristiche del tracciato. Può anche accadere che, sulla scorta di questa somiglianza elettrica presenza di fenomeni prolungati, si prescrivano gli anticoagulanti orali a quei pazienti considerati a rischio di stroke, pur in assenza di una vera e propria diagnosi elettrocardiografica di FA. Chi di noi non si è mai trovato ad esprimere una seconda opinione su un paziente a cui sono stati

rilevati degli AHRE e per il quale era stata già ipotizzata l’indicazione a terapia anticoagulante? e chi non ha effettivamente iniziato un nuovo anticoagulante orale (NAO) in almeno qualcuno di questi pazienti? Il NOAH AFNET 6, con il suo esito negativo, ci dà almeno una direzione su cosa fare e ci riporta all’inizio dell’avventura della FA, sottolineando l’importanza della diagnosi elettrocardiografica e della durata dell’aritmia. Nel trial sono stati studiati 2.536 pazienti (1.270 in edoxaban e 1.266 in placebo; età media: 78 anni). La media della durata degli AHRE registrati è stata di 2.8 ore, con un range che andava da circa 1 ora a 9 ore. Lo scopo dello studio era quello di testare l’efficacia di edoxaban su un endopoint combinato di riduzione di malattia cardiovascolare, ictus ed embolismo sistemico. Lo scopo secondario è stato quello di testarne la sicurezza su morte cardiovascolare e sanguinamenti maggiori. Il risultato dello studio è stato negativo: edoxaban non solo non riduceva l’endopoint combinato (incidenza di eventi: 4% in edoxaban vs 3.2% in placebo; p=0.15) ma, come atteso, esponeva il paziente ad un rischio di morte e sanguinamento maggiore rispetto al placebo (5.9% vs 4.5% per paziente-anno, rispettivamente; p=0.03), ragione per la quale lo studio è stato interrotto in anticipo dopo 21 mesi di follow up. Il rischio di stroke è stato di circa 1% in entrambi i gruppi, nonostante la popolazione fosse ad elevato rischio (CHADS VASC mediano: 4): tale incidenza è risultata molto bassa, considerando altri studi come l’AVERROE e l’ELDERCARE AF, i cui pazienti erano affetti da FA accertata. Anche se negativo, questo studio ci riporta ad usare con cautela i nuovi anticoagulanti orali, che rimangono controindicati nei pazienti in cui non abbiamo una diagnosi elettrocardiografica di FA accertata, a maggior ragione se questi episodi parossistici di AHRE sono brevi. Certo ci sono state delle limitazioni dello studio, dovute alla sua interruzione prematura: non è stato possibile testare, infatti, un ipotetico piccolo beneficio sulla prevenzione dell’ictus da solo. Il risultato sarebbe comunque rimasto debole, senza risolvere il dubbio: meglio una controindicazione decisa piuttosto che una zona di grigio! Altra limitazione che gli autori mettono in luce è la possibilità di estendere la controindicazione anche ad altri NAO. Sappiamo che in corso ci sono anche altri trial tra cui l’ARTESIA, con disegno di studio simile, che testerà apixaban vs placebo negli AHRE. Vedremo prossimamente i risultati… In ultima analisi, la bassa incidenza di stroke in una popolazione considerata ad alto rischio, eguagliata solo in un altro studio quale il LOOP study, giustifica un monitoraggio prolungato ed una diagnosi di FA accurata che non si fermi ai soli AHRE, prima di considerare la terapia con anticoagulanti. Rimane valida e validata l’indicazione delle Linee Guida Europee di riservare l’anticoagulazione orale a quei pazienti che abbiano una durata di AHRE/FA subclinica maggiore di 24 ore e con un elevato rischio di stroke. In tutti gli altri pazienti, in cui ci possa essere un rischio elevato di stroke ed un burden elevato di AHRE è opportuno mantenere gli occhi aperti, magari intensificando il monitoraggio per intercettare la progressione clinica in FA conclamata. Sicuramente ci aiuteranno sempre di più nella pratica clinica i cosiddetti dispositivi wearables, ovvero indossabili, per incrementare la nostra capacità diagnostica ed avvalorare le nostre scelte terapeutiche, sempre nella salvaguardia della salute dei nostri pazienti.
Semper primum non nocere …


1. Kirchhof P, Toennis T, Goette A, Camm AJ, Diener HC, Becher N, Bertaglia E, Blomstrom Lundqvist C, Borlich M, Brandes A, Cabanelas N, Calvert M, Chlouverakis G, Dan GA, de Groot JR, Dichtl W, Kravchuk B, Lubiński A, Marijon E, Merkely B, Mont L, Ozga AK, Rajappan K, Sarkozy A, Scherr D, Sznajder R, Velchev V, Wichterle D, Sehner S, Simantirakis E, Lip GYH, Vardas P, Schotten U, Zapf A; NOAHAFNET 6 Investigators. Anticoagulation with Edoxaban in Patients with Atrial High-Rate Episodes. N Engl J Med. 2023 Aug 25. doi: 10.1056/NEJMoa2303062. Epub ahead of print. PMID: 37622677.

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