Un anno di “COGITO ERGO SUM”

Il dubbio come metodo, tra pensiero critico e medicina basata sull’evidenza. È stato questo illeitmotiv della rubrica “COGITO ERGO SUM” a cura dell’Area Management&Qualità dell’ANMCO, una rubrica di successo in cui attraverso interviste a molti opinion leader nazionali ed internazionali, sono stati affrontati in maniera critica le raccomandazioni delle linee guida e le evidenze derivanti dai risultati dei principali trials clinici. L’obiettivo è stato quello di poter meglio contestualizzare le evidenze scientifiche in una visione olistica delle nostre conoscenze cercando di “traslare” tali evidenze e linee di indirizzo nella pratica clinica affrontando il problema dei gap conoscitivi e gestionali/ organizzativi tra linee guida e mondo reale. Tanti i temi rilevanti trattati, dall’evoluzione stessa del concettodi medicina basata sull’evidenza allo sviluppo di nuove metodologie di ricerca clinica, dalle linee guida sulle sindromi coronariche acute e croniche alle novità in tema di gestione farmacologica e non dello scompenso cardiaco, all’importanza delle classificazioni e della semantica in cardiologia. Ed ancora è stato affrontato il tema quanto mai attuale delle luci ed ombre sull’impiego dei sistemi di supporto meccanico di circolo nella gestione multimodale del paziente in shock cardiogeno, dell’approccio integrato allo storm aritmico, del ruolo della genetica e dell’imaging in ambito cardiovascolare tra presente e futuro, dell’applicazione dell’intelligenza artificiale in cardiologia con le sue sfide ed opportunità.

Tulle le interviste, pubblicate con cadenza mensile, spesso hanno visto coinvolti anche i Chairperson delle altre Aree dell’ANMCO per ambito di interesse e sono tutte disponibili sul sito dell’ANMCO (Figura 1). Sperando di fare cosa gradita a tutti i lettori di “Cardiologia negli Ospedali” proponiamo in questo numero in versione integrale l’intervista al Professor Gianfranco Sinagra, Direttore del Dipartimento Cardio- Toraco-Vascolare dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina di Triste, sul management dei pazienti con cardiomiopatie e miocarditi (Figura 2).
D. Professore, la risonanza magnetica cardiaca è ormai considerata un esame imprescindibile nella valutazione di una sospetta miocardiopatia anche grazie alla maggiore diffusione nei nostri ospedali: ma dobbiamo davvero farla sempre a tutti?
R. Sì. Il dettaglio morfofunzionale e tissutale che la risonanza magnetica fornisce ha un sicuro valore aggiunto per la diagnosi, la terapia ed il follow up delle cardiomiopatie. Esiste un problema di accessibilità che ci deve rendere appropriati nel porre le indicazioni. L’ecocardiografia accurata, avanzata, ragionata, criticamente approcciata, integrata con metodo poliparametrico e deduttivo all’ECG, costituiscono al giorno d’oggi un eccellente serbatoio d’informazioni e deve fare da filtro per la massima appropriatezza e migliore prioritarizzazione dei pazienti da sottoporre ad ulteriore esame mediante risonanza. Purtroppo in queste patologie, ed in particolare nei fenotipi con disfunzione sistolica o cicatrice e mutazioni patogene, specie nel contesto di genotipi prognosticamente gravi come quelli in cui sono coinvolte mutazioni patogene della filamina, lamina, fosfolambano, RBM20, TMEM, desmina, la negatività dello screening di primo livello nei familiari non esclude che il tessuto possa essere alterato e ciò indica l’opportunità di procedere con l’esecuzione di una risonanza magnetica cardiaca anche nel familiare portatore, apparentemente sano. Dobbiamo essere più esigenti sui dettagli informativi che una risonanza magnetica deve fornirci: sequenze mapping, estensione, localizzazione e sede delle cicatrici in sequenze postgadolinio.
D. L’esame genetico: non è così semplice ottimizzare l’indicazione in base alle risorse disponibili. Possiamo consideralo un esame stratificatore del rischio aritmico?
R. In questo contesto di patologie andiamo verso una genotipizzazione estensiva. L’aggregazione in cluster familiari noti accresce tale esigenza. Anche alcuni scenari come le miocarditi con esiti aritmogeni o le cosiddette hot phases cardiomyopathies (rilasci troponinici ricorrenti associati o meno a dolore toracico, spesso senza flogosi sistemica) potrebbero evocare il sospetto di un disordine genetico sottostante anche quando il primo innesco sembrava classicamente miocarditico (dolore toracico, rialzo di PCR, troponina). La genetica, in valutazione multiparametrica caratterizza utilmente il fenotipo con ipocinesia e/o cicatrice, con o senza dilatazione e può contribuire ad orientare le scelte come l’approccio al rischio aritmico con impianto di defibrillatore. I nostri classici riferimenti basati sull’entità della dilatazione e disfunzione vanno rimodulati. Detto ciò va sottolineato che in oltre il 50-ł0% dei casi, pur sottoposti a genotipizzazione, baseremo la nostra stratificazione in assenza di mutazioni patogene accertate e ciò rimanda a fattori come la familiarità per morte improvvisa, la sintomaticità per sincopi negli ultimi ł mesi, la morfologia del Ventricolo destro, la presenza di cicatrice alla risonanza, la funzione ventricolare sinistra e destra, il burden aritmico. Per tutti i fenotipi di cardiomiopatia la genetica ha peraltro la capacità di orientare lo screening familiare, con tutte le eventuali misure conseguenti. Il tema del significato e possibile riclassificazione delle Varianti di Incerto Significato (VUS) e le prospettive del cosiddetto Score di Rischio Poligenico richiederanno attenzione ed ulteriori studi futuri.
D. Si inizia a parlare di rete delle miocardiopatie: può avere un senso istituirla e che obiettivo deve porsi? Come ovviare al gap esistente in termini di expertise tra i diversi Centri nel trattamento di un paziente (giovane) con recente diagnosi di cardiomiopatia, specie nella decisione di impiantare un defibrillatore indipendentemente dalla frazione di eiezione?
R. Le reti aggregano ed integrano centri, professionisti ed esperienze e consentono di colmare in maniera strutturata livelli di autonomia diagnostica diversa ed esperienza di gestione di malattie così complesse. Devono essere ben strutturate e monitorate. Non devono essere esperienze episodiche e devono tradursi sperabilmente in Registri di Patologia. Devono restituire periodicamente informazioni, avere carattere inclusivo, sviluppo orizzontale e non verticistico. Non devono esautorare il ruolo di chi è prossimo al malato. Devono migliorare l’accessibilità a metodiche diagnostiche in particolare i test di imaging avanzato, la biopsia endomiocardica e la genotipizzazione. Devono costituire un contesto armonico di confronto sui casi controversi. Le Reti sono uno strumento fondamentale per la ricerca collaborativa ed il progresso delle conoscenze. L’esperienza partita nel 2023-2024 con la Rete dell’Amiloidosi Cardiaca si sta rivelando fortemente aggregante e produttiva. Analoghe considerazioni valgono per la Rete Lombarda sulle Malattie infiammatorie del Miocardio, le Malattie Rare, il Fabry, le Canalopatie etc.

D. Indicazioni alla biopsia endomiocardica nella miocardite acuta: come bilanciare rischio- beneficio e perché non trattare, nel dubbio, con corticosteroidi?
R. Con le rare eccezioni delle miocarditi in shock cardiogeno o storm aritmico, con segni di attivazione flogistica ed in assenza di foci settici nelle quali vi può essere uno spazio per i boli di steroide ev, riserverei la terapia steroidea solo ai casi di miocardite biopticamente accertata e virus negativa complicata da disfunzione ventricolare significativa o aritmie ventricolari maggiori. Il documento SIC-ANMCO pubblicato nel 2020 sul Giornale Italiano di Cardiologia, mantiene una sua validità e ci si augura che le prossime linee guida ESC 2025 possano dare un ulteriore contributo per ottimizzare la gestione di questi pazienti.
D. Professore, ci può dare l’indicazione se e quando centralizzare un paziente con esordio di scompenso cardiaco acuto per biopsia?
R. Quando lo scompenso cardiaco richiede supporti farmacologici ev, supporti meccanici o quando il grado di instabilità elettrica ventricolare o i disturbi di conduzione siano maggiori e/o associati a disfunzione ventricolare.Il fattore tempo in questi scenari è cruciale, non solo per la biopsia ma anche nella prospettiva di supporti avanzati all’assistenza ventricolare. In fase post acuta anche una disfunzione ventricolare che persista in terapia convenzionale o il sospetto di forme complesse come la sarcoidosi o le miocarditi ipereosinofiliche o i disturbi di conduzione con disfunzione, andrebbero discusse e centralizzate per biopsia. Parliamo comunque realisticamente di meno del 10-20% dei casi osservati di miocardite o perimiocardite.
D. Ruolo del Life-Vest nelle miocarditi fulminanti/acute con fenotipo aritmico in fase attiva di malattia.
R. In analogia al modello della FV primaria dell’ischemia acuta anche la fase flogistica florida di una miocardite può associarsi ad instabilità elettrica maggiore (in genere TV polimorfe/FV), senza che ciò crei necessariamente le premesse per recidive successive. Molti defibrillatori in questo contesto sono destinati a non reintercettare aritmie una volta spenta la fase acuta, specie quando biopsia e risonanza magnetica suggeriscano l’assenza di rilevanti cicatrici come esito dell’evento miocarditico. L’esordio aritmico maggiore o le aritmie maggiori benchè asintomatiche, associate a disfunzione ventricolare possono pertanto costituire in casi selezionati indicazioni all’impianto di un Life-Vest con lo scopo di ponderare al meglio le decisioni sull’impianto definitivo di un defibrillatore, anche sulla base dell’evoluzione seriata degli esami di risonanza al follow-up di questi pazienti e se previsto in base al risultato della biopsia endomiocardica. Parliamo presumibilmente di meno del 5-10% dei casi di miocardite e perimiocardite. Aldilà del profilo aritmico in acuto, rimane tuttavia importante il follow up dei pazienti con miocardite che abbiano strutturato un substrato fibrotico residuo, anche in assenza di burden aritmico significativo e/o disfunzione ventricolare significativa. È stato un vero privilegio poter conoscere il punto di vista di uno dei più autorevoli esperti dell’argomento, che ci ha aiutato a far luce su diverse zone d’ombra relative al management dei pazienti con cardiomiopatie e miocarditi, in cui ciascun clinico è chiamato a scegliere nell’esercizio della propria professione tra rispetto della medicina basata sull’evidenza e capacità di appropriatezza diagnostico-prescrittiva e personalizzazione delle cure. È stato questo lo spirito che ha animato ogni intervista della Rubrica “COGITO ERGO SUM”, e abbiamo già in serbo, per tutti coloro che lo vorranno, molti altri appuntamenti in cui dialogando con altri autorevoli esperti continueremo ad affrontare altri temi d’interesse per tutti noi cardiologi per cercare di implementare le nostre conoscenze e tradurle in una migliore gestione clinica dei nostri pazienti cardiologici, senza perdere mai un giudizio critico ed una visione di insieme. Continuate a seguire “COGITO ERGO SUM” sul Sito dell’ANMCO! ♥