Libro pubblicato dalla Accademia roveretana degli Agiati
Se siete appassionati di Storia della Medicina vi consigliamo “Navigare fin dentro al cuore”, di Giuseppe Vergara, che tratta del cateterismo cardiaco e delle procedure correlate. Qual è la premessa da cui muove l’autore? «Che la mente umana tratta una nuova idea allo stesso modo con cui il corpo tratta una proteina estranea: la rigetta». Così Peter Brian Medawar, premio Nobel per la medicina nel 1960 spiega come «Una nuova idea, forse proprio perché brillante ed innovativa, viene ignorata dai contemporanei e riesce ad affermarsi e a dare i propri frutti a decenni di distanza». Paura? Spirito di conservazione? Per Medawar, che definiremmo ai tempi nostri un antesignano dei “divulgatori scientifici” la spiegazione sarebbe da ascrivere provocatoriamente ad un meccanismo di difesa biologico contro il quale si scontrano le idee innovative in campo medico. Secondo questo assioma l’essere troppo in anticipo per le conoscenze, le esigenze cliniche e le possibilità tecnologiche del tempo le avvolge quasi di una carica antigenica che provoca nella comunità medicoscientifica una reazione anticorpale volta ad isolarle e ad eliminarle dalla scena, salvo poi risorgere, con tutta la loro carica innovativa, a decenni di distanza. È il caso del cateterismo cardiaco nell’uomo, che effettuato in modo “avventuroso” nel 1929, riceverà la consacrazione a procedura cardine nella diagnosi e nella cura delle cardiopatie solo ventisette anni dopo, con l’assegnazione del premio Nobel, nel 1956, ad André Counrand, Dickinson Richards e Werner Forssmann per le loro “scoperte riguardanti il cateterismo cardiaco ed i mutamenti patologici del sistema circolatorio”. La nostra storia è divisa in tre parti: quella dei precursori, dal 1733 al 1929. La seconda parte, incentrata sulla vicenda professionale ed umana di Werner Forssman riguarderà lo sviluppo graduale ad opera soprattutto dei cardiologi americani, delle idee che Forssmann, travolto dalle vicende della vita, non aveva potuto realizzare e va dal 1929, data del primo cateterismo cardiaco nell’uomo ad opera dello stesso Forssmann (su se stesso!), alla consacrazione con il Premio Nobel nel 1956 del cateterismo cardiaco come procedura fondamentale in cardiologia. Ci soffermeremo prevalentemente sulla vicenda umana di Forssmann. L’idea di giungere con una sonda dentro al cuore cominciò ad albergare presto, forse fin da quando era studente di medicina, nella testa di Forssmann. Il dottor Schneider, Direttore dell’Ospedale e Primario di Chirurgia, pur intimamente apprezzando il progetto, fu irremovibile nel vietare la procedura su un malato. E quando Forssmann gli dichiarò la intenzione di provare la procedura su sé stesso, egli, amico di famiglia e “nobile” responsabile del giovane medico il cui padre era morto durante la prima guerra mondiale, rimase sempre irremovibile, ma con una nota dal grande significato umano: «Cosa potrei dire a tua madre se ti trovassimo morto nella stanza dei raggi X?»
Tuttavia per non deludere il giovane, il cui progetto condivideva in toto, tranne che per la sede di svolgimento, gli consigliò di sperimentare la procedura sugli animali per documentarne la fattibilità e la sicurezza. Ma Forssmann era già avanti: non c’era nulla da provare o da aggiungere con altri esperimenti su animali dopo quelli noti e consacrati alla storia fatti dai fisiologi francesi Chauveau, Marey e Bernard nella seconda metà dell’Ottocento che oltre alla fattibilità del cateterismo cardiaco ne avevano plasticamente immortalato la innocuità con la famosa fotografia che ritrae il cavallo tranquillo in piedi e con il catetere dentro il cuore. Certamente nell’uomo la via di accesso “più facile” era una vena del braccio piuttosto che la vena giugulare (come negli esperimenti sul cavallo dei fisiologi francesi) e, convinto che un catetere inserito in una vena antecubitale del braccio «avrebbe inevitabilmente trovato la strada verso il cuore» (con questa motivazione aveva cercato di “convincere” Schneider) e che i tempi fossero maturi per dimostrare la fattibilità del cateterismo cardiaco nell’uomo, Forssmann decise, disobbedendo al suo Primario, di sperimentare la procedura su sé stesso. Con l’aiuto di un collega, il Dott. Peter Romeis, incise la sua vena ante-cubitale sinistra e vi inserì il catetere per una lunghezza di circa 35 cm. A questo punto, il Dottor Romeis, preso dal panico e ritenedo pericoloso il prosieguo della procedura, sfilò via il catetere dalla vena nonostante le proteste di Forssmann. Bisognava trovare un nuovo alleato. E la scelta di Forssmann cadde sulla infermiera ferrista della sala operatoria, Miss Gerda Ditzen, una quarantacinquenne con una grande passione per la medicina. Egli racconta i particolari nelle sue memorie «Cominciai ad aggirarmi intorno alla infermiera Gerda Ditzen (infermiera ferrista della sala operatoria, N.d.A.) come un gatto goloso intorno a un brocca di panna […] gironzolavo nella sala mensa sperando di incontrarla quando lei lasciava la sala. Noi ci prestavamo vicendevolmente dei libri e quindi era facile trovare motivo per fare quattro chiacchere […] Quando, dopo circa due settimane dalla mia conversazione con Schneider, lei mi disse sospirando “che peccato non poter fare l’esperimento insieme”, decisi che era giunto il momento». Il giorno successivo Forssmann passò all’azione e la convinse a collaborare lasciandole intendere che sarebbe stata lei il primo essere umano ad essere sottoposto a cateterismo cardiaco. Era questa la condizione posta da Miss Gerda, affascinata dall’idea di entrare nella storia della medicina. Ma mai Forssmann ha pensato di sottoporre a cateterismo cardiaco la infermiera, ma su sé stesso. «Quando l’anestesia cominciò a farmi effetto, praticai una piccola incisione sulla mia pelle, inserii un ago di Dechamp per aneurismi sotto la vena, praticai una incisione su di essa e introdussi il catetere per circa un piede (30 cm circa, N.d.A.). Lo fissai con garza e vi stesi su un telino sterile. Quindi liberai la mano destra della infermiera Gerda ed allentai le cinghie intorno alle sue ginocchia. (Le dissi allora, N.d.A.): “Ecco, ci siamo, ora è tutto pronto, per favore chiama la infermiera della radiologia”. Solo allora lei capì cosa era successo. Lei iniziò ad urlare contro di me per averla ingannata. La sala di radiologia non era lontana, ma dovevo scendere nel seminterrato. L’infermiera Eva ci stava aspettando. Seguendo le mie istruzioni lei mi mise davanti allo schermo fluoroscopio […] (poi Forssmann spinse il catetere per fin dentro il cuore, e ordinò di fare la radiografia poi divenuta storica. Le notizie si diffondono come un incendio nell’ospedale. All’improvviso irruppe (nella sala di radiologia, N.d.A.). Romeis (allertato dal tecnico di radiologia, N.d.A.) mezzo addormentato e con i capelli arruffati. (Esclamò, N.d.A.): “Idiota, che diavolo stai facendo?”. Era così disperato che quasi tentò di tirar fuori il catetere dal mio braccio. Io ho dovuto dargli alcuni calci nello stinco per calmarlo». La terza parte della nostra “saga” ha visto passare il cuore da organo “intoccabile” a sistema idraulico completo con pompa, tubi e sistema elettrico, congeniale per essere esplorato e riparato, in caso di disfunzione, con un catetere o con presidi portati in loco per mezzo di un catetere (tanto da far dire, a qualche cardiologo visionario, che l’uomo è un insieme di tubi da visionare, dilatare o da percorrere per portare dentro al cuore presidi di tipo meccanico o elettrico per aiutarlo). Va dagli anni cinquanta alla fine del secolo scorso e riguarda la storia delle principali procedure basate sul cateterismo cardiaco (coronarografia, angioplastica, studio elettrofisiologico, ablazione transcatetere, impianto di pace makers e defibrillatori). Non siete curiosi di addentrarvi in “Navigare fin dentro al cuore”?