Inibizione della xantina ossidasi e prevenzione cardiovascolare

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Inibizione della xantina ossidasi e prevenzione cardiovascolare

La xantina ossidasi, enzima chiave della via metabolica che porta alla formazione di acido urico, sembra rappresentare un determinante fisiopatologico centrale nella patologia cardio e nefro vascolare nei pazienti iperuricemici La sua attività può essere aumentata in modo imponente in seguito a stimoli ischemici/ipossici o infiammatori cronici come nella flogosi vascolare aterogenica

L’inibizione della xantina ossidasi può rappresentare un’importante obiettivo terapeutico per la riduzione dell’insidioso “rischio cardiovascolare residuo”

Nell’obiettivo della riduzione dell’incidenza della malattia cardiovascolare una crescente attenzione è rivolta al rischio cardiovascolare residuo determinante un’aumentata probabilità di patologia e complicanze cardiovascolari anche dopo un efficace controllo dei tradizionali fattori di rischio. È noto dalla letteratura come l’iperuricemia con o senza depositi di urato giochi un ruolo importante nel continuum della patologia vascolare cardio-cerebro-renale con un comportamento simile a quello degli altri classici fattori di rischio. La presenza concomitante dell’iperuricemia e dell’ipertensione arteriosa e del diabete mellito genera circuiti di forte amplificazione del rischio cardiovascolare globale1. La xantina ossido reduttasi, isolato nel latte per la prima volta oltre cento anni fa, è costituito da due forme tra loro interconvertibili: la xantina ossidasi che è capace di ridurre solo l’ossigeno e la xantina deidrogenasi che è capace di ridurre sia l’ossigeno che il NAD+. Entrambe le forme catalizzano la conversione dell’ipoxantina a xantina e della xantina ad acido urico costituendo le ultime due reazioni finali della degradazione delle purine2. La xantina ossido reduttasi trascritta da un singolo prodotto genico può subire modificazioni posttraslazionali ad esempio in corso in infiammazione con trasformazione in xantina ossidasi. Inoltre la xantina ossidoreduttasi mostra essa stessa una discreta attività ossidasica in presenza di una ridotta disponibilità di NAD+, ad esempio in condizioni di ischemiaipossemia come nella flogosi vascolare aterogenica3. In queste condizioni inoltre si è osservato un aumento dell’espressione della xantina ossidasi con potenziamento degli effetti lesioni sulla funzione endoteliale. L’aumentata attività enzimatica della xantina ossidoreduttasi determina disfunzione endoteliale tramite le specie reattive dell’ossigeno con un duplice meccanismo: potenziamento degli effetti dello stress ossidativo e degradazione dell’ossido nitrico con effetto vasocostrittore e aterogeno vascolare4. Il trattamento con inibitori della xantina ossidasi ha mostrato infatti un miglioramento della funzione vascolare in diversi contesti clinici come il diabete mellito e l’insufficienza cardiaca5. Una meta-analisi ha evidenziato un effetto favorevole del trattamento con gli inibitori della xantina ossidasi su numerosi parametri cardiovascolari come la funzione endoteliale valutata come capacità di vasodilatazione, miglioramento dello stress ossidativo e, a livello strettamente cardiaco, un significativo miglioramento della FE, dell’indice cardiaco, del volume telesistolico e della funzionalità miocardica6. Le evidenze scientifiche su outcome clinici hanno evidenziato risultati a volte discordanti, frutto anche della grande disomogeneità dei studi e della popolazioni analizzate. Lo studio Oxypurinol Therapy for Congestive Heart Failure (OPT-CHF) ha valutato 405 pazienti con scompenso cardiaco moderatosevero a ridotta frazione di eiezione (classe NYHA III/IV) evidenziando un miglioramento clinico in corso di trattamento con ossipurinolo (matabolita attivo di allopurinolo) nei paziente con iperuricemia7 invece lo studio Xanthine Oxidase Inhibition for Hyperuricemic Heart Failure Patients (EXACT-HF) che ha arruolato 253 pazienti iperuricemici (uricemia >9.5 mg/dl), con scompenso cardiaco sintomatico a ridotta frazione di eiezione, randomizzati al trattamento con allopurinolo 600 mg/die o placebo per 24 settimane, non ha dimostrato differenze significative nei due bracci di trattamento relativamente all’outcome primario (sopravvivenza, peggioramento dello scompenso cardiaco e stato funzionale globale8. Il trial Febuxostat for Cerebral and Cardiorenovascular Events Prevention Study (FREED) ha prodotto nuove evidenze a supporto di una possibile protezione cardiovascolare derivante dall’inibizione della xantina ossidasi9. Lo studio multicentrico, prospettico e randomizzato in aperto con analisi in cieco degli endpoint ha valutato più di mille paziente ultrasessantacinquenni con alti valori di acido urico (uricemia >7.0 e ≤9.0 mg/dl) ad alto rischio di eventi cerebrali, cardiaci e renali assegnati a due regimi di trattamento febuxostat o non febuxostat per un periodi di 36 mesi. L’outcome primario (composito di eventi cerebrali fatali e non fatali, eventi cardiovascolari e renali, e mortalità per cause vascolari non cerebrali o cardio-renali) è risultato significativamente più basso nel braccio febuxostat (HR 0.750, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.592 e 0.950, p=0.017), riduzione principalmente trainata dalla riduzione degli eventi renali (16.2% nel braccio febuxostat vs 20.5% nel braccio non febuxostat, HR 0.745, intervallo di confidenza al 95% compreso tra 0.562-0.987, p=0.041). L’occorrenza di eventi cardio-cerebrovascolari maggiori, come pure la mortalità, sono risultate simili nei due gruppi di trattamento, dato peraltro in linea nello studio Febuxostat Versus Placebo Randomized Controlled Trial Regarding Reduced Renal Function in Patients With Hyperuricemia Complicated by Chronic Kidney Disease Stage 3 (FEATHER)10. Crescenti evidenze scientifiche osservano come il blocco della xantina ossidasi possa configurarsi come uno step importante per la riduzione del rischio cardiovascolare residuo in alcuni pazienti ad alto rischio. L’iperattività enzimatica della xantina ossidasi, in seguito a stimoli ischemici o infiammatori cronici, che a sua volta causa disfunzione endoteliale, ne rappresenta il substrato patologico. Maggiori evidenze sono necessarie per comprendere a quali categoria di pazienti tale trattamento risulti maggiormente protettivo.


Immagine di copertina: Modello tridimensionale dell’enzima xantina ossidasi


Bibliografia

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