The Times They Are A-Changin… (?)

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The Times They Are A-Changin… (?)

Sul New England Journal of Medicine sono stati appena pubblicati due articoli che descrivono alcuni nuovi approcci e proposte organizzative che negli Stati Uniti si stanno approntando anche, e non solo, in seguito ai nefasti effetti pandemici, e che suggeriscono a mio avviso interessanti spunti di riflessione. Il primo dal titolo “Building a National Public Health System in the United States” (August, 4) riporta le ragioni e le proposte degli Autori, membri di una commissione ad hoc convocata dal Commonwealth Fund, per riformare rapidamente l’attuale sistema sanitario, predisponendo in pratica la costruzione di un nuovo sistema nazionale pubblico unico. L’inadeguatezza dell’attuale modello selettivo-privatistico, fornito da circa 3.000 agenzie della salute non coordinate tra loro è oramai macroscopicamente evidente, al di là dei limiti evidenziati durante la pandemia, e necessita di modifiche sostanziali. Basti considerare che attualmente gli USA sono sessantunesimi nel ranking globale per aspettativa di vita, causa anche le disparità geografiche di razza e di etnia. Il secondo, “Rediscovering the Importance of Free and Charitable Clinics” (August, 17) riporta il progressivo aumento del numero delle Strutture cliniche su base volontaria caritatevoli e sostanzialmente gratuite, e descrive il loro valore aggiunto nel garantire non solo assistenza medica generica, ma cure e prestazioni avanzate e comunque di elevata qualità. Attualmente sono attivi circa 1.400 Centri per circa 2 milioni di pazienti/anno, per lo più persone non assicurate, a basso reddito che necessitano di essenziali controlli specialistici. Entrambi appaiono delineare “a new deal” sanitario, con nuovo approccio assistenziale, più “sociale” di quanto si possa immaginare. È possibile quindi che qualcosa possa realmente cambiare da quel famoso articolo del New York Times del dicembre 2018 intitolato “No cash, no heart”? Allora venivano descritte le dinamiche economiche collaterali ai trapianti, raccontando in particolare la storia di una signora di 60 anni del Michigan candidata al trapianto cardiaco ed esclusa dalla lista perché non in grado di garantirsi le spese, circa 2.500 $ annui per un totale di almeno 10.000 $, per la successiva terapia antirigetto. La richiesta di garanzia a copertura delle spese veniva riportata come comune nei Centri trapianto, e spesso l’unico sistema per chi non ha un assicurazione privata o non è coperto dall’estensione del Medicare, è di affidarsi ad organizzazioni nate e specializzate per la raccolta fondi sanitari ad hoc. Considerazioni che cinque anni probabilmente non suscitavano particolari preoccupazioni e apparivano senz’altro lontane rispetto alla nostra organizzazione assistenziale, improntata ad una diffusa equità. Oggi sembrano meno distanti, visto il progressivo peggioramento del clima sanitario. Amplificate nei mesi estivi, le varie emergenze, dall’esagerata lunghezza di alcune liste d’attesa al progressivo aumento della spese mediche pro-capite con un diffuso aumento della rinuncia alle cure, fino alle note sofferenze dei Pronto Soccorso e alle criticità del capitale umano ospedaliero, appaiono più che concreti ed incombenti segnali di rischio di indebolimento del SSN. Se “il vento” americano sta forse cambiando, allora c’è speranza che i suoi effetti si risentano, con la debita e risaputa latenza, anche in Italia?

In copertina

L’Ospedale dell’Angelo di Mestre, ha sostituito il vecchio Umberto I nel 2008, ed è considerato tra i più belli e tecnologicamente innovativi d’Europa, grazie agli elevati standard di accessibilità ed efficienza. Il nome dell’Ospedale nasce da una statua raffigurante un angelo d’argento donata dall’architetto veneziano Bruno Scarpa. È uno dei primi esempi italiani di project financing in Sanità: la ATI di imprese private, costitutari per le realizzazione della struttura, garantisce la miglior dotazione strumentale possibile, un contesto di spazi vivibili e servizi commerciali a servizio degli utenti e standard di servizi di primissimo livello. Il progetto è degli architetti Altieri e Ambasz ed è caratterizzato da un lato dalla presenza di una grande vetrata, che ha anche il compito di attutire il rumore esterno all’interno delle stanze dei reparti, e dall’altro da terrazze pensili. L’intera struttura copre una superficie di 151.802 metri quadrati ed è composta da due blocchi uniti dalla vetrata. Il primo è la cosiddetta “piastra” di tre piani (di cui due fuori terra) mentre l’altro blocco è l’edificio stesso dove sono situati i reparti. Nei tre piani della piastra ci sono le sale operatorie, gli spogliatoi per il personale, i parcheggi, gli ambulatori e tutti i servizi di diagnostica. La vetrata difende dalle intemperie la hall che accoglie i visitatori e nella quale sono presenti alcuni negozi e favorisce un microclima ottimale per la presenza di un giardino ricco di numerose specie di piante.

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