Qualità, significa tante cose, significa qualità di cure, dei servizi erogati, aderenza alle linee guida ma anche qualità di convivenza con patologie croniche e qualità del fine vita. Nella foresta di questi molteplici significati capita, a volte, a noi medici, di sentirci smarriti tra ciò che è giusto e ciò che è bene. Pur conoscendo le leggi della scienza, ciascuno di noi è ben consapevole che la qualità delle cure erogate non sempre corrisponde alla qualità della vita di ciascun individuo e questo è ancora più evidente quando parliamo di qualità del fine vita. La cardiologia negli ospedali infatti, come tutti noi sappiamo, è fatta di esperienza, di umanità e, soprattutto, di storie. Storie di vita nelle corsie e nelle unità di terapia intensiva, fatte di quotidianità ma anche di momenti indimenticabili; storie di condivisione con i pazienti, con i loro familiari, con altri colleghi cardiologi e non con cui tutti i giorni confrontandoci diveniamo altro. Storie di uomini con il cuore malato che vengono curati da altri uomini talvolta col cuore spezzato, e questo è ancora più importante poterlo raccontare oggi in un momento molto difficile per il nostro Servizio Sanitario Nazionale, in cui tanti medici fuggono dal pubblico e tutti noi cittadini italiani, per tanti complessi motivi rischiamo di perdere una delle componenti più importanti del nostro Stato Sociale. E rischiamo di farlo, come spesso accade, quando qualcosa la si dà per data e scontata, nel silenzio e nell’indifferenza, rassegnandoci alla narrazione, non sempre corretta e giusta, che in questi anni è stata data della sanità pubblica. Forse non è proprio questa narrazione che il personale sanitario meritava soprattutto dopo gli anni terribili ma anche carichi di speranze di cambiamento della pandemia. Ovviamente non si tratta di dover difendere un simulacro vuoto, l’idea per l’idea, ma di battersi per la tutela e la promozione della qualità della sanità pubblica laddove esiste, laddove ancora resiste e può fare la differenza per gli utenti e quindi per i pazienti. Per raccontare emozioni e pensieri su questi temi, abbiamo chiesto aiuto alla Scuola Holden, la famosa scuola di narrazione fondata e diretta da Alessandro Baricco. Abbiamo chiesto a giovani scrittori, guidati da famosi autori italiani, di regalarci un piccolo racconto, qualcosa che abbia a che fare con l’idea della qualità dei medici che continuano a credere nel valore della sanità pubblica, della qualità della vita degli ammalati di cuore, della qualità del fine vita, di chi riconosce e non riconosce la felicità di lasciare andare e lasciarsi andare. La Scuola Holden, a cui va il nostro ringraziamento, ha accettato con entusiasmo la nostra proposta di collaborazione, e, in questo e nei prossimi numeri, verranno pubblicati dei racconti inediti che saranno certamente in grado di emozionarci e di farci riflettere su ciò che siamo, su cosa facciamo e soprattutto sul perché giorno dopo giorno continuiamo a farlo.