I risultati dell’HELIOS-B e i dati di sopravvivenza del THAOS confermano l’efficacia delle terapie della cardiomiopatia da ATTR
Nuovi silenziatori genici e dati sull’utilizzo di Tafamidis nel mondo reale testimoniano l’efficacia delle terapie disease modyfing e l’importanza della diagnosi precoce nella amiloidosi cardiaca da Transtiretina
Nel secondo capitolo di Amynews, ci occupiamo delle novità in termini di terapia specifica dell’Amiloidosi da Transitiretina (ATTR), che vengono direttamente dall’ultimo congresso della European Society of Cardiology (ESC), che si è tenuto a Londra 30 agosto 2 settembre 2024.
Vutrisiran nei pazienti con ATTR e cardiomiopatia
La novità più attesa ha riguardato la presentazione dei risultati del trial HELIOS-B, un trial di fase 3 disegnato per dimostrare l’efficacia del Vutrisiran nei pazienti con ATTR e cardiomiopatia, pubblicato sul New England Journal of Medicine (N Engl J Med. 2024 Aug 30). Vutrisiran è un farmaco somministrato per via sottocutanea ogni tre mesi, ed è un silenziatore genico, evoluzione del già utilizzato Patisiran, che agisce inibendo a livello epatico la sintesi sia della forma wild-type che della forma variante di TTR, con conseguente abbattimento rapido della proteina patogena prima che possano formarsi monomeri che causano l’amiloide. Il trial è stato disegnato per includere sia pazienti naive che pazienti già in trattamento con Tafamidis. L’end-point primario è stato un end-point composito di mortalità per tutte le cause ed eventi cardiovascolari ricorrenti fino a 36 mesi, mentre gli end-point secondari sono stati vari, tra cui cambiamenti nel six-minute walking test, nel questionario Kansas (KCCQ), nell’NT-proBNP e nella classe NYHA. Nella popolazione globale (naive e in Tafamidis) il Vutrisiran ha determinato una riduzione del 28% nell’end-point primario composito di mortalità per tutte le cause e eventi cardiovascolari ricorrenti a 36 mesi (Figura 1A), e del 31% e 36% dell’end-point isolato di riduzione di mortalità durante il periodo di 33 e 36 mesi rispettivamente (Figura 1B).

Figura 1 B – End-point secondario dell’HELIOS B, riduzione della mortalità per tutte le cause a 42 mesi che risulta statisticamente significativo, raggiungendo il 36%. Modificato da N Engl J Med. 2024 Aug 30
Nella popolazione in monoterapia con Vutrisiran (il 60% dei pazienti reclutati), la riduzione dell’end-point primario composito è stata del 33% e di sola mortalità per tutte le cause fino a 42 mesi del 35% (Figura 2A, 2B). La morte per qualsiasi causa nell’arco di 42 mesi è stata considerata come endpoint secondario separato per consentire l’inclusione di più eventi nell’analisi e migliorare la precisione della stima dell’effetto del trattamento sulla mortalità. Inoltre, vi è stata una forte evidenza di una efficacia additiva on top della terapia con Tafamidis sia nell’end-point primario composito che negli end-point secondari. In particolare nei pazienti che ricevevano Tafamidis, il Vutrisiran ha dimostrato una riduzione del 22% nell’end-point primario composito e del 41% nella mortalità globale a 42 mesi vs placebo (figura 2C, 2D).

Figura 2 C e D – Trends favorevole nel sottogruppo in trattamento con Tafamidis sia nell’end-point primario composito (riduzione del 22%) (C) che nell’end-point secondario di mortalità per tutte le cause (riduzione del 41%) (D) che mostra un beneficio additivo delle due terapie combinate.
Modificato da N Engl J Med. 2024 Aug 30
Il profilo di sicurezza e tollerabilità del farmaco è stato molto alto, coerente con il profilo stabilito del farmaco, con la sola accortezza di assumere vitamina A, in quanto la TTR agisce come trasportatore di retinolo. Gli eventi avversi sono stati simili al braccio in placebo e minori del 15% della popolazione globale. Un dato importante è che la popolazione reclutata nel trial era diversa dalla popolazione dell’ATTR-ACT (N Engl J Med 2018;379:1007-1016), che includeva prevalentemente pazienti in classe NYHA II-III e con uno stadio più avanzato di malattia. Il miglioramento delle nostre capacità diagnostiche infatti ha fatto sì che vengano diagnosticati i pazienti sempre più precocemente. I pazienti di questo studio sono soprattutto pazienti in classe NYHA I o II e con ATTR wild type, diagnosticati più frequentemente con metodi non invasivi e trattati in concomitanza con la terapia standard disponibile come gli inibitori SGLT2, riflettendo la attuale popolazione che riceve diagnosi di cardiomiopatia da amiloidosi. Un trend verso una efficacia maggiore si è osservata nei pazienti con malattia più precoce (i.e. pazienti più giovani di 75 anni quelli con valori basali di NT-proBNP, ≤2000), confermando che iniziare il trattamento più precocemente preserva maggiormente la capacità funzionale e la qualità della vita.
Sopravvivenza dei pazienti trattati con Tafamidis nel mondo reale
Inoltre, all’ESC 2024 sono stati presentati i dati di sopravvivenza di real-world dei pazienti trattati con Tafamidis dello studio THAOS, pubblicati su Journal of Cardiac Failure 2024 (Jun 21:S1071-9164(24)00222-7). Il Transthyretin Amyloidosis Outcomes Survey (THAOS) è uno registro longitudinale, osservazionale, il cui reclutamento è terminato a Giugno 2023 e che ha incluso pazienti con amiloidosi da transtiretina wild type ed eredofamiliare, e carrier di mutazione asintomatici. Nell’analisi di sopravvivenza presentata sono stati inclusi i pazienti provenienti dal THAOS con un fenotipo prevalentemente cardiaco al momento dell’arruolamento e la sopravvivenza è stata analizzata in base allo stato di trattamento con Tafamidis (trattato o non trattato). Nei pazienti trattati con Tafamidis (n = 587) e non trattati con Tafamidis (n = 854), rispettivamente, l’età mediana all’arruolamento era di 77,7 e 76,4 anni, il 91,8% e il 90,0% erano maschi e il 91,8% e l’83,8% erano affetti da ATTR wild type. I tassi di sopravvivenza a 30 e 42 mesi, rispettivamente, sono stati 84,4% e 76,8% nei pazienti trattati con Tafamidis, e 70,0% e 59,3% nei pazienti non trattati con Tafamidis (figura 3A). Il tasso di sopravvivenza a 30 mesi nei pazienti trattati con Tafamidis (84,4%) è stato superiore a quello riportato nel braccio di trattamento dell’ATTR-ACT (70,5%), ed una tendenza simile è stata evidenziata tra i pazienti non trattati con Tafamidis (70,0%) e il braccio placebo di ATTR-ACT (57,1%). Questi miglioramenti sono probabilmente il risultato dei progressi nell’imaging cardiaco e della maggiore consapevolezza della malattia tra i medici che facilita la diagnosi precoce di ATTR-CM, nonché la disponibilità di nuovi trattamenti per l’insufficienza cardiaca. In questa popolazione di real-world infatti era presente un maggior numero di pazienti in stadio iniziale di malattia rispetto ai pazienti dell’ATTR-ACT, come evidenziato da una percentuale numericamente più elevata di pazienti in classe NYHA I e da una percentuale inferiore nella classe NYHA III, e da concentrazioni mediane inferiori di NT-proBNP. Per rinforzare l’evidenza che una diagnosi precoce e un trattamento immediato si traduce in risultati migliori è stata condotta una analisi di sensibilità per esaminare la sopravvivenza nei pazienti arruolati nel THAOS prima del 2019 o successivamente. I risultati mostrano che i tassi di sopravvivenza a 30 e 42 mesi, rispettivamente, erano del 77,7% e del 66% nei pazienti trattati con Tafamidis, e 68,7% e 58,0% nei pazienti non trattati con Tafamidis prima del 2019 (Figura 3B). Nei pazienti arruolati nello studio THAOS nel 2019 o successivamente, le percentuali di sopravvivenza rispettivamente a 30 e 42 mesi erano 87,3% e 82,8% nei pazienti trattati con Tafamidis e del 77,2% e 67,3% nei pazienti non trattati (Figura 3C).

Figura 3 B – I tassi di sopravvivenza a 30 e 42 mesi, rispettivamente, erano del 77,7% e del 66% nei pazienti trattati con Tafamidis, e 68,7% e 58,0% nei pazienti non trattati con Tafamidis prima del 2019.
Figura 3 C Nei pazienti arruolati nello studio THAOS nel 2019 o successivamente, le percentuali di sopravvivenza rispettivamente a 30 e 42 mesi erano 87,3% e 82,8% nei pazienti trattati con Tafamidis e del 77,2% e 67,3% nei pazienti non trattati, sottolineando come una diagnosi precoce migliori la sopravvivenza dei pazienti affetti.
Modificato da Journal of Cardiac Failure 2024:S1071-9164(24)00222-7).
Quindi, nel mondo reale si conferma il beneficio di sopravvivenza, la sicurezza e l’efficacia del trattamento con Tafamidis, e in linea con report più recenti, si evidenzia come la diagnosi precoce abbia migliorato l’aspettativa di vita nella ATTR. In conclusione, il messaggio comune di questi studi è che l’amiloidosi TTR è sempre di più una malattia curabile, la cui identificazione precoce permette che si instauri un trattamento immediato, anche con combinazione di farmaci che agiscono a più livelli della catena amiloidogenica, al fine di evitare la progressione ulteriore dei depositi di amiloide nel cuore.