Cuore e mondo subacqueo

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Cuore e mondo subacqueo

La diffusione globale ha reso necessario la comprensione degli stress fisiologici e le modifiche cardiovascolari che si verificano durante l’immersione, le malattie correlate, la loro gestione Un’accurata stratificazione del rischio degli individui, in particolare con preesistenti patologie cardiovascolari, permette una pratica sicura delle immersioni, a tutte le età

L’ambiente subacqueo è un mondo a sé stante, con un’ampia varietà di forme di vita, paesaggi e ecosistemi unici. Le condizioni ambientali sott’acqua possono variare considerevolmente, a seconda della profondità, della latitudine, della temperatura e della salinità dell’acqua. La densità dell’acqua (1g/ml per l’acqua pura; maggiore per l’acqua di mare) è notevolmente superiore a quella dell’aria, e fa sì che il corpo umano, di densità media inferiore anche per la presenza di cavità naturali a contenuto aero-gassoso (polmoni, stomaco e visceri cavi), tenda a galleggiare spontaneamente. Per la densità maggiore, la pressione sott’acqua aumenta linearmente in ragione di 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità. La temperatura è un fattore variabile, nelle acque, marine o dolci, sono sempre al di sotto della neutralità termica. Secondo la legge di Boyle, la densità del gas aumenta con la profondità. Per profondità superiori a 50 – 60 metri la densità dei gas inspirati comporta un lavoro respiratorio notevole e perciò, per immersioni a scopo lavorativo, si utilizzano miscele composte da elio e azoto in proporzioni variabili. Le attività subacquee offrono esperienze uniche nel mondo sommerso. 

Dalla loro diffusione negli anni ‘80, il numero di praticanti è aumentato in modo esponenziale. Pertanto è importante, per praticanti e medici, conoscere gli stress emodinamici e i rischi specifici connessi a questa attività. Le immersioni subacquee rappresentano una sfida per il sistema cardiovascolare, in quanto combinano condizioni ambientali uniche con le esigenze fisiologiche dell’attività subacquea. Le alterazioni emodinamiche durante le immersioni sono causate dall’esposizione all’acqua fredda e dalla compressione idrostatica esterna, che aumenta proporzionalmente alla profondità dell’acqua. Tali condizioni provocano uno spostamento centrale del volume plasmatico, con conseguente aumento del ritorno venoso e del volume plasmatico, con aumento della pressione arteriosa media, della pressione arteriosa polmonare (PAP) e la pressione di incuneamento dell’arteria polmonare (PAWP). L’esposizione prolungata all’acqua fredda provoca effetti autonomici dinamici. Recenti studi sulla variabilità della frequenza cardiaca indicano che, durante le immersioni in acqua fredda, l’attività parasimpatica prevale inizialmente, per poi verificare un’attivazione simpatica concomitante dopo esposizione prolungata. Gli stimoli idrostatici e termici possono contribuire all’Immersion Pulmunary Edema (IPE). Un aumento della PAP o della PAWP può influenzare la pressione capillare polmonare causando congestione vascolare. I sintomi includono dispnea, tosse, emottisi. Le patologie cardiovascolari preesistenti possono rappresentare un fattore predisponente all’IPE. L’embolia gassosa (EG) si verifica quando l’aria entra nei capillari polmonari e attraversa la circolazione arteriosa sistemica. Sulla base della legge di Boyle, l’EG può verificarsi anche a profondità ridotte. Se i piccoli emboli sono ben tollerati nei tessuti muscolo scheletrici e splancnici, la distribuzione a livello cardiaco o cerebrale, può esporre a sequele più temute, quali sindromi coronariche acute e ictus. I sintomi dell’EG si manifestano di solito poco dopo l’emersione. 

La malattia da decompressione (Decompression Sickness DCS) derivante dalla formazione di bolle all’interno del circolo ematico o dei tessuti ed è provocata dalla mancata eliminazione di gas inerti. La DCS di solito si presenta tra 1 e 24 ore dopo l’immersione, fino a diversi giorni dopo. La presenza di un forame ovale pervio PFO può essere rilevante nei subacquei. Dal punto di vista fisiologico, le manovre di Valsalva eseguite subito dopo la risalita in acqua possono spiegare la comparsa di EG subito dopo l’immersione in individui con PFO ad alto rischio. Tuttavia, l’associazione tra PFO e DCI e se la chiusura del PFO riduca il rischio, rimangono dibattute. Sono disponibili diversi studi interventistici sulla chiusura del PFO nei subacquei che hanno dimostrato che l’incidenza di DCS era più alta nel gruppo con PFO di alto grado. Tuttavia, le implicazioni cliniche devono essere interpretate con cautela. Data l’elevata prevalenza di PFO nella popolazione generale e il basso rischio assoluto complessivo di DCS tra i subacquei, lo screening indiscriminato del PFO non è raccomandato. L’indicazione a chiusura può essere considerata in particolare per coloro che hanno episodi ripetuti di DCI. La presenza di PFO, se rilevata incidentalmente, non è una controindicazione alle immersioni subacquee. Le misure conservative per ridurre i rischi di DCI includono: immersioni a profondità massima di 15 m, soste di sicurezza prolungate, utilizzo di aria con contenuto di azoto ridotto e risalita lenta. Per l’idoneità alla pratica sportiva tutti gli aspiranti sub, in particolare quelli di età superiore ai 45 anni, di sottoporsi a un esame medico che includa l’anamnesi patologica e farmacologica, un ECG a 12 derivazioni a riposo. Un’attenta stratificazione del rischio CV è fondamentale in età Master ( > 40 anni) o in quelli con rischio CV intrinseco. I subacquei con CAD nota, sintomatici o con fattori di rischio , devono essere in terapia medica ottimizzata e sottoporsi a test da sforzo per la valutazione simultanea di ischemia, capacità funzionale e instabilità elettrica. Dopo la rivascolarizzazione o una sindrome coronarica acuta, il ritorno alle immersioni è possibile in caso di normale funzione sistolica del ventricolo sinistro (FE > 50%) e assenza di ischemia inducibile o aritmie. Per altri gruppi di patologia (cardiomiopatie, canalopatie) è opportuna un’adeguata stratificazione del rischio e l’implementazione di strategie di trattamento. La frequenza della valutazione medica cardiovascolare si basa sull’età e sulla condizione in questione. Gli individui di età > 40 anni o affetti da malattie cardiovascolari dovrebbero esaminati annualmente o semestrale. ♥

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