L’impatto del conflitto in Ucraina sulla produzione agricola, sulle nostre abitudini alimentari e sulla nostra salute

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L’impatto del conflitto in Ucraina sulla produzione agricola, sulle nostre abitudini alimentari e sulla nostra salute

Servono azioni strategiche immediate sull’agricoltura e per il benessere delle persone

Il tema alimentare tra fibrillazioni geopolitiche e cambiamenti climatici

L’impatto del conflitto in Ucraina sulla produzione agricola, sulle nostre abitudini alimentari e sulla nostra salute
Il conflitto in Ucraina rischia non solo di sovvertire gli equilibri geopolitici, ma anche di incidere su quelli agroalimentari, fino ad oggi basati sul presupposto di una convivenza pacifica e di uno scambio dei prodotti tendenzialmente fluido tra l’Italia e altri Paesi europei ed extraeuropei. È utile, dunque, chiedersi in questa sede se e in quale misura il conflitto possa incidere a valle sulle nostre abitudini alimentari e sulla nostra salute. In Italia e in Europa, perlomeno negli ultimi anni, il tema dell’autosufficienza agroalimentare non ha costituito una questione prioritaria. Il libero scambio di mercato ha, infatti, garantito ordinariamente i flussi necessari a soddisfare il nostro fabbisogno e ha consentito di organizzare in modo tendenzialmente libero le nostre scelte produttive. In questo assetto, l’Italia importa oggi una quota importante di materie prime in ambito agricolo. Ciò sia per soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione sia per le esigenze produttive dell’industria della trasformazione. Questa situazione non incide di per sé sulla qualità dei prodotti e sullo stato di salute delle persone, essendo istituzionalmente organizzati – in particolare attraverso un accurato sistema di controlli – per assicurare il rispetto dei più elevati standard di qualità e salubrità. L’equilibrio descritto già da qualche tempo ha registrato fibrillazioni, dovute a una molteplicità di fattori inediti. Da un lato, l’impeto dei cambiamenti climatici inizia a incidere sulla stabilità delle fonti di approvvigionamento tradizionali. Dall’altro lato la Cina, con il suo imponente fabbisogno di consumi e l’ampliamento delle sue possibilità economiche, sta conducendo da tempo un’azione globale di accaparramento di materie prime. L’esito di questo processo è stato fino ad oggi l’innalzamento dei prezzi dei prodotti, che inizia ad assumere soglie rilevanti e con riflessi percettibili sui costi aziendali e in un’ultima analisi sui consumatori. A ciò si devono aggiungere i costi produttivi più generali (e, in particolare, i costi energetici), anch’essi in forte rialzo. In una situazione con le richiamate problematiche generali di contesto si innestano le contingenze legate al conflitto in Ucraina. L’Ucraina e la Russia hanno un ruolo rilevante nel settore. Producono, in particolare, il 30% della fornitura mondiale di grano, il 20% della fornitura mondiale di mais e il 75-80% dell’olio di semi di girasole. Si tratta di prodotti che hanno un forte impatto sull’alimentazione delle persone. Il grano tenero, infatti, viene utilizzato per il pane, mentre l’olio di girasole per esigenze generali dell’industria agroalimentare. Il mais, invece, costituisce una delle più importanti componenti del mangime per gli animali. Venendo alla dimensione nazionale, dipendiamo dai Paesi in conflitto in misura marginale con riferimento al grano tenero (importiamo dall’Ucraina una quota inferiore al 5% dell’importato e dalla Russia solo l’1%), mentre molto più significativa è la dipendenza, soprattutto dall’Ucraina, rispetto al mais (l’Ucraina è, infatti, il nostro secondo fornitore dopo l’Ungheria, con una quota del 15-20%) e rispetto all’olio di girasole (l’Ucraina è il nostro primo fornitore con una quota pari al 50%). A questo quadro devono aggiungersi alcuni elementi indiretti. In primo luogo, il conflitto, materializzandosi su una delle aree geografiche di snodo logistico mondiale (Mar Nero e Mar d’Azov) potrebbe alterare anche flussi più generali di altri prodotti e da altre provenienze. In secondo luogo, la situazione italiana potrebbe risentire della ricollocazione commerciale alla quale altri Paesi, più dipendenti da Ucraina e Russia, saranno obbligati. A fronte di questo quadro le soluzioni sono principalmente di due tipi: diversificare le fonti di approvvigionamento e aumentare la produzione agricola. La diversificazione delle fonti di approvvigionamento sconta due profili da attenzionare. Da un lato, i costi di trasporto per l’importazione da Paesi extraeuropei (es. USA, Canada, Argentina, ecc.). Dall’altro, le caratteristiche qualitative del prodotto. A quest’ultimo riguardo, in particolare, alcuni prodotti potrebbero presentare caratteristiche incompatibili con i severi standard della legislazione europea e italiana, proprio con riferimento ad aspetti rilevanti sotto il profilo della salute (es. limiti minimi dei residui di prodotti fitosanitari). Con riferimento all’aumento della produzione, è ben possibile aumentare la superficie coltivabile, atteso che normalmente una sua parte è tenuta a riposo. Tuttavia, per dar seguito effettivamente all’aumento della produzione è necessario avere i fertilizzanti, dei quali però le stesse Russia e Ucraina sono tra i principali esportatori mondiali (la Russia in particolare produce il 13% del totale a livello mondiale). Si potrebbero ipotizzare soluzioni alternative, delle quali però deve essere valutando l’impatto anche sotto il profilo ecologico e dalla salute. A tal riguardo, ad esempio, il recente d.l. n. 21/2022 (cd. d.l. Ucraina) consente l’utilizzo del cd. digestato (ottenuto dal trattamento di sostanze organiche). In definitiva, la crisi Ucraina va ad aggravare un contesto generale già caratterizzato da un aumento significativo dei costi e da una problematica di scarsità delle risorse. A livello globale questa evoluzione avrà certamente effetti problematici con riguardo ai Paesi più poveri, aggravando le forti criticità preesistenti. Con riferimento all’Italia, il conflitto in Ucraina richiederà un’azione immediata e strategica dello Stato per neutralizzarne gli effetti già a partire dal breve periodo. In particolare, da un lato, occorre assicurare livelli di controllo adeguato affinché le deroghe concesse per risolvere la situazione contingente (diverse importazioni, fertilizzazioni alternative, ecc.) non siano dannose per la salute e l’ambiente. Nel lungo periodo, inoltre, le fibrillazioni geopolitiche richiedono una maggiore attenzione su profili fino ad oggi affrontati in modo non adeguato, proprio come quello della sufficienza e della sicurezza alimentare, che però va affrontato a livello europeo. Alle incertezze geopolitiche si aggiunge l’acuirsi delle problematiche ecologico-ambientali ormai di scala globale e con effetti generalizzati. Il riferimento è in, particolare, alle anomalie meteorologiche e alle carenze idriche. Indugiare su questi temi, ormai divenuti strategici, sarebbe un errore, con conseguenze rilevantissime anche per il nostro Paese.


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