Il neuromanagement in ambito ospedaliero

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Il neuromanagement in ambito ospedaliero

Il contributo delle neuroscienze alla gestione manageriale

Le neuroscienze hanno proposto un nuovo modo di vedere la managerialità, offrendo interessanti spunti di riflessione e di applicazione

Vincenzo Russo è Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano e Direttore Scientifico del Centro di Ricerca di neuromarketing Behavior and Brain Lab IULM. È Inoltre Direttore Scientifico del Master in Food and Wine Communication, organizzato in collaborazione con Gambero Rosso e del Master “Management e comunicazione del Made in Italy: promozione enogastronomica e valorizzazione delle eccellenze del territorio”. È stato Membro del Comitato Scientifico delle Università per Expo 2015 e Delegato del Rettore per i progetti Expo2015 e per la Valutazione della Ricerca dell’Ateneo IULM. Ha diretto progetti di ricerca nazionali sui temi riguardanti il rapporto tra emozioni, decisioni e comportamenti di consumo alimentare. È co-Autore di uno dei manuali più utilizzati di Psicologia dei Consumi (edito in seconda ristampa da Mcgraw-Hill), e di Neuromarketing (in pubblicazione con Franco Angeli). Sui temi del consumo alimentare e del neuromarketing ha pubblicato contributi teorici e di ricerca in Frontiers in Neuroengineering, Food Quality and Preference, Journal of Global Information Management, European Journal of Information Systems, Risorsa Uomo, e nella Collana di Psicologia, Consumi e Società McGraw-Hill.

“Se il cervello fosse così semplice da potere essere compreso, noi saremmo così semplici da non riuscire a capirlo” scriveva nel 2004 Lyall Watson, noto scrittore e studioso della scienza della natura. Sebbene con grosse difficoltà, grazie agli studi di noti neuroscienziati e neurobiologi, come Richard Davidson, autore del testo “La vita emotiva del cervello”, di Daniel Goleman autore di “Intelligenza Emotiva”, di LeDoux autore de “Il cervello emotivo”, e di Antonio Damasio autore de “L’Errore di Cartesio”, abbiamo revisionato il modo di intendere la managerialità e il ruolo delle emozioni e della razionalità. Dagli anni Settanta in poi gli studi offerti dall’economia comportale e dalle neuroscienze hanno dimostrato che gli esseri umani, lungi dall’essere esclusivamente razionali, si lasciano guidare dalle dinamiche affettive nei processi decisionali, razionalizzando e giustificando con la ragione ciò che è stato in realtà scelto e preferito con l’emozione. Insomma “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”. Ciò mette in seria discussione il modello razionalistico che ha caratterizzato lo studio dei consumatori. Come dimostrato dal Premio Nobel per l’Economia del 2002 Daniel Kahneman l’elaborazione delle informazioni avviene, nella maggior parte delle volte, in maniera rapida ed automatica, spesso operando con bias, ovvero semplificazioni, in cui le emozioni assumono un ruolo determinante.

Cosa è il Neuromanagement
Si tratta di una nuova disciplina denominata del Neuromanagement che esplora i meccanismi cognitivi ed emotivi legati alla gestione organizzativa servendosi delle più recenti scoperte neuroscientifiche applicate alle tecniche di promozione (neuroselling), a quelle di gestione (neuroleadership) e ai processi comunicativi e di marketing (neuromarketing). Questi studi mirano non solo a migliorare l’efficacia e l’efficienza dei dirigenti e dei membri dei team all’interno delle organizzazioni, grazie ad una migliore consapevolezza dell’influenza emozionale sulle decisioni, ma permette di incrementare le prestazioni sviluppando migliori abilità nella gestione dei processi cognitivi e relazionali a partire dalla conoscenza del cervello.

Quali sono le principali applicazioni?
I campi di azione sono certamente numerosi, dalla possibilità di misurare con tecniche neuroscientifiche la reazione emotiva delle persone alle stimolazioni o alle relazioni sociali fino alle applicazioni formative per migliorare le proprie competenze gestionali e di promozione. Solo per fare un esempio si potrebbero citare gli studi di neuromanagement legati alla plasticità cerebrale e alla possibilità di diagnosticare, conoscere ed adottare stili emotivi diversi in relazione alla tipologia del proprio interlocutore. Queste applicazioni s’ispirano ai pionieristici studi di Richard Davidson, uno dei padri dello studio elettroencefalografico del cervello. Davidson ha dimostrato come l’esistenza di diversi stili emotivi è correlato con l’attivazione di diverse aree cerebrali. Secondo l’autore (2012), ogni soggetto, non solo possiede uno specifico “Stile Emozionale”, rilevabile anche con un semplice questionario, ma ogni soggetto, una volta individuato il proprio stile emotivo può migliorare quello in cui è meno abile attraverso il modo di pensare e di relazionarsi con gli stimoli. In questo modo, al fine di potere facilitare la relazione con i propri clienti e rispondere ai loro stili in maniera complementare è possibile utilizzare il modello offerto da Davidson sia per valutare il proprio stile abitudinario che imparare ad agire più fluidamente quello degli altri. Questa complementarità può facilitare le relazioni e quindi la contrattazione. Tanner et al. nel 2008 hanno dimostrato l’efficacia dell’effetto camaleonte. Ovvero se ci si comporta in maniera isomorfa all’interlocutore il risultato della contrattazione risulta più favorevole. Ciò è ancora più vero nel caso dell’utilizzo di simili stili emotivi. Per fare ciò occorre prima essere consapevoli di quale sia il nostro stile emotivo prevalente. Secondo Davidson esistono 6 diversi stili emotivi, distinti per specifiche caratteristiche comportamentali oltre che per l’area cerebrale prevalentemente coinvolta. Gli stili da lui ipotizzati sono i seguenti:

  • La Resilienza ovvero la capacità legata al tempo con cui si è capaci di recuperare uno stato di equilibrio dopo un evento avverso.
  • La Prospettiva ovvero la capacità di conservare le proprie emozioni nel tempo e misura quanto sappiamo sostenere un’emozione dal significato positivo.
  • L’Intuitività Sociale, relativa all’abilità di riuscire a cogliere quegli indizi non verbali che permettono di capire intenzioni e stati d’animo degli altri e misura quanto siamo avvezzi a cogliere i segnali sociali da chi ci circonda. I soggetti con maggiore intuizione sociale tendono a guardare di più negli occhi nell’interazione, un aspetto poco presente nei soggetti autistici.
  • L’Auto Consapevolezza relativa alla capacità di leggersi dentro e misura quanto siamo capaci a percepire i segnali fisici che esprimono le nostre emozioni.
  • La Sensibilità al Contesto che misura la capacità di regolare le risposte emotive secondo il contesto.
  • l’Attenzione ovvero la capacità di restare concentrati e misura quanto focalizzata e acuta è la nostra attenzione.

Secondo Davidson (2012) vi è una stretta correlazione tra stile emotivo e l’attivazione di una specifica area cerebrale, dimostrando che il modo di affrontare la vita influenza la corrispondente struttura cerebrale. Così, per esempio, la Resilienza è stata associata alla relazione tra Corteccia Prefrontale e Amigdala. Una bassa attività o poche connessioni tra queste aree riduce la capacità di recupero da situazioni sgradevoli. Attraverso una prima valutazione del proprio stile emotivo e una specifica preparazione è possibile imperare a modulare il proprio stile emotivo in base a quello degli altri rendendo più efficace e funzionale la relazione.


Bibliografia
Damasio A.R. (1994), Descartes’ Error: Emotion, Reason and the Human Brain, G.P. Putnam, New York (trad. it.: L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995).
Davidson R.J., Begley S. (2012), La vita emotiva del cervello, Milano, Adriano Salani Editore, 2012, p. 37, trad. it. C. Capraro, M. Bottini.
Goleman D. (1997), Emotional Intelligence: Why It Can Matter More Than IQ, (trad. it. Intelligenza emotiva, Rizzoli).
LeDoux J. (1993), The Emotional Brain. The Mysterious Underpinnings of Emotional Life, (trad. it. Il Cervello Emotivo. Alle origini delle emozioni, Baldini Castoldi, 2014).
Tanner, R., Ferraro R., Chartrand T.L., Bettman J., & van Baaren R. (2008), “Of chameleons and consumption: The impact of mimicry on choice and preferences”, Journal of Consumer Research, 34: 754-766