Il paradosso dell’attività fisica. Ovvero: dimmi che lavoro fai e ti dirò i tuoi MACE

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Il paradosso dell’attività fisica. Ovvero: dimmi che lavoro fai e ti dirò i tuoi MACE

L’attività lavorativa strenua, di tipo isometrico, e prolungata, aumenta l’incidenza dei MACE e la mortalità globale

Fa un po’ di attività fisica durante le sue giornate, Signor Rossi?” “Sì Dottore, a lavoro non sto fermo un attimo!”.
È uno scambio di battute frequente nel corso della visita coi nostri pazienti. La questione è: che impatto ha l’attività fisica svolta nel tempo libero e quella svolta durante l’orario lavorativo? Questa differenza ha impatto sulla mortalità totale e sugli eventi cardiovascolari maggiori? A tal proposito, alcuni Autori danesi pubblicano su European Heart Journal un ampio registro, comprendente più di 100.000 individui, di età compresa tra 20 e 100 anni, seguiti per 10 anni.
Risultato secco: 1) l’esercizio fisico svolto nel tempo libero riduce del 15% l’incidenza di MACE e del 40% la mortalità totale; 2) l’attività fisica lavorativa strenua aumenta i MACE del 35% e la mortalità totale del 27%.
Una critica che spesso viene mossa ai registri è che il risultato non proviene da un processo di randomizzazione. Vero. Ma nel registro la popolazione in studio è reale, non è filtrata da criteri di inclusione e di preselezione. “Semplicemente” si prende nota dei fatti che accadono. Vediamo ora più nel dettaglio che cosa hanno osservato Holtermann e Colleghi. Il questionario somministrato alla popolazione in studio classificava l’attività fisica lavorativa in quattro categorie: sedentaria, in piedi con occasionali camminate, frequenti camminate veloci, lavoro isometrico pesante. L’esercizio fisico svolto durante il tempo libero era invece così categorizzato: meno di due ore di movimento a settimana, attività fisica leggera moderata per 2-4 ore settimanali, esercizio fisico moderato per più di 4 ore a settimana, esercizio vigoroso per più di 4 ore a settimana.
Il tempo di percorrenza al e dal posto di lavoro era considerato esercizio fisico svolto durante il tempo libero. Ne emerge uno spaccato della società danese. Si ha la sensazione di leggere un lavoro di antropologia. Gli individui che svolgono poca attività fisica ricreativa sono più spesso fumatori, obesi, diabetici, BPCO, con basso reddito familiare e bassa aderenza ai consigli dietetici.
Di conseguenza, i soggetti a maggior rischio MACE e mortalità sono più frequentemente di sesso maschile, fumatori, obesi, con grado di istruzione inferiore, reddito inferiore, maggior consumo di alcolici e minore aderenza alle norme dietetiche. Ma perché il carpentiere che utilizza attivamente i muscoli per 8 ore al giorno è a rischio maggiore di MACE e mortalità rispetto al professore universitario che riesce a ritagliarsi del tempo per la corsetta quotidiana?
Ecco le ipotesi principali messe in campo dagli Autori:
1) l’attività fisica ricreativa è spesso costituita da esercizio dinamico, aerobico, con effetti favorevoli sul metabolismo cardiorespiratorio e sulla pressione arteriosa;
2) al contrario, il lavoro che comporta sforzi isometrici prolungati si associa ad incrementi repentini e ripetuti della pressione arteriosa e ad aumento stabile dei livelli di proteina C reattiva (marker di infiammazione sistemica).
Ci si può chiedere: perché mai un lavoro simile è stato pubblicato su European Heart Journal e non su una sperduta rivista di epidemiologia?
Anzitutto perché la metodologia adottata, rigorosa, ha permesso di trarre delle conclusioni sulla popolazione danese. I partecipanti di discendenza danese (unico prerequisito per l’inclusione, insieme all’età uguale o superiore a 20 anni), registrati al Danish Central Registration Number, sono stati scelti in maniera randomizzata da tutta l’area metropolitana di Copenaghen. Il campione è stato ampio e seguito per un periodo adeguato. Infine, in letteratura non risultano linee guida che differenzino l’esercizio fisico svolto durante le ore lavorative da quello ricreativo. Se il paradosso dell’attività fisica risultasse veritiero (cioè chi, per lavoro, svolge esercizio pesante e prolungato muore di più rispetto a chi fa un lavoro sedentario ma dedica del tempo, anche poco, all’attività fisica ricreativa), i dati danesi possono contribuire a ideare degli interventi preventivi su quella ampia fascia della popolazione con alto livello di attività fisica occupazionale e basso livello di attività fisica ricreativa. Un modo molto semplice per fare attività fisica ricreativa è andare a lavoro a piedi o in bici, oppure parcheggiare l’auto a una certa distanza dal posto di lavoro e percorrere il restante tragitto a piedi. Consigliamolo ai nostri pazienti e facciamolo noi stessi. È gratuito e funziona.

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