Inquinamento atmosferico e cardiopatia ischemica

HomeAmbiente e Cuore

Inquinamento atmosferico e cardiopatia ischemica

Inquinamento atmosferico: un altro fattore di rischio cardiovascolare

Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla fisiopatologia, incidenza e mortalità della cardiopatia ischemica

Introduzione
L’inquinamento atmosferico può avere numerosi effetti deleteri sulla salute dell’uomo ed è una questione di rilevanza globale. Lo studio Global Burden of Disease ha descritto l’impatto mondiale dell’aria inquinata: ben 3,1 milioni su 52,8 milioni di morti per tutte le cause sarebbero attribuibili all’inquinamento ambientale nel corso dell’anno 2010. L’inquinamento dell’aria ambiente si è classificato al nono posto tra i fattori di rischio modificabili, ancor prima di altri fattori comunemente riconosciuti come scarsa attività fisica, dieta ricca di sodio, colesterolo alto e uso di farmaci. Infine, l’inquinamento atmosferico è responsabile del 3,1% degli anni di vita globali corretti per la disabilità, un indice che misura il tempo trascorso in condizione di salute ridotta.(1) Inoltre, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’inquinamento atmosferico è quasi onnipresente e si stima che oltre il 90% della popolazione mondiale viva in aree con livelli medi annuali di inquinanti atmosferici superiori ai limiti imposti dalle linee guida OMS. Anche se è ben noto e intuitivo che l’inquinamento atmosferico sia un fattore importante per lo sviluppo e l’esacerbazione di malattie respiratorie, come asma, malattia polmonare ostruttiva cronica e cancro ai polmoni, generalmente vi è una minore consapevolezza del suo impatto sostanziale sull’incidenza di malattia cardiovascolari.

Inquinamento atmosferico: breve definizione
L’inquinamento atmosferico è costituito da una miscela complessa di componenti di tipo gassoso o particolato. Dal punto di vista dell’impatto sulla salute, le componenti più significative di questa miscela sono il particolato atmosferico (PM) e gli inquinanti gassosi ozono (O3), biossido di azoto (NO2), sostanze volatili composti organici (compreso il benzene [C6H6]), monossido di carbonio (CO) e zolfo biossido di azoto (SO2). A sua volta il particolato è suddiviso in base al diametro aerodinamico:

  • PM10 ha un diametro aerodinamico inferiore a 10 μm, è in grado di penetrare nel tratto superiore dell’apparato respiratorio;
  • PM2.5 ha un diametro aerodinamico inferiore a 2.5 μm, è in grado di raggiungere i polmoni ed i bronchi secondari. Per dimensioni ancora inferiori si parla di particolato ultrafine (UFP o UP o PUF); tale frazione è in grado di penetrare profondamente nei polmoni fino agli alveoli: • PM1, con particelle aventi un diametro inferiore a 1 μm;
  • PM0,1, con particelle aventi un diametro inferiore a 0,1 μm; nanopolveri (o PM0,001), con particelle aventi un diametro dell’ordine di grandezza dei nanometri.(2)

Qualche dato epidemiologico
Le evidenze disponibili sugli effetti dell’inquinamento atmosferico sulle malattie cardiovascolari sono aumentate notevolmente negli anni e numerosi studi hanno dimostrato che diversi inquinanti atmosferici sono associati ad un significativo incremento di mortalità e riduzione dell’aspettativa di vita(1-3-4). In particolare negli ultimi anni diversi studi epidemiologici e studi clinici hanno contribuito a comprendere meglio l’associazione tra inquinamento atmosferico e cardiopatia ischemica. Ad esempio, lo studio ESCAPE (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects) ha osservato un incremento del rischio di eventi coronarici del 12% (1%-25%) per 10 mg/m3 di PM10 e un aumento del 13% (22% – 30%) per incremento di 5 mg/ m3 di PM2,5 in più in 100.000 partecipanti da 11 coorti in tutta Europa, osservando effetti dannosi anche per concentrazioni al di sotto dei limiti annuali raccomandati in Europa per questi 2 inquinanti(5). Negli Stati Uniti, un’analisi che ha coinvolto oltre 65.000 donne in post-menopausa nell’ambito del Women’s Health Initiative Study ha mostrato un aumento dell’incidenza del 21% (IC 95% 4–42%) di malattia coronarica combinata fatale e non fatale per aumento di 10 mg/m3 nel PM2,5(6). Un’analisi condotta su oltre 300.000 pazienti ospedalizzati per cardiopatia ischemica in 7 grandi città della Corea del Sud ha dimostrato che la mortalità per tutte le cause e per malattie cardiovascolari in seguito a ricovero ospedaliero per cardiopatia ischemica era più elevata tra gli individui con maggiore esposizione a PM2,5(7). Un importante studio epidemiologico ha analizzato i tassi di mortalità per cardiopatia ischemica attribuibili all’esposizione a PM2,5 nella provincia di Jiangsu, in Cina, dal 1990 al 2019, e la loro correlazione con età, periodo, e coorte di nascita. Si è osservato che negli anni l’esposizione ambientale a PM 2,5 è stata progressivamente maggiore e si è associata ad un significativo incremento della mortalità per cardiopatia ischemica(8).

Fisiopatologia
I meccanismi con i quali l’inquinamento atmosferico può causare e favorire la progressione della malattia coronarica fino alla sindrome coronarica acuta sono numerosi:

  • Stress ossidativo;
  • Infiammazione;
  • Disfunzione autonomica e neuroendocrina;
  • Alterazioni metaboliche;
  • Riprogrammazione epigenetica.

Tutti questi meccanismi possono favorire la disfunzione endoteliale e uno stato protrombotico e di conseguenza una maggiore vulnerabilità della placca per la presenza di infiltrati infiammatori, cappuccio fibroso sottile e maggior carico lipidico(9). Inoltre, un fattore determinante dell’effetto dannoso del PM2.5 sul sistema cardiovascolare è costituito dal tempo di esposizione. Un’esposizione breve e intensa si associa ad un aumentato rischio di sindrome coronarica acuta (SCA) perché la reazione immediata all’esposizione al PM2,5 innesca meccanismi iniziatori e promotori di eventi aterotrombotici (attivazione simpatico-surrenale, rilascio di biomarcatori infiammatori, disfunzione endoteliale, rilascio di fattori procoagulanti con attivazione piastrinica)(10-11). Tuttavia gli esatti meccanismi patogenetici che legano l’inquinamento atmosferico e gli eventi coronarici acuti non è stato ancora chiarito e mancano studi in vivo delle caratteristiche della placca coronarica in pazienti con SCA esposti ad alti livelli di inquinanti atmosferici(1). In quest’ottica e quindi al fine di meglio definire il legame tra inquinamento atmosferico e placca coronarica, recenti studi hanno studiato l’albero coronarico e le caratteristiche delle placche mediante Tomografia Assiale Computerizzata (TAC). Uno studio ha arruolato 364 residenti a Seoul in Korea del Sud, sottoposti a TAC coronarica con un intervallo di ≥ 2 anni. È stata calcolata la concentrazione media di PM2,5 a cui ciascun partecipante è stato esposto tra le due valutazione TAC. L’endpoint primario era lo sviluppo di placca ad alto rischio, definita come placca con bassa attenuazione, presenza di piccole calcificazioni e rimodellamento positivo. Si è osservato che l’esposizione a concentrazioni più elevate di PM2.5 nell’aria ambiente è significativamente associata allo sviluppo di placche coronariche ad alto rischio(11). Ancora più recente è uno studio che ha impiegato la Tomografia a Coerenza Ottica (OCT). Un metodica di imaging intracoronarico introdotta nella pratica clinica negli ultimi decenni, la cui elevata risoluzione spaziale consente una valutazione affidabile in vivo dei meccanismi fisiopatologici in corso di SCA e di identificare la presenza di caratteristiche di vulnerabilità della placca come un cappuccio fibroso sottile, la presenza di neovasi e di infiltrati di macrofagi(12-13). Sono stati arruolati 126 pazienti con una diagnosi di SCA sia con sopraslivellamento ST (STEMI) che senza sopraslivellamento tratto ST (NSTEMI) e angina instabile sottoposti a imaging OCT del vaso culprit. Gli autori hanno analizzato l’esposizione dei pazienti agli inquinamenti atmosferici nei 2 anni precedenti la SCA. Sono stati raccolti i dati relativi a indirizzo di residenza dei pazienti arruolati e sono stati misurati i livelli medi annuali degli inquinanti in aree corrispondenti all’indirizzo di casa di ciascun paziente attraverso gli archivi dei fascicoli ospedalieri e il rapporto annuale pubblicato dall’Agenzia Europea dell’ambiente. Sono stati ottenuti i dati dalle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria più vicine agli indirizzi di residenza di ciascun partecipante e l’inquinamento atmosferico è stato quantificato come annuale livello medio di misurazioni degli inquinanti nelle 24 ore nei 2 anni precedenti la SCA. I dati riguardanti gli inquinanti sono stati raccolti dalle tabelle dell’Air Quality Annual Statistics pubblicate sul sito della European Environment Agency (EEA) European Environmental Agency(14). Gli autori hanno dimostrato che i pazienti con SCA esposti a livelli più elevati di inquinanti atmosferici, in particolare PM2.5, presentavano caratteristiche di vulnerabilità di placca. In particolare, è stato osservato che i pazienti con rottura della placca come meccanismo di instabilità coronarica avevano un’esposizione maggiore al PM2,5. Inoltre il PM2,5 era associato indipendentemente alla rottura di placca della lesione culprit oltre che alla presenza di un cappuccio fibroso sottile e di infiltrati di macrofagi(15).

Conclusioni
Esistono, ormai, numerose evidenze relative all’inquinamento atmosferico come fattore che contribuisce in maniera significativa al rischio di cardiopatia ischemica e alla mortalità ad essa correlata. Sebbene molti meccanismi fisiopatologici alla base di questa associazione siano noti, sono necessari studi clinici che dimostrino l’efficacia di interventi specifici di lotta all’inquinamento atmosferico. Certamente, sono e saranno sempre più indispensabili e urgenti interventi sociali e governativi volti a diminuire l’emissione di inquinanti atmosferici e di gas serra al fine di ridurre l’impatto negativo sul rischio di malattie cardiovascolari e la mortalità globale.


Bibliografia

  1. Newby DE, Mannuci PM, Tell GS, Baccarelli AA et al. Expert position paper on air pollution and cardiovascular disease. European Heart Journal (2015) 36, 83-93.
  2. Istituto Superiore di Sanità – ISSalute, “PM 10 – Particolato atmosferico o polveri sottili”.
  3. Newman JD, Bhatt DL, Rajagopalan S, et al. Cardiopulmonary impact of particulate air pollution in high-risk populations: JACC State-of-the-Art Review. J Am Coll Cardiol. 2020;76:2878-2894.
  4. Lelieveld J, Pozzer A, Pöschl U, Fnais M, Haines A, Münzel T. Loss of life expectancy from air pollution compared to other risk factors: a worldwide perspective. Cardiovasc Res. 2020;.116:1910-1917.
  5. Stafoggia M, Cesaroni G, Peters A, et al. Longterm exposure to ambient air pollution and incidence of cerebrovascular events results from eleven European cohorts within the ESCAPE Project. Environ Health Perspect. 2014;122:919-925.
  6. Miller KA, Siscovick DS, Sheppard L, Shepherd K, Sullivan JH, Anderson GL, Kaufman JD. Long term exposure to air pollution and incidence of cardiovascular events in women. N Engl J med 2007; 356:447-458.
  7. Oh J, Choi S, Han C, Lee DW, Ha E et al. Association of long-term exposure to PM2.5 and survival following ischemic heart disease. Environ Res. 2023 Jan 1;216(Pt 1): 114440.
  8. Wang W, Zhou N, Yu H, Yang H, Zhou J, Hong X Time Trends in Ischemic Heart Disease Mortality Attributable to PM2.5 Exposure in Southeastern China from 1990 to 2019: An Age-Period- Cohort Analysis. Int J Environ Res Public Health. 2023 Jan 5;20(2):973.
  9. Montone RA, Rinaldi R, Bonanni A et al. Impact of air pollution on ischemic heart disease: Evidence, mechanisms, clinical perspectives. Atherosclerosis 366 (2023)22-31
  10. C.A. Pope, J.B. Muhlestein, J.L. Anderson, et al., Short-term exposure to fine particulate matter air pollution is preferentially associated with the risk of ST-segment elevation acute coronary events, J. Am. Heart Assoc. 4(12)(2015 Dec 1), e002506.
  11. Yang S, Lee S-P, Park J-B, et al. PM2.5 concentratio in the ambient air is a risk factor for the development of high-risk coronary plaques. Eur Heart J Cardiovasc Imaging. 2019;20:1355-1364.
  12. Crea F, Libby P. Acute coronary syndromes: the way forward from mechanisms to precision treatment. Circulation. 2017;136:1155-1166.
  13. Niccoli G, Liuzzo G, Montone RA, Crea F. Advances in mechanisms, imaging and management of the unstable plaque. Atherosclerosis. 2014;233:467-477
  14. Air Pollution Intro, EU Policies, EEA Activities. Copenhagen, DK. Accessed September 19, 2021. eea.europa.eu/themes/air
  15. Montone RA, Camilli A, Russo M, Termite C et al. Air Pollution and Coronary Plaque Vulnerability and Instability An Optical Coherence Tomography Study. JACC: Cardiovascular Imaging

Autore