Survey Riorganizzazione delle Cardiologie del Lazio durante la seconda fase dell’emergenza COVID-19

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Survey Riorganizzazione delle Cardiologie del Lazio durante la seconda fase dell’emergenza COVID-19

Il Lazio ancora di fronte alla Pandemia

Una sfida affrontata con convinzione e passione

La pandemia da SARS-CoV-2 ha determinato a partire da marzo 2020 uno stravolgimento dell’intero Sistema Sanitario Nazionale. Tutte le regioni italiane sono state costrette ad una ri-organizzazione delle varie aziende sanitarie e ospedaliere per garantire un’adeguata assistenza ai pazienti affetti da COVID-19 e prevenire l’ulteriore propagazione dell’infezione, salvaguardando anche l’accesso alle cure ai pazienti affetti da patologie acute non-COVID-19. Nella Regione Lazio, nella prima fase della pandemia è stata adottata un’organizzazione degli Ospedali secondo il modello Hub-Spoke e di supporto per la gestione dei pazienti COVID positivi. L’impatto della prima fase della Pandemia sull’attività delle Cardiologie Laziali è stato descritto in una Survey regionale, web-based, su base volontaria, condotta dal Consiglio Direttivo Reginale ANMCO Lazio (“Cardiologia negli Ospedali”, settembre-ottobre 2020, N. 237). Tale Survey ha dimostrato che l’attività delle Cardiologie Laziali è stata profondamente influenzata dalla pandemia, indipendentemente dal ruolo di ogni singolo Ospedale nella gestione dei pazienti COVID positivi. Nella seconda ondata della pandemia, successiva all’estate del 2020, la maggior parte degli Ospedali sono stati coinvolti direttamente nella gestione dei pazienti COVID positivi. Per valutare se la nuova ri-organizzazione ha avuto un ulteriore impatto sulle attività delle Cardiologie Laziali è stata proposta una seconda Survey regionale. Tutte le Cardiologie del Lazio (sia ospedaliere che universitarie) sono state invitate e partecipare alla Survey; di queste 27 hanno aderito all’invito. I risultati della Survey sono i seguenti:

  1. Nel 66.5% degli Ospedali i posti letto dedicati ai pazienti COVID sono aumentati, ma senza ridurre i posti letto della Cardiologia, nel 15% dei casi l’incremento dei letti è avvenuto a scapito dei letti di Cardiologia, mentre 2 Ospedali (Vannini e Nuovo Ospedale dei Castelli, 7,3%) sono stati convertiti interamente in Ospedali COVID. Solo l’11,2% degli Ospedali non ha avuto a disposizione letti dedicati all’emergenza COVID (Figura 1).
  2. I Cardiologi sono stati coinvolti con guardia attiva nei reparti COVID a bassa-media intensità nel 46% circa dei casi.
  3. Le Consulenze cardiologiche sono state effettuate nei pazienti sospetti o confermati prevalentemente di persona e solo marginalmente per via telematica; nel 30% dei casi le consulenze venivano effettuate da Cardiologi dedicati alla gestione dei pazienti COVID (Figura 2).
  4. Con l’eccezione di 3 Ospedali in cui l’UTIC è stata convertita a terapia intensiva COVID, nei restanti Ospedali non sono stati effettuati interventi strutturali per creare stanze di isolamento adeguate in UTIC e pertanto in caso di necessità, le stanze UTIC sono state rimodulate per mantenere un isolamento relativo dei pazienti in attesa di trasferimento in reparti dedicati.
  5. Nella maggior parte degli Ospedali (69%) la strategia di screening per infezione da SARS-CoV2 era basata sull’esecuzione del tampone molecolare all’ingresso in PS e in dimissione, mentre nei restanti casi utilizzato esclusivamente il tampone antigenico all’ingresso e alla dimissione o una strategia ibrida. Inoltre nella maggior parte degli Ospedali (78%) era disponibile un tampone molecolare rapido da utilizzare nelle patologie tempo-dipendenti.
  6. I pazienti con STEMI sono stati ricoverati primariamente in reparti COVID dedicati dopo angioplastica primaria (81%), mentre solo una minoranza (19%) è stato ricoverato in UTIC su letto rimodulato per mantenere l’isolamento (Figura 3a).
  7. Indipendentemente dal reparto in cui venivano ricoverati, i pazienti con NSTEMI nel 91% dei casi sono stati sottoposti a coronarografia solo in presenza di caratteristiche cliniche di alto rischio (Figura 3b).
  8. L’attività Ambulatoriale è stata ripristinata al regime pre-pandemia nel 48% degli Ospedali, è stata ridotta nel 33.5% e ridotta con l’integrazione di un servizio di teleconsulto nel 18,5%.
  9. Nel 48% degli Ambulatori è stata almeno in parte integrata l’attività di telemedicina secondo le nuove modalità indicate dal decreto della Regione Lazio (SAN_DCA_U00103_22_07_2020) “Linee di indirizzo per la gestione dei servizi di telemedicina in ambito specialistico e territoriale”.
  10. In relazione alla percezione di sicurezza nell’espletamento delle attività cliniche, la maggioranza dei Cardiologi (81%) ha dichiarato di considerare adeguati i dispositivi di protezione individuale disponibili.
Figura1
Figura 1
Figura 3a
Figura2
Figura 2
Figura 3b

Considerazioni
Nella Survey-bis, condotta dall’ANMCO regionale durante la seconda ondata della pandemia da SARS-COV-2, è stato confermato il forte impatto della pandemia sulle attività cardiologiche di tutti gli Ospedali del Lazio. Nella nuova riorganizzazione regionale infatti, 2 Ospedali sono stati totalmente convertiti in strutture COVID dedicate, mentre nella maggior parte degli Ospedali sono stati creati dei reparti sia sub-intensivi che intensivi destinati alla gestione di pazienti COVID positivi. La creazione di tali nuovi posti letto è avvenuta a scapito dei letti di Cardiologia solo in una minoranza di casi (15%), indicando come a livello regionale l’attività dei reparti di Cardiologia sia stata riconosciuta come un’attività assistenziale irrinunciabile. A differenza della prima fase della pandemia, in cui negli Ospedali COVID i Cardiologi sono stati coinvolti nei turni di guardia nei reparti COVID nell’80% circa dei casi, nella seconda fase tale coinvolgimento si è avuto solo nel 46% dei casi, probabilmente a seguito dell’elevato numero di nuove assunzioni di personale dedicato (rianimatori, broncopneumologi, internisti) per far fronte all’emergenza. Le consulenze cardiologiche nei reparti COVID sono state effettuate prevalentemente di persona dai Cardiologi di guardia e solo nel 30% dai Cardiologi dedicati ai reparti COVID, indicando una più diffusa competenza dei Cardiologi, rispetto alla prima fase, nella gestione delle problematiche cardiologiche nei pazienti COVID positivi. In particolare, poiché il danno miocardico è un reperto molto frequente in questi pazienti, appare evidente che la corretta discriminazione tra danno aspecifico e danno ischemico ha importanti implicazioni diagnostiche, terapeutiche e prognostiche. La consulenza cardiologica ha sicuramente avuto un ruolo centrale nella gestione del paziente con diagnosi di NSTEMI e COVID confermato, in relazione alla scelta di procedere o meno a coronarografia. In effetti, il 90% circa dei pazienti con NSTEMI e tampone positivo veniva sottoposto a coronarografia solo in presenza di un alto profilo di rischio ischemico. Per quanto riguarda la gestione del paziente con STEMI è importante notare che nel 78% delle strutture che hanno partecipato alla Survey-bis era a disposizione un tampone molecolare rapido per l’identificazione precoce dell’infezione da SARS-COV-2 nei pazienti candidati a rivascolarizzazione in emergenza. Tale strumento si è rivelato essenziale per ridurre i tempi di occupazione della sala di Emodinamica nell’attesa del referto del tampone ordinario e consentire la collocazione precoce del paziente nel reparto più idoneo. In caso di positività del tampone, in circa l’80% dei casi il paziente è stato ricoverato, dopo angioplastica coronarica, in reparti intensivi COVID dedicati, mentre solo nel 20% dei casi i pazienti sono stati ricoverati in UTIC, su letto rimodulato per consentire l’isolamento del paziente. Ciò lascia intuire che la gestione dei pazienti con STEMI COVID positivi sia stata delegata a colleghi rianimatori, supportati eventualmente da consulenze cardiologiche. Se tale gestione non completamente cardiologica dei pazienti con STEMI possa avere avuto delle ripercussioni terapeutiche e potenzialmente prognostiche meriterebbe di essere analizzato in uno studio dedicato. È auspicabile che l’esperienza con il COVID-19 possa essere utile per definire a livello regionale un piano per la ristrutturazione delle unità coronariche che preveda la possibilità di isolare in maniera sicura i pazienti infetti, garantendo un’adeguata assistenza specialistica cardiologica anche ai pazienti con malattie infettive contagiose. In relazione alle attività ambulatoriali, a partire dall’estate 2020 si è assistito a una graduale riapertura degli ambulatori cardiologici, nel rispetto delle regole sul distanziamento. Tuttavia in meno della metà delle Cardiologie del Lazio l’attività ambulatoriale è tornata ai livelli pre-pandemia. Per cercare di garantire la continuità assistenziale ai pazienti affetti da patologie cardiovascolari croniche, nel 48% delle Cardiologie è stata utilizzata almeno in parte la televisita a seguito della pubblicazione del decreto della Regione Lazio (SAN_DCA_U00103_22_07_2020) con le “Linee di indirizzo per la gestione dei servizi di telemedicina in ambito specialistico e territoriale” che ha finalmente regolamentato le modalità di accesso alle prestazioni in televisita e ne ha dato una valorizzazione economica. È auspicabile che nei mesi a venire la televisita abbia una maggiore fruizione in particolare in alcuni setting clinici come i controlli periodici per la titolazione della terapia dello scompenso, la prescrizione e il rinnovo dei piani terapeutici, l’ottimizzazione della terapia ipolipemizzante nei pazienti con cardiopatia ischemica, eccetera. L’utilizzo sistematico di tale modalità di visita oltre che garantire il distanziamento sociale in un contesto pandemico, potrebbe comportare dei vantaggi importanti, anche al termine della pandemia, in termini di mobilità, inquinamento, tempo lavorativo e produttività. Infine, durante la seconda ondata della pandemia da COVID-19, abbiamo finalmente avuto all’interno dei vari Ospedali un adeguato approvvigionamento dei presidi di protezione individuale. Questo ha contribuito a migliorare significativamente la percezione di sicurezza dei Cardiologi nello svolgimento delle attività lavorative. In conclusione, in questo anno di emergenza sanitaria, l’impatto sulle Cardiologie Laziali del COVID-19 è stato importante ed eterogeneo, con 1) la necessità di acquisire delle competenze specialistiche in merito alla gestione del paziente COVID positivo da parte dei Cardiologi negli Ospedali COVID dedicati, 2) un’ulteriore richiesta di consulenze cardiologiche sia per i pazienti con COVID-19 e patologie cardiovascolari pre-esistenti che per quelli con problematiche cardiologiche intercorrenti (sindromi coronariche acute, scompenso cardiaco, miocardite, aritmie…), 3) la necessità di riprendere le attività ambulatoriali inizialmente annullate e di recuperare la discontinuità terapeutica che durante il lockdown si è innegabilmente avuta, 4) l’implementazione della telemedicina nella gestione del paziente ambulatoriale. Per quanto la risposta iniziale delle Cardiologie Laziali sia stata positiva, molta strada c’è ancora da fare su questo fronte.

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