I pazienti con amiloidosi cardiaca necessitano spesso di terapie antiscompenso, il cui utilizzo è molto dibattuto
Due studi retrospettivi chiariscono qualche dubbio al riguardo
In aggiunta alle terapie “disease modifying” i pazienti con amiloidosi cardiaca spesso necessitano di terapie convenzionali antiscompenso la cui tollerabilità, sicurezza e vantaggio in termini di sintomi e di sopravvivenza non è ancora chiaro
La letteratura sull’amiloidosi cardiaca è fervida e sempre nuovi studi si affacciano all’orizzonte, per chiarire diversi aspetti eziopatogenetici, clinici e terapeutici di questa malattia. Nasce per questo la rubrica “Amynews”, che si occuperà di aggiornamento scientifico in tema di amilodosi cardiaca. In questo primo capitolo affrontiamo le novità in termini di efficacia e tollerabilità delle terapie antiscompenso convenzionali, riportando due studi retrospettivi con importanti risultati.
L’amiloidosi cardiaca da transtiretina (ATTR-CA), una patologia infiltrativa dovuta all’accumulo extracellulare di fibrille insolubili costituite prevalentemente da transtiretina, determina un progressivo scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (HFpEF) o moderatamente ridotta (HFmEF). Il Tafamidis, l’unica terapia “disease modifying” attualmente disponibile per la amiloidosi TTR wild type e per le forme eredo-familiari con isolato coinvolgimento cardiaco, riesce a rallentare e a stabilizzare la malattia, ma necessita spesso di essere associata a terapie standard per lo scompenso cardiaco al fine di controllare la sintomatologia dei pazienti. La terapia con diuretici, sia dell’ansa che tiazidici, rappresenta sicuramente un importante caposaldo del trattamento antiscompenso in questa categoria di pazienti, tanto da essere raccomandata da tutti i “position statement” internazionali. Il ruolo delle altre terapie di supporto invece è molto dibattuto sia perché molti farmaci sono poco tollerati da questi pazienti sia perché la maggior parte dei trials hanno escluso pazienti con amiloidosi. Recentemente, tuttavia, sono stati pubblicati due importanti studi sull’utilizzo dei farmaci antiscompenso nei pazienti con amiloidosi da transitiretina che hanno chiarito alcuni dubbi e aperto nuove possibilità terapeutiche. Entrambi gli studi retrospettivi multicentrici sono capitanati dal gruppo del National Amyloidosis Centre di Londra.
Terapia convenzionale antiscompenso nei pazienti con amiloidosi cardiaca da transtiretina
Il primo studio (European Heart Journal (2023) 44, 2893–2907) si pone come obiettivo di valutare i modelli di prescrizione, i dosaggi, i tassi di interruzione e l’associazione con la prognosi di farmaci convenzionali per l’insufficienza cardiaca quali beta-bloccanti, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEis)/bloccanti del recettore dell’angiotensina II (ARB) e antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi (MRA). L’analisi retrospettiva è stata eseguita su 2.371 pazienti consecutivi con diagnosi di ATTR-CA tra il 2000 e il 2022. La prescrizione di farmaci per l’insufficienza cardiaca era maggiore tra i pazienti con un fenotipo cardiaco più grave, comprendente beta-bloccanti nel 55,4%, inibitori dell’enzima di ACEis/ARB nel 57,4% dei casi, MRA nel 39,0% dei casi. Durante un follow-up mediano di 27,8 mesi, il 21,7% aveva sospeso i beta-bloccanti e il 32,9% aveva interrotto ACEi/ARB. Al contrario, solo il 7,5% ha dovuto interrompere l’MRA (Figura 1). È significativo che l’analisi “propensity score-matched” ha dimostrato come il trattamento con MRA è stato associato in modo indipendente a un ridotto rischio di mortalità nella popolazione complessiva (P < 0,001) e in un sottogruppo pre-specificato di pazienti con una frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) >40% (P = 0,002). Inoltre, il trattamento con beta-bloccanti a basso dosaggio è stato indipendentemente associato ad un ridotto rischio di mortalità in un sottogruppo pre-specificato di pazienti con LVEF≤40% (P = 0,002). Non sono state riscontrate differenze significative per il trattamento con ACEi/ARB.
Terapia con SGLT2i in pazienti con amiloidosi cardiaca da transtiretina
Il secondo studio più recente (J Am Coll Cardiol. 2024 Jun 18;83:2411- 2422) indaga la tollerabilità e l’efficacia degli inibitori del trasportatore di sodio-glucosio2 (SGLT2i). Lo studio ha incluso 220 pazienti trattati con SGLT2i (età 77 ± 2 anni; 82,3% ATTR-CM wild-type; LVEF 45,8 ± 11%) e 220 individui di controllo “propensity-matched”. Alla diagnosi i pazienti assumevano beta-bloccanti nel 59.1%, ACEI/ ARB nel 44,5%, MRA nel 46,4%, agenti diuretici dell’ansa nell’84,5% e terapie “disease modifying” nel 20,9% (n = 46; tafamidis: n = 39 e patisiran: n =7) dei casi, senza differenze tra pazienti con e senza SGLT2i. Il SGLT2i più comunemente prescritto era dapagliflozin (n=148; 67,3%), seguito da empagliflozin (n=71; 32,3%) e canagliflozin (n=1; 0,4%). L’avvio del trattamento con SGLT2i è stato indotto principalmente da HFrEF e diabete. I farmaci sono stati prescritti al 100% della dose target (cioè dapagliflozin o empagliflozin 10 mg una volta al giorno) e in nessuno dei pazienti è stata ridotta la dose durante il trattamento. I risultati hanno mostrato un tasso di interruzione per SGLT2i del 4,5%; a 12 mesi. Le ragioni per la sospensione del farmaco erano infezioni ricorrenti del tratto urinario, riduzione dell’eGFR e stitichezza. Questo dato conferma come anche in questa categoria di pazienti gli SGLT2i siano ben tollerati, verosimilmente per il limitato effetto sulla pressione arteriosa rispetto ai beta bloccanti e ACEi/ARB e al sacubitril/varsartan. Il ridotto effetto ipotensivo è particolarmente importante nei pazienti con amiloidosi cardiaca, che sviluppano spesso ipotensione sintomatica negli stadi avanzati della malattia, limitando l’uso degli antagonisti neuro ormonali. Il trattamento SGLT2i è stato associato a un minor peggioramento della classe funzionale NYHA, dell’NTproBNP e della velocità di filtrazione glomerulare e a un minor aumento o inizio di terapia con diuretici dell’ansa. È importante notare come questa terapia proseguita per oltre 28 mesi è stata associata a una minore mortalità per tutte le cause (P=0,010), a una riduzione della mortalità cardiovascolare (P < 0,001), del tasso di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (P=0,014) e per l’esito composito di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco (P=0,003), indipendentemente dalla frazione di eiezione.
Prospettive future
I risultati di entrambi questi studi richiedono conferma in studi prospettici randomizzati controllati, ma in ogni caso chiariscono l’importanza dell’utilizzo delle terapie convenzionali antiscompenso anche in questa categoria crescente di pazienti. Il Cardiologo fronteggia sempre più spesso malati di amiloidosi cardiaca da transtiretina e questi risultati rappresentano una guida importante alla gestione clinica dei pazienti in aggiunta alle terapie “disease modifying”.