I pazienti con distrofie muscolari necessitano di una scrupolosa valutazione diagnostica e di un attento monitoraggio clinico-strumentale per l’identificazione precoce dei soggetti ad elevato rischio di morte improvvisa
Aritmie e rischio di morte improvvisa nella Distrofia di Steinert
La distrofia miotonica di tipo 1 o di Steinert (DM1), descritta per la prima volta da Steinert nel 1909, è la forma più frequente di distrofia muscolare dell’età adulta ed è caratterizzata da un interessamento multisistemico a carico della muscolatura scheletrica e degli apparati cardiaco, oculare, endocrino, gastrointestinale e del sistema nervoso centrale (SNC). La gravità delle manifestazioni cliniche è molto variabile da individuo a individuo così come l’interessamento dei diversi organi. Il coinvolgimento del muscolo è quasi sempre presente e si manifesta principalmente con sintomi quali la debolezza muscolare in particolare a carico dei muscoli distali degli arti (avambraccio, mano, gamba, piede) e del volto, nonché dal fenomeno miotonico da cui prende il nome: con questa espressione si intende una difficoltà a rilasciare i muscoli dopo averli contratti, per esempio ad aprire gli occhi dopo averli chiusi o a posare un oggetto dopo averlo afferrato.
L’esame istologico di biopsie muscolari DM 1 rivela generalmente un’atrofia delle fibre di tipo 1 e ipertrofia delle fibre di tipo 2. La prevalenza della DM1 in molte popolazioni è approssimativamente di 1:8000 ed ha un’incidenza maggiore in alcuni paesi come l’America, Nord Europa, la Germania e più bassa in altri, come il Regno Unito1-2. L’età di esordio della malattia è in genere tra i 15 e i 30 anni, ma c’è grande variabilità nel quadro clinico: si passa da forme congenite, di solito in neonati figli di madri affette, a forme lievi quasi del tutto asintomatiche. Di solito la malattia è tanto più grave quanto più si manifesta precocemente. La DM1 è trasmessa con modalità autosomica dominante ed è causata dall’espansione della ripetizione della tripletta CTG nella regione 3’ non tradotta del gene myotonic dystrophy protein kinase (DMPK) che si trova sul braccio lungo del cromosoma 19 nel locus 19q13.32.
Le espansioni ripetute fino a 37 volte sono ritenute normali; nella malattia di Steinert vi è un aumento del numero di ripetizioni che può arrivare anche fino ad alcune migliaia e tanto più è grande l’espansione tanto più grave e precoce è il fenotipo clinico. All’interno della stessa famiglia, il numero di ripetizioni può aumentare di generazione in generazione e i figli dei soggetti affetti tendono a manifestare la malattia più precocemente e in forma più grave rispetto ai genitori, caratteristica che prende il nome di fenomeno dell’anticipazione.
La prima descrizione del coinvolgimento cardiaco associato a distrofia muscolare risale al 1836, ad opera di Gaetano Conte, un medico napoletano dell’Ospedale Santa Maria del Popolo degli Incurabili che, ben 73 anni prima della descrizione della malattia da parte di Steinert, pubblicò sulla rivista “Annali degli Incurabili”, il caso di 2 fratelli affetti da miopatia pseudoipertrofica, uno dei quali deceduto con “segni di ipertrofia del cuore”3.
Successivamente, negli anni ‘60, fu descritta per la prima volta la compromissione cardiaca nella Distrofia miotonica di Steinert. La DMT1 coinvolge il cuore nel 60-80% dei casi ed il danno miocardico si instaura, in analogia a quanto si verifica nel muscolo scheletrico, per progressiva sostituzione dei cardiomiociti con infiltrazione adiposa e fibrosi che colpisce soprattutto il tessuto di conduzione e meno frequentemente le cellule atriali e ventricolari con progressiva disfunzione sistodiastolica (solo il 10-15% dei pazienti presenta disfunzione ventricolare sinistra sintomatica).
Il fenotipo cardiaco è complesso e si associa ad un rischio circa tre volte maggiore di morte cardiaca improvvisa rispetto ai soggetti sani di pari età. L’insufficienza respiratoria neuromuscolare progressiva è responsabile della maggior parte dei decessi mentre la morte cardiaca improvvisa ne rappresenta la seconda causa ed avviene in circa un terzo dei pazienti affetti da DM14-5.
Secondo alcuni autori la presenza di disturbi di conduzione come il blocco atrioventricolare di grado I ed una diagnosi clinica di tachiaritmia atriale costituirebbero dei fattori predittori indipendenti di morte improvvisa6. La fibrosi miocardica è stata identificata durante autopsie di pazienti con distrofia muscolare tipo 1 insieme ad infiltrazione adiposa, ipertrofia e degenerazione dei miociti. Questi risultati sono simili alle osservazioni nelle autopsie del miocardio di altre cardiomiopatie non ischemiche7-10.
La fibrosi miocardica potrebbe non solo spiegare le anomalie nel sistema di conduzione ma rappresenterebbe anche il substrato per le aritmie sopraventricolari e ventricolari. Inoltre, potrebbe avere un ruolo centrale nello sviluppo della disfunzione sistolica. In considerazione dell’alta incidenza di coinvolgimento del sistema di conduzione è stato dapprima ipotizzato che la MI fosse causata da blocco atrioventricolare (BAV); tuttavia osservazioni in pazienti con DMT1 e pacemaker (PM) hanno suggerito un’elevata incidenza di tachicardia/fibrillazione ventricolare (TV/FV)11, per cui ogni volta che si pone indicazione ad un PM si dovrebbe valutare attentamente se utilizzare piuttosto un ICD, come supportato anche dalle linee guida in caso di aritmie ventricolari spontanee o inducibili anche quando la funzione cardiaca sia conservata (IIb, LOE B); le indicazioni all’impianto di ICD in prevenzione primaria sono invece sovrapponibili alle altre forme di cardiomiopatia dilatativa non ischemica12.
Data la presenza di disturbi di conduzione, è sconsigliato in questo tipo di pazienti l’utilizzo degli antiaritmici di classe IC dato il loro effetto inotropo negativo13. Appare invece più sicuro l’utilizzo dei farmaci di classe III (amiodarone ed ibutilide) ed un recente studio ha inoltre dimostrato che la mexiletina (classe Ib), usata per ridurre la miotonia, è sicura nei pazienti con distrofia miotonica di tipo 1 e non aumenta l’incidenza di bradi aritmie14. Il coinvolgimento cardiaco, rappresenta una problematica comune dei pazienti affetti da distrofie muscolari.
Oggi è possibile una gestione più sicura della patologia cardiaca con conseguente incremento dell’aspettativa e della qualità di vita dei pazienti. Sono necessarie procedure di screening per la diagnosi precoce del coinvolgimento cardiaco subclinico e per identificare i pazienti ad alto rischio di morte cardiaca improvvisa. È necessario che tutti i pazienti affetti da Distrofia Muscolare tipo 1 si sottopongano presso centri di riferimento specializzati ad una valutazione ad opera di un team multidisciplinare che comprenda sempre la figura del Cardiologo con esperienza in aritmologia clinica ed elettrofisiologia. La frequenza delle valutazioni (annuale o più frequente) è guidata dal giudizio clinico e dalla conoscenza della storia naturale di malattia. Vanno considerate nella valutazione visita cardioaritmologica, elettrocardiogramma a 12 derivazioni, ecocardiogramma bidimensionale, elettrocardiogramma dinamico sec. Holter 24h, risonanza magnetica ed in casi selezionati valutazione invasiva con studio elettrofisiologico endocavitario per la stratificazione del rischio aritmico di morte improvvisa15.
I pazienti con distrofie muscolari necessitano infatti di una scrupolosa valutazione diagnostica e di un attento monitoraggio clinico-strumentale per l’identificazione precoce dei soggetti ad elevato rischio di morte improvvisa, che potrebbero beneficiare di impianto precoce di pacemaker o defibrillatore.
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