L’angolo di Braunwald

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L’angolo di Braunwald

Un editoriale di Braunwald riassume storia, fisiopatologia e implicazioni cliniche degli inibitori SGLT 2

Le glifozine hanno mostrato effetti cardiovascolari inattesi e insperati sull’outcome cardiovascolare

Il numero di Marzo di European Heart Journal contiene un breve editoriale di Eugene Braunwald. Il Grande Vecchio della Cardiologia racconta, in una sola pagina, la storia degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio. Ma non solo la storia. Braunwald riesce a condensare aneddotica, fisiopatologia e clinica in una sola, semplice pagina. Sono relativamente pochi i farmaci che hanno segnato una svolta epocale nella pratica clinica. Tra questi l’aspirina, la penicillina, le statine. Tutte e tre queste molecole hanno fruttato premi Nobel (a John Vane nel 1982 per l’acido acetilsalicilico; a Alexander Fleming nel 1945 per la scoperta della penicillina, a Brown e Goldstein per gli studi sul metabolismo del colesterolo LDL). Braunwald include gli inibitori SGLT2 tra i farmaci epocali. La loro storia inizia quasi 200 anni fa, nel 1835, quando la florizina viene isolata dalla corteccia dell’albero di melo e usata come antimalarico. Nel 1886 se ne scoprono gli effetti glicosurico e ipoglicemizzante. Nel 1962 viene dimostrata la capacità della florizina di inibire il riassorbimento del sodio e del glucosio a livello renale. Nel 1996 si arriva alla sintesi di analoghi della florizina somministrabili per via orale. Tra il 2012 e il 2015 le European Medicine Agency (EMA) e la Food and Drug Administration (FDA) approvano 3 inibitori dell’SGLT2: empaglifozin, canaglifozin e dapaglifozin. Una classe di farmaci, quella delle glifozine, che ha dimostrato effetti cardiovascolari imprevisti e insperati il cui impatto, scrive il Vecchio Eugene, è stato talmente dirompente e solido che si possono enunciare degli assiomi.

  1. Gli inibitori dell’SGLT2 non sono soltanto dei glicosurici ma, nel paziente con diabete e ridotta frazione di eiezione, rallentano lo sviluppo e la progressione di scompenso.
  2. Gli inibitori di SGLT2 migliorano l’outcome in pazienti con ridotta frazione di eiezione, indipendentemente dalla presenza o meno di diabete mellito.
  3. Gli inibitori di SGLT2 hanno dimostrato beneficio anche in pazienti con scompenso a frazione di eiezione preservata, indipendentemente dalla presenza o meno di diabete mellito.
  4. Gli inibitori di SGLT2 rallentano lo sviluppo di malattia renale terminale in pazienti affetti da malattia renale cronica. Un editoriale di Braunwald non deve essere commentato. Il mio compito è solo di segnalarlo e invitare alla sua lettura.

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