Dall’Area CardioOncologia, una finestra sui nuovi farmaci e le nuove tossicità
Le nuove terapie oncologiche possono incidere sulla funzione cardiovascolare non meno della vecchia chemioterapia: come prevenire e trattare le complicanze senza impedire la prosecuzione della cura
La cardioncologia può essere considerata a tutti gli effetti una “neo-nata” tra le branche cardiologiche sebbene le prime sporadiche segnalazioni di eventi avversi cardiovascolari durante chemioterapia risalgano addirittura agli anni ’70 ma solo negli anni ’90 si è percepita la vera portata del problema cardioncologico, in particolare nelle popolazioni pediatriche sopravvissute a leucemia, nelle quali il rischio di scompenso cardiaco aumentava vertiginosamente negli anni successivi alla fine della terapia oncologica. Pertanto, da allora e negli anni a seguire, l’attenzione dei cardiologi si è incentrata sulla prevenzione, diagnosi precoce e trattamento della disfunzione contrattile del ventricolo sinistro conseguente alla terapia con farmaci come le antracicline, molto utilizzati in alcuni tumori tra cui il cancro mammario ed i linfomi. Parlare quindi di cardioncologia voleva significare, di fatto, parlare di scompenso cardiaco, consapevoli che, a fronte di una efficacia comprovata, la prognosi dei pazienti guariti poteva essere compromessa proprio dalla complicanza cardiologica. Il profilo di rischio era chiaro: cresceva al crescere della dose, era maggiore se associato a radioterapia sul torace ed interessava in particolare le persone oltre i 60 anni per le quali, a dosi all’epoca considerate standard terapeutico, il rischio di scompenso poteva raggiungere addirittura il 26%.
I nuovi farmaci e la sfida del nuovo secolo
Ma con l’inizio del nuovo millennio, grazie alla ricerca farmaceutica, le cose sembrava potessero cambiare. Il primo farmaco a bersaglio molecolare, il trastuzumab, viene associato alla chemioterapia tradizionale in donne affetta da cancro della mammella metastatico e sin da subito emerge la sua straordinaria efficacia terapeutica. Ma altrettanto rapidamente emerge la sua inaspettata capacità di indurre, anch’esso al pari delle antracicline, uno scompenso cardiaco seppure con caratteristiche cliniche diverse rispetto alle tossicità note sino ad allora: non più tossicità dose-dipendente, non più danno ultrastrutturale, ma disfunzione condizionata dalla interferenza con meccanismi biologici di sopravvivenza cellulare, potenzialmente reversibile alla sospensione della terapia e con adeguato trattamento farmacologico. Da allora in avanti molte cose sono cambiate e sempre più nuovi farmaci a bersaglio molecolare, anticorpi coniugati, immunoterapia, terapia genica, hanno modificato la prognosi di quasi tutti i tumori consentendo, secondo i dati provenienti dai registri tumori italiani (AIRTUM), una crescita costante ed esponenziale del numero dei pazienti lungosopravviventi al cancro e di coloro che possono addirittura considerarsi guariti dalla malattia. Tutto questo non ha fatto perdere l’interesse per la cardioncologia, anzi, al contrario, il livello di attenzione per la salute cardiovascolare dei pazienti trattati con i nuovi farmaci è aumentato in quanto molti dei nuovi farmaci “target” interferiscono con pathways comuni a molti organi e apparati, fra i quali quello cardiovascolare.
Le cardiotossicità inaspettate
Emergono quindi problematiche cardiologiche nuove e diverse: l’ipertensione arteriosa, per esempio, secondaria all’uso, prevalentemente nei tumori gastrointestinali, di farmaci che interferiscono con la neoangiogenesi; le aritmie atriali conseguenti all’uso dei farmaci a bersaglio molecolare che curano le leucemie croniche o quelle ventricolari causate dall’allungamento dell’intervallo QT corretto; l’ischemia miocardica in corso di trattamento con fluoropirimidine; pericarditi e miocarditi fulminanti durante immunoterapia. Il ventaglio delle tossicità si è quindi ampliato al pari dell’ampliamento delle possibilità terapeutiche e delle scelte farmacologiche, con conseguente necessità di rivedere i protocolli di valutazione cardioncologica, pronti ad affrontare le nuove sfide che la moderna oncologia offre alla nostra attenzione. Ma quello che più di ogni altro evento avverso preoccupa il moderno cardioncologo non è tanto la tossicità acuta, quella che si manifesta durante la somministrazione della terapia oncologica, per la quale è sufficiente aumentare il livello di attenzione e di monitoraggio in ragione dello specifico profilo cardiotossico, quanto le tossicità “late”, quelle che purtroppo non si sono ridotte al pari della riduzione dell’uso della vecchia chemioterapia con antracicline, ma che sono rimaste seppure con una veste diversa. La sfida del nuovo secolo è quella di ridurre il rischio cardiovascolare che aumenta nei lungosopravviventi al cancro e che si traduce in una aumentata propensione a cardiopatia ischemica, cerebrovasculopatie, trombosi venose profonde ed embolia polmonare. Su questo terreno si giocherà nel futuro la sfida della Nuova Cardioncologia, quella Cardioncologia 2.0 sempre più attenta alle esigenze e alla qualità della vita dei pazienti oncologici per le quali anche la nostra Area si sta cimentando con studi specifici che facciano emergere la portata dei problemi cardiologici a distanza in particolare nei pazienti trattati con immunoterapia o in trattamento farmacologico per una transitoria disfunzione contrattile asintomatica. Ma tale sfida non può essere affrontata senza la conoscenza del problema, la consapevolezza della necessità della presa in carico globale del paziente oncologico, con una visione olistica della malattia che consenta di prendersi cura della persona prima ancora che della malattia stessa. Spazio quindi alle collaborazioni multidisciplinari, ai protocolli di monitoraggio diversificati a seconda del rischio cardioncologico derivante da valutazioni “sartoriali”, senza mai dimenticare che il paziente, anche dopo la fine dei trattamenti o quando li prosegue indefinitamente nel tempo, avendo come obiettivo la cronicizzazione della malattia, non va mai abbandonato a se stesso. Molti anni sono passati da quando l’obiettivo primario della terapia oncologica era semplicemente la sopravvivenza, anche a costo di una riduzione della qualità della vita. Oggi, come detto, la sopravvivenza è solo una parte dell’obiettivo terapeutico, che non può essere perseguito senza il supporto della moderna cardioncologia.