Intervista con una leggenda della Cardiologia

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Intervista con una leggenda della Cardiologia

Il Professore Valentin Fuster fonte d’ispirazione per i cardiologi di tutto il mondo parla della sua storia, della ricerca scientifica e del ruolo del Mentore


Breve biografia
Valentin Fuster, M.D., Ph.D., è Direttore de centro Mount Sinai Heart, Direttore del Mount Sinai Hospital, Direttore generale del Centro Nazionale per la Ricerca Cardiovascolare (CNIC) in Spagna. È stato Presidente dell’American Heart Association, Presidente della World Heart Federation, componente della National Academy of Medicine degli USA, Presidente del Programma di Formazione dell’American College of Cardiology. È stato Editor-in-Chief della rivista Nature Reviews in Cardiology ed è attualmente Editor-in-Chief del Journal of the American College of Cardiology. I suoi contributi scientifici possono essere sintetizzati nel suo H Index pari a 205 (Google Scholar) e nelle sue 35 lauree Honoris Causa. Il Prof. Fuster è l’unico cardiologo ad aver ricevuto i più alti premi per la ricerca dalle 4 associazioni cardiologiche più importanti: l’American Heart Association (Medaglia d’Oro e Premio per la Ricerc), l’American College of Cardiology (Leggenda Vivente e Premio alla Carriera), l’European Society of Cardiology (Medaglia d’Oro), e l’Interamerican Society of Cardiology (Premio alla Ricerca). Inoltre, nel 2014, il Re Juan Carlos I di Spagna gli ha concesso il titolo di Marchese per i suoi “straordinari ed incessanti sforzi nella ricerca e il suo lavoro di divulgazione educativa”.


Professore Fuster, per iniziare le vorrei chiedere di parlare un po’ della sua storia. I nostri lettori certamente la conoscono molto bene, ma sono anche interessati a sapere come mai si è dedicato alla medicina ed ha scelto il campo della cardiologia. Se non avesse fatto il medico, cosa farebbe oggi?

Ero molto portato nello sport e avrei voluto dedicarmi allo sport ma da subito ho capito che non avrei fatto nulla di particolarmente significativo in quel campo. Mi sono reso conto che la cosa che più mi piaceva era la natura, le cose spontanee, e non c’è nulla di più spontaneo della natura non manipolata. Dunque, avrei voluto fare degli studi nel campo dell’agricoltura ma allora a Barcellona non vi erano università che si occupavano di questo argomento e non c’era la cultura di lasciare la città di nascita per gli studi. Nonostante avessi una famiglia con tanti medici non era questo che pensavo di fare da grande. Giocando a tennis ho conosciuto un medico che mi inspirava molta fiducia ed è lui che mi ha convinto a studiare medicina a Barcellona. Poi questo stesso medico ha avuto un infarto all’età di 43-44 anni e nonostante fosse l’autore di un importante libro di medicina in lingua spagnola, mi ha confessato che l’unico campo della medicina che non conosceva a sufficienza era la cardiologia e mi ha spinto a studiare la cardiologia. Per cui sono diventato un cardiologo perché era un suo desiderio. Questo è il motivo per cui io credo così tanto nell’importanza del tutoraggio che nel mio caso ha avuto un impatto così evidente. Il ruolo di mentore di questo medico non finisce qui poiché, nel corso degli studi universitari, mi ha anche consigliato di frequentare durante i periodi estivi delle università differenti con l’obiettivo di studiare la scienza di base che a quei tempi era l’istopatologia e la microscopia elettronica. Per cui all’epoca dei Beatles sono andato a Liverpool ed ho frequentato un laboratorio. Un giorno il professore del laboratorio mi ha mostrato al microscopio elettronico un coagulo ricco di piastrine proveniente da un paziente morto per infarto. Mi è stato chiesto di fare una tesi e cercare di stabilire se quella fosse la causa o la conseguenza dell’infarto. Il messaggio è che nel momento in cui una persona è completamente persa e ha difronte un’altra persona di cui si fida completamente, la sua guida è sufficiente per lanciarsi nell’oceano. Questo per sottolineare l’importanza del tutoraggio e della fiducia all’inizio della carriera. Perché un mentore non deve essere qualcuno che ti dice cosa fare, ma è qualcuno di cui ti fidi fin dall’inizio.

Ora avrei una domanda a nome dei colleghi più giovani. Ad oggi, ben 35 università le hanno conferite la laurea “honoris causa” ed ha pubblicato oltre 1.000 articoli scientifici. Quale consiglio ha per i giovani cardiologi?

Qual è il suggerimento principale per realizzare una carriera soddisfacente come clinico o ricercatore? La prima cosa che voglio sottolineare è che, in un mondo in cui è difficile raggiungere il titolo di cardiologo, quanti sono diventati cardiologi devono già sentirsi fortunati. Quindi, innanzitutto, è importante essere consapevoli di quanto siamo fortunati. Poi la cosa più importante è la creatività, da questa nasce tutto ed è importante per lo sviluppo della società. Tra quanti studiano medicina e tra i giovani cardiologi c’è però l’errore comune di pensare che creatività significa scrivere articoli e fare ricerca. La creatività, invece, si può manifestare in diversi aspetti della vita. Ad esempio, ci può essere creatività nel campo dell’educazione. Nel mio caso la creatività è venuta spontaneamente. Io ho avuto la fortuna di nascere con una buona dose di curiosità ed ho focalizzato la mia curiosità nella scienza. La questione chiave è che tu devi sapere chi sei e qui, ancora una volta, viene in aiuto il tutoraggio. Se c’è qualcun altro che ti conosce questo può dirti chi sei e su cosa investire. Per cui è cruciale per i giovani avere un tutor che li conosca. Conoscere i propri talenti è il punto di partenza per identificare su cosa investire. È una questione non semplice e non si può affrontare da soli. Il mio mentore proprio all’inizio della mia carriera mi ha detto che avrei dovuto investire in una carriera universitaria. A ciascuno che sta iniziando la propria carriera io consiglio di essere creativo ma anche di essere sicuri di chi si è e di non andare al di là dei propri talenti. Spesso vediamo che l’ambizione porta a puntare su obiettivi artificiali ed alla fine a scontrarsi con la realtà. Bisogna essere ambiziosi in quei campi in cui si è padroni, che si conoscono bene e si sentono parte di sé. Questa è in pratica la mia carriera. Io ho solo investito in quello che sapevo fare. Tu hai riportato quanto ho fatto e scritto finora, ma per me è stato davvero naturale. Io ho solo investito in cosa ero in grado di fare.

Ora mi piacerebbe parlare con lei della ricerca. Come mai si è interessato alla ricerca? Ci può dire qual è il risultato di cui è più orgoglioso?

Innanzitutto, ho fatto ricerca perché sono nato con una buona dose di curiosità. Ci sono diversi modi per fare ricerca. Come ti ho detto la mia carriera è iniziata studiando dei trombi nelle coronarie. A partire dai trombi ho capito che questi si formavano a causa di anomalie della parete delle coronarie e questo è accaduto nel corso di studi fatti presso la Mayo Clinic. Così ho iniziato a realizzare che per parlare dei trombi bisogna parlare di quello che accade nelle pareti arteriose ed abbiamo sviluppato delle tecnologie di imaging, come la risonanza magnetica, per vedere le pareti arteriose in vivo. Per cui, dapprima ho iniziato a vedere le arterie nei reperti autoptici e poi le ho studiate in vivo. La mia attenzione è passata dunque dai trombi alle arterie e alle metodiche di imaging. A seguire ho capito che quello che accade nelle arterie è correlato con il comportamento degli individui e così sono passato dallo studio della malattia allo studio dello stato di salute e come prevenire la malattia. Le malattie cardiovascolari vanno al di là delle piastrine e del colesterolo, coinvolgono il comportamento umano. Ed ora mi occupo di 50.000 bambini. Ho iniziato con le piastrine ed ora ci stiamo occupando del processo educativo. Circa 10 anni fa ho fatto questo cambiamento significativo dallo studio della malattia allo studio della salute con l’impiego di tutte le moderne tecnologie di imaging attualmente disponibili, con l’obiettivo di comprendere la salute per prevenire le malattie.

Lei gestisce centri di ricerca di altissimo livello sulle due sponde dell’Atlantico. Ora, dunque, la sua ricerca su cosa è focalizzata?

Quello che sto facendo ora è studiare la salute da un punto di vista scientifico con le tecnologie più
moderne che usualmente vengono impiegate per lo studio delle malattie, l’obiettivo è studiare la fase più precoce delle malattie e la loro evoluzione. A tale scopo stiamo usando tecnologie come l’“imagenomica” che è la combinazione dell’imaging con la genomica in persone di mezza età (40-60 anni) o in persone più giovani. L’altro strumento che stiamo utilizzando nella ricerca è l’intelligenza artificiale. L’obiettivo è studiare tutto quello che si può comprendere di un individuo a partire dalle cellule circolanti, come i monociti, e poi condurre studi nei giovani per prevenire le malattie. Il passo successivo è educare i giovani sulla base di quanto si è appreso con la ricerca scientifica. Questo è precisamente il campo di ricerca cui mi sto dedicando attualmente.

Parlando di salute pubblica, potrebbe suggerire qualche strategia per promuovere la salute pubblica ed incrementare la consapevolezza dell’importanza della ricerca?

Rispondo a questa domanda riportando le 3 aree principali in cui siamo impegnati in questo momento. Stiamo focalizzando la nostra attenzione su tre gruppi di individui: le persone di età compresa tra i 60 e i 100 anni, le persone di età 40-60 anni, e il gruppo che include le persone dalla nascita ai 40 anni. Nel primo gruppo stiamo studiando il cervello, in altre parole la funzione cognitiva, un aspetto estremamente complicato. Con l’impiego di tecnologie innovative stiamo osservando che i fattori di rischio e le patologie che interessano le grandi arterie, le coronarie, le carotidi interessano anche i piccoli vasi del cervello e, quindi, possiamo affermare che gli stessi fattori di rischio dell’infarto del miocardio (scarsa attività fisica, fumo, dieta non sana) portano anche alla disfunzione cognitiva e alla demenza senile. Per il gruppo di individui tra i 40 e 60 anni la questione chiave cui vogliamo rispondere è: chi svilupperà una malattia cardiovascolare? Questa domanda sorge perché le malattie che interessano le arterie sono silenti nelle fasi iniziali di sviluppo. A tale scopo abbiamo messo in campo tecnologie di imaging avanzato, come l’eco3D, per vedere quale è la prevalenza dell’arteriopatia subclinica negli individui più giovani. Questo può portare a dire che qualcosa che noi finora definiamo normale, come un dato valore di colesterolo, è completamente anormale se osserviamo che è associato allo sviluppo di malattia subclinica. In effetti, quanto riportato dalle linee guida deriva dai reperti autoptici di infarto del miocardio e ictus, ma non ci sono dati che riportano cosa accade in maniera silente. Dato, questo, cruciale nel determinare cosa accadrà negli anni a seguire. I dati disponibili per gli individui più giovani sono ancora più scarsi. Le linee guida sulla prevenzione in genere sono indirizzate alla gestione degli individui di età > 40 anni e non tengono sufficientemente in considerazione che gli eventi futuri dipendono da quanto accade nei primi 40 anni (colesterolemia, pressione arteriosa etc.). Abbiamo, dunque, messo in campo dei progetti dedicati ai bambini. Io ho iniziato con Sesame Street il programma televisivo educativo per bambini tra i 3 e i 6 anni, in cui c’è il protagonista, il Dottor Ruster, che trae ispirazione proprio da me. Il programma televisivo rientra in un progetto educativo mirato a creare un ambiente culturale in cui la salute è la priorità. Attraverso la televisione, insegniamo quelli che sono dei comportamenti salutari a 50.000 bambini. Stiamo anche creando le “famiglie universitarie” un progetto in cui entriamo nelle famiglie con una serie di programmi educativi mirati a fare conoscere come funziona il corpo umano, quale è una dieta sana e l’esercizio fisico appropriato, come controllare le emozioni ed alla fine dell’anno consegniamo un diploma. Questo, dunque, è un modo per cambiare la cultura ed avere un impatto sulla salute pubblica in modo sostenibile. Questa è vera scienza applicata alla popolazione.

Prof. Fuster, lei è fonte d’ispirazione non solo per gli studenti ma anche per i cardiologi già formati. Mi domando, dunque, qual è la sua fonte d’ispirazione per continuare ad imparare, insegnare, e fare ricerca con lo stesso entusiasmo?

Innanzitutto, la creatività. Poi, quando vedi che puoi dare un contributo utile per la società questa è una motivazione che ti fa andare avanti. Voglio però sottolineare che la creatività non necessariamente deve essere impiegata per cambiare il mondo intero, può essere utile anche per cambiare la tua famiglia. In questo modo, hai comunque fatto qualcosa di importante.

Lei ci ha già sottolineato l’importanza del ruolo del mentore. Ma mi domando: qual è il modo migliore per essere un mentore? Lei ritiene che sia sufficiente condividere delle conoscenze ed essere un buon esempio o ci vuole qualcosa di più per essere un mentore di successo.

Innanzitutto, io faccio attenzione alle persone che bussano alla porta del mio studio e hanno piacere ad avere un mio consiglio. Non è il mentore che deve andare alla ricerca dei suoi allievi. Le persone
devono essere intraprendenti e chiedere un consiglio. Quello che un mentore può fare è creare un ambiente che motiva le persone e le spinga a bussare alla sua porta. Il tutoraggio è qualcosa che viene naturale, è una questione di chimica e di fiducia. Il mentore è qualcuno che si butta nell’oceano se deve farlo per la persona di cui è mentore. È una questione di dare ed avere che accade spontaneamente. Attualmente, uno dei problemi dei giovani cardiologi è che pensano di aver raggiunto tutto quello che volevano e che non hanno bisogno di nessun aiuto. Io alla mia età ho due mentori, non uno. In effetti, un altro grande errore è pensare che il tutoraggio serve solo ai giovani e che un adulto non ne abbia bisogno. Invece, con il passare degli anni la vita diventa sempre più complessa e hai sempre più bisogno di persone che ti aiutino e che ti dicano cosa fai bene ed in cosa sbagli. Il miglior mentore e colui che pone l’attenzione su cosa sbagli e prova a dirti quale è la direzione giusta.

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