Come gestire l’improvvisa accelerazione dell’e-health dopo la pandemia

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Come gestire l’improvvisa accelerazione dell’e-health dopo la pandemia

Gli ultimi anni dello scorso decennio sono stati caratterizzati dallo sviluppo dell’e-health che, come spiega Martin Cowie, chairperson dell’ESC Digital Health Committee, riguarda tanti ambiti diversi,   dalla telemedicina, caratterizzata dalla gestione dei pazienti da remoto attraverso televisita, teleconsulto o monitoraggio da device impiantabili, alla diffusione degli EHR (electronic health records), dai big-data, che sono alla base dello sviluppo dell’intelligenza artificiale, alla mobile-health con la proliferazione dei cosiddetti wearable s.
La scelta del comitato organizzatore del congresso ANMCO 2021 non poteva essere più azzeccata: infatti siamo al centro della e-health revolution. Solo due anni fa, in quel 2019 che oggi ci sembra distante anni luce, il Working Group ESC sull’e-cardiology aveva elaborato un position paper in cui esprimeva più preoccupazioni che entusiasmi lamentando la mancanza di una legislazione europea che esplorasse gli aspetti medico-legali e assicurativi, la mancanza di un’adeguata validazione scientifica di molte delle nuove applicazioni proposte dall’industria e una diffusa diffidenza da parte di medici, pazienti e stakeholders.
Come sappiamo, con l’avvento della pandemia, nel biennio 2020-2021 tutto è cambiato. Specialmente nei primi mesi, quando è stato adottato un lockdown severo e i rapporti interpersonali sono stati ridotti al minimo le opportunità offerte dalla tecnologia hanno cominciato a guadagnare terreno. Inizialmente i contatti sono stati tenuti con le chiamate telefoniche, ma presto sono stati implementati i messaggi via mail o WhatsApp, le video chiamate e, nelle aree più avanzate, sono state messe a disposizione piattaforme dedicate per la televisita (medico-paziente) e il teleconsulto (medico-medico o tra infermieri). Contestualmente la burocrazia è stata snellita, con la diffusione della ricetta dematerializzata e la proroga dei Piani Terapeutici ed è stato implementato l’uso del Fascicolo Sanitario Elettronico e della Cartella Elettronica. A livello di Unione Europea un contributo fondamentale è stato dato dalla nuova definizione dell’identità personale, che include quella digitale, e da un documento del 2021 che ha normato la diffusione dei wearables. Lo scenario che si è aperto è molto interessante: molte barriere, sia psicologiche che normative, sono cadute e la gestione da remoto, diventata una realtà, oggi permette un accesso più facile al sistema sanitario soprattutto ai pazienti anziani, a quelli che hanno difficoltà di trasporto o che abitano in aree disagiate o in struttura.
Una novità sconvolgente con cui deve confrontare il mondo sanitario riguarda i massicci investimenti nello sviluppo di dispositivi (o cosidetti “wearables”), attualmente circa 500000, che non sono prescritti dal medico, ma che il cittadino si trova a disposizione nell’ambito di prodotti acquistati per altre finalità, come un telefonino o un orologio. Questi dispositivi sono in grado di tracciare la posizione di oggetti e, se indossati, permettono il monitoraggio di una serie di parametri fisiologici, utili sia nel soggetto sano che nel paziente. In questo ambito la frontiera più recente è rappresentata dallo sviluppo dei nuovi sensori contactless, che non hanno bisogno del contatto fisico con il paziente per trasmettere i dati. Il grande vantaggio di queste tecnologie è la maggiore responsabilizzazione del paziente nella gestione della sua salute, favorendo il cosiddetto “engagement”, che cambia la prospettiva assegnando al paziente un ruolo proattivo nel monitoraggio e nella gestione della sua salute. Il rischio è quello che una diffusione non controllata di sistemi non validati scientificamente possa condurre a forme pericolose di medicina fai-da-te con conseguenti fenomeni di overdiagnosis ed overtreatment.
In questo scenario la priorità delle Società Scientifiche è quella di riprendere in mano la situazione, rivendicando il loro ruolo nell’identificazione dei sistemi validati, che possono essere considerati dispositivi medici, e nello sviluppo di nuovi filoni di ricerca finalizzati a verificare quali tools e in quali contesti clinici possono modificare la prognosi, dato che finora i RCTs su programmi di e-health hanno dato molte delusioni. Al fine di sistematizzare lo stato delle nostre conoscenze nel 2021 l’ESC ha pubblicato due Position Paper. Il primo, realizzato con la collaborazione dell’EHRA, riguarda il ruolo dell’m-health nella ricerca delle aritmie, resosi necessario dopo lo sviluppo tumultuoso dei sistemi per la rilevazione della fibrillazione atriale, mentre il secondo, realizzato in collaborazione con EHRA, EACP e ACNAP, fa il punto sulle wearable s technologies, con particolare riferimento ai sistemi per la rilevazione dell’ECG e dell’”activity tracking”, che sono gli indicatori con le maggiori evidenze sulla loro utilità. In conclusione, con l’avvento della pandemia, l’e-health ha conosciuto un’improvvisa e brusca accelerazione, ormai irreversibile, che ci ha portati nell’epicentro della rivoluzione digitale, che attualmente si sta sviluppando su tre livelli: uno più elementare, che sta cambiando la nostra pratica clinica,  attraverso l’implementazione della televisita, del teleconsulto e la diffusione dei sistemi di registrazione elettronica dei dati, un livello intermedio, per innovazione e complessità, caratterizzato dallo sviluppo dei weareables e più recentemente dei sensori contactless, infine un terzo livello, di complessità superiore,  che riguarda la gestione delle grandi banche dati prodotte dai weareables, o big-data, che, attraverso un processo machine learning, sono in grado di generare nuove ipotesi di ricerca, attraverso l’identificazione di relazioni non previste, e condurre allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

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