L’illusione della Verità

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L’illusione della Verità

I punti di vista sui fatti sono molteplici a seconda di chi osserva

Le travolgenti confessioni dei personaggi mettono in dubbio ogni certezza su ciò che appare reale

Lo scrittore israeliano Eshkol Nevo è da poco in libreria con “Le vie dell’Eden”, libro raffinato e intenso composto da tre novelle solo apparentemente indipendenti, ma che sono legate tra loro dallo stesso filo narrativo e da alcuni temi fondamentali, quali la fedeltà, l’incomunicabilità, la passione, il desiderio e i conflitti portati fino alle estreme conseguenze. L’autore israeliano, psicologo di formazione, compone un’opera capace di indagare la mente umana con grande interesse e di delineare i dubbi e i traumi che fanno parte dell’esistenza. Il libro è accomunato al suo precedente successo “Tre piani” (da cui il regista Nanni Moretti ha tratto il suo ultimo film) proprio dalla struttura narrativa articolata in tre parti, ma è autonomo per ciò che concerne i personaggi e le situazioni raccontate, nonché per la presenza di relazioni triangolari in ognuna delle tre storie. “Le vie dell’Eden” è un’opera traboccante di sensualità e di libido, come ha sottolineato l’autore in alcune interviste nelle quali egli stesso ha dichiarato di aver scritto delle storie pervase da questi temi proprio durante il periodo del lockdown e del distanziamento fisico tra le persone. I protagonisti delle tre storie, uniti nella sorte dal fatto di essere accusati di qualcosa, anche se non per forza colpevoli, si confessano al lettore, affrontando apertamente i traumi e gli amori vissuti che inevitabilmente portano con sé segreti inconfessabili. I tre protagonisti sono tutti alla ricerca di un altrove, di un paradiso che appare irraggiungibile dal momento che vengono travolti da eventi drammatici che non riescono a controllare e che ostacolano il loro cammino mettendoli nei guai. Eshkol Nevo compone tre storie di passione nelle quali il sesso e l’attrazione sono alcuni dei temi fondamentali, racconta tre storie sulla fiducia, ma anche sui non detti, e sulla conoscenza delle persone più care al di là di ciò che appare. Il lettore si trova coinvolto in un’indagine intorno alla verità e alle molte facce che essa può assumere a seconda di chi racconta un fatto o un’esperienza, perché la verità significa cose diverse per ciascuno a partire dal punto di vista da cui si osserva. Omri, il protagonista del primo racconto è sospettato di un crimine dopo aver fatto un viaggio in Bolivia durante il quale ha conosciuto una coppia in luna di miele che lo ha coinvolto in una dinamica relazionale ossessiva; nel secondo monologo, Caro, il sensibile uomo vedovo e affermato medico che racconta di sé, si avvicina in modo discutibile a Liat, una specializzanda che suscita in lui un desiderio ambiguo e strano a metà tra la passione e la protezione paterna, provocando così un’inevitabile ricaduta sulla sua rispettabilità; “Un uomo entra nel frutteto”, infine, è il nome del terzo racconto, che prende il nome da un famoso racconto talmudico – nel romanzo originale in lingua ebraica questo è il titolo dell’intero romanzo – , e racconta di Heli, una donna sospettata di avere a che fare con la sparizione del marito Ofer, scomparso in seguito ad una passeggiata che i coniugi fanno in un frutteto e dalla quale l’uomo non tornerà più indietro. I lunghi monologhi rappresentano il tentativo da parte dei personaggi di giustificare le proprie azioni e di oggettivare ciò che è accaduto nel loro passato: essi cercano strenuamente di raggiungere questo obiettivo sia parlando di sé in terza persona, sia scrivendo in forma di testimonianza per dare voce alla versione degli accadimenti che rappresenta il loro punto di vista sui fatti. Il lettore, travolto dall’energia delle confessioni e dalla suspence che intesse la trama del racconto proprio con il ritmo di un giallo, si sente ben presto investito del ruolo di giudice di fronte a dei personaggi che non possono fare altro che restituire il loro particolare punto d’osservazione, insinuando in chi legge, ma anche nella loro stessa coscienza, il dubbio e l’incertezza su ciò che realmente sia accaduto. La sensazione di precarietà e di insicurezza che si fa strada nell’animo dei personaggi è percepita dal lettore a tal punto da avvertire la necessità, irrealizzabile, di distaccarsi emotivamente e assumere uno sguardo il più possibile neutro ed imparziale sulle vicende, lasciando aperti infiniti interrogativi. Sono i personaggi stessi ad entrare in uno stato di incertezza ed ambiguità tali da dubitare delle proprie azioni e della propria innocenza, facendo così dell’instabilità la propria condizione interiore e la dimensione in cui la loro emotività è destinata a galleggiare in cerca di un equilibrio. La scrittura di Eshkol Nevo, fatta di infinite sfumature e vibrazioni, è capace di porre i suoi lettori di fronte ai grandi interrogativi che rendono l’umano vulnerabile e che lo inchiodano difronte ai sentimenti e ai quesiti esistenziali. Il lettore, una volta chiuso il libro, porterà a lungo con sé una domanda/riflessione fondamentale: quanto siamo disposti a credere a ciò che raccontiamo a noi stessi e agli altri per rendere meno incombente il peso dell’Essere e delle nostre scelte? La risposta non sarà mai univoca.

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