La qualità di vita dei cardiopatici congeniti adulti

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La qualità di vita dei cardiopatici congeniti adulti

A cura di ANMCO – Area Cardiologia Pediatrica e del Congenito Adulto e SICP

Luci ed ombre di una popolazione in continuo aumento

Grazie al progresso nel campo della diagnosi e della cura delle cardiopatie congenite (CHD) negli ultimi decenni, la popolazione di adulti con cardiopatia congenital (ACHD) è in continuo aumento ed oggi i pazienti adulti rappresentano circa il 60% della popolazione totale dei pazienti nati con una malformazione cardiaca. La diminuzione della mortalità e della morbilità nelle CHD ha regalato a questi pazienti decadi di vita a loro prima negate. Ma l’orizzonte della vita adulta per questi pazienti ha portato con se anche l’emergere di aspetti psicologici, sociali ed emotivi disfunzionali che prima non erano stati osservati. L’impatto della cardiopatia sulla vita dei malati è molto variabile e legata in parte alla complessità del difetto ed al percorso individuale di cura, ma anche a fattori personali e risorse emotive. La storia cardiaca personale e il modo in cui ogni individuo si relaziona con la crescita della propria condizione cardiaca, ha un profondo impatto sulla sfera neuropsicologica e comportamentale; infatti se gli sforzi iniziali nella gestione dell’ACHD erano tutti diretti ad aumentare la sopravvivenza, attualmente si riconosce l’importanza della qualità della vita (QoL) come parte del benessere individuale, inseparabile dalla salute fisiologica. Poiché i pazienti con ACHD soffrono di una condizione cronica e sono abituati a convivere con la loro malattia fin dall’infanzia, è spesso difficile scoprire durante un normale colloquio clinico una limitazione o un disagio con cui convivono sin dalla nascita. La salute mentale è un problema emergente nell’ACHD. È stato stimato che un terzo di questa popolazione soffra di ansia e/o depressione. Nella maggior parte dei casi la diagnosi clinica è difficile, poiché i pazienti non sono adeguatamente selezionati e intervistati da uno specialista in salute mentale e la maggior parte dei ricercatori si affida a sondaggi autosomministrati; tuttavia, sintomi coerenti con disturbi dell’umore sono riportati fino al 50% dei pazienti in alcuni studi. L’indubbia evidenza raccolta dall’esplorazione dello stato emotivo dell’ACHD è che i disturbi psicologici sono più comuni rispetto alla popolazione generale (48% contro 35,7%) e sono sotto-diagnosticati sotto-trattati. L’ansia nell’ACHD si manifesta spesso come “ansia focalizzata sul cuore”, descritta come “la paura degli stimoli e delle sensazioni cardiache basate sulle loro conseguenze negative percepite” I pazienti affetti esprimono frequenti preoccupazioni per sintomi cardiaci o problemi cardiaci, evitano situazioni e attività che temono possano causare problemi cardiaci, tendono a monitorare frequentemente i parametri cardiaci (es. controllando il battito cardiaco) e attuano comportamenti volti a prevenire un evento cardiaco negativo. Numerosi studi hanno dimostrato che lo stress mentale correlato alla salute aumenta con l’età nei pazienti con ACHD, poiché sorge la preoccupazione per future procedure invasive e la paura di un possibile peggioramento delle condizioni cardiache. Molti fattori possono essere collegati al disagio emotivo nell’ACHD, dall’istruzione, al lavoro, al sesso e all’età; la connessione e l’importanza relativa di questi aspetti sul benessere psicologico dei pazienti devono ancora essere completamente esplorate. Oltre a specialisti altri operatori sanitari come medici di base, infermieri specializzati, psicologi psicoterapeuti dovrebbero intervenire quando opportuno per affrontare al meglio i bisogni psicologici dei pazienti. L’approccio deve essere individualizzato e adattato alla conoscenza approfondita della storia clinica e del background psicosociale dei pazienti. Tuttavia, i risultati degli studi variano notevolmente, a volte con risultati inaspettati: pazienti con cardiopatie molto complesse talvolta riportato una QoL paragonabile a coetanei sani o a coetanei affetti da CHD semplice, quindi è possibile che lo stato funzionale possa essere più rilevante della complessità anatomica nell’influenzare la QoL, poiché ha un impatto diretto sulle prestazioni e sulle attività quotidiane. Il processo di transizione dall’età pediatrica all’età adulta è un periodo cruciale nella vita di questi pazienti e probabilmente influenza anche lo sviluppo futuro di disagi di natura comportamentale e psicologica. Pertanto dovrebbe essere gestito come un processo coordinato da un operatore sanitario di riferimento e da un equipe che comprenda sia il cardiologo pediatra sia quello dei congeniti adulti. È infatti durante l’adolescenza che si attraversa una crisi di passaggio che per i nostri pazienti può essere complicata dalla frequente iperprotezione da parte delle figure genitoriali che può inconsciamente ostacolare l’approdo verso l’età adulta e cioè la presa in carico della propria condizione e di ciò che comporta. Come comunità medica, questi pazienti ci impongono l’arduo compito di tutelarne la vita in tutte le sue declinazioni poiché l’obiettivo non è quello di curare un patologia congenita del cuore per superare il periodo neonatale o della prima infanzia, ma quello di assicurare ad un neonato con cardiopatia congenita una vita lunga, soddisfacente e ricca. Nuove malattie richiedono quindi nuove risorse ed è sempre più evidente che la cura di questi pazienti richiede l’intervento e il supporto di società scientifiche e di risorse cliniche dedicate multidisciplinari.

Swan Withe
Swan Withe, oro olimpico nell’half pipe a PyeongChang nel 2018, è un congenito adulto con tetralogia di Fallot

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