Promuovere conoscenza, favorire la formazione di giovani meritevoli e sviluppare la ricerca nel campo della cardiologia molecolare
“Raccomando di impiegare per le attività ed i progetti di ricerca, assistenza e formazione dei giovani istituendo anche borse di studio per i più meritevoli fra questi”. Attilio Maseri, il Cardiologo di fama internazionale che ha operato ed insegnato a Pisa, Londra, Roma e Milano, ha dato un messaggio chiaro nel suo testamento per l’impiego del suo patrimonio: promuovere conoscenza e sapere universale, favorire la formazione di giovani meritevoli e sviluppare la ricerca nel campo della cardiologia molecolare mediante attività da svolgersi presso le Cardiologie delle 2 Aziende Ospedaliere-Universitarie di Trieste ed Udine attraverso il supporto del 50% del patrimonio della famiglia Florio-Maseri.
Nativo di Udine, il prof. Maseri si laureò a Padova nel 1960 e si trasferì subito dopo a Pisa, dove conseguì le specializzazioni in Cardiologia (1963) e Medicina Nucleare (1968). In quello stesso periodo lavorò come Research Fellow presso la Columbia University (1965) e la Johns Hopkins University (1966) negli Stati Uniti. A Pisa fù capo del gruppo di ricerca in ambito coronarico dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr diretto dal prof. Luigi Donato. Nel 1979 diventò professore di medicina cardiovascolare presso la Royal Postgraduate Medical School dell’Università di Londra e Direttore della Cardiologia nel prestigioso Hammersmith Hospital.
Incontrai il prof. Maseri nella prima metà degli anni ‘90, avevo meno di 30 anni, nell’ambito di un concorso universitario. Fu un’esperienza particolare di incontro e confronto con una personalità di profilo altissimo che aveva già segnato la storia del progresso delle conoscenze con importanti studi sulla fisiopatologia del circolo coronarico e sul ruolo dell’infiammazione nelle sindromi coronariche. In quegli anni mi formavo intensamente a Trieste sotto la guida di un altro gigante della Cardiologia, il prof. Fulvio Camerini, clinico e scienziato di fama internazionale. Rincontrai Maseri all’inizio degli anni 2000 per un progetto del Ministero della Salute presentato dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Il Progetto avveniristico riguardava il rimodellamento ventricolare nel post infarto e si collocava in un’area di confine fra immunologia, medicina rigenerativa e ruolo dell’infiammazione. Lo incontrai al San Raffaele dove con il suo contributo vennero realizzati laboratori avanzati di ricerca cardiovascolare. Da quell’esperienza scaturirono alcune osservazioni interessanti che pubblicammo sul coinvolgimento ed espressione distrettuale della malattia aterosclerotica e sul ruolo dell’infiammazione epicardica. Fu nostro ospite in alcuni eventi congressuali e colpiva il tratto signorile, la consolidata esperienza scientifica, la cultura vasta, il rigore metodologico. Era solito ricordare i limiti della trialistica e la necessità di guardare con occhi nuovi e scevri da dogmi agli estremi, al molto piccolo per comprendere i meccanismi delle malattie e per identificare terapie efficaci nell’ambito di sottogruppi da caratterizzare con accuratezza. Erano gli anni nei quali Maseri sperava di spingere la ricerca denominata GISSI outliers. Ricerca difficilissima che richiederebbe il respiro e la determinazione di una vita. Intanto Maseri era venuto a conoscenza dei nostri studi sulla genetica delle Cardiomiopatie, condotti insieme a Luisa Mestroni dell’Università di Denver in Colorado, e sulla rigenerazione miocardica, condotti con Mauro Giacca presso ICGEB e Scuola Sant’Anna Pisa. Contemporaneamente alcune persone a lui vicine erano state curate e seguite a Trieste e credo che lui apprezzasse molto il nostro sforzo di coniugare cure avanzate, attenzione umana, presa in carico, spirito critico, ricerca fortemente integrata con la clinica ed impegno nella formazione dei giovani. Fu così che chiese d’incontrarmi presso la Villa Florio-Maseri di Persereano. Voleva aggiornarsi su vari aspetti della Cardiologia moderna e sapere dell’Università italiana con la quale aveva un rapporto saldo ma di confronto critico. La Federazione Italiana di Cardiologia negli anni in cui ne fu Presidente, la stima per Aldo Maggioni, l’apprezzamento per l’impegno organizzativo di Michele Gulizia, lo avvicinarono alla Fondazione per il Tuo cuore del quale divenne Presidente e per la quale promosse importanti iniziative di fundraising orientati alla prevenzione, educazione di comunità e ricerca cardiovascolare. Negli incontri di Persereano, parlavamo di molti argomenti con un senso di curiosità subentrante. Mai banale, molto autorevole, spesso malinconico. Era profondissimo nei quesiti e riflessioni. Costantemente aperto al futuro, alla necessità di progredire in conoscenza, ai giovani ed al merito. Era malinconicamente fiero della preziosa biblioteca ospitata presso le scuderie restaurate della Villa, ma avvertiva il peso di un simile patrimonio concentrato in quel luogo, pure amato e capace di rievocare ricordi, ma non fruibile da studiosi e giovani. Qualche anno dopo tutto venne donato all’Università di Udine. Un pomeriggio dell’estate 2011 volle venire a visitare il Polo Cardiologico di Trieste. Rimase profondamente colpito dalla sintonia e dall’integrazione dipartimentale, logistica, funzionale fra Cardiologia e Cardiochirurgia e volle visitare i laboratori di Cardiologia Molecolare e Traslazionale che avevamo fondato ed attrezzato insieme a Mauro Giacca, come ponte fra i luoghi della clinica, generatori di ipotesi e materiale per la ricerca, ed i laboratori avanzati in ICGEB-Area di Ricerca sull’altipiano di Padriciano.
Clinica, ricerca e formazione, l’Italia e il mondo oltre i confini visibili con la Slovenia, le Alpi Giulie e l’Adriatico. Il nostro impegno quotidiano in clinica e il nostro entusiasmo nella ricerca. Ciò che è consolidato e le sfide future. Perché per lui il progresso in conoscenza doveva essere sfida, non conformismo. Un’avventura della vita e della mente, per il superamento dei paradigmi e delle ipersemplificazioni. Tutto sul ruolo della genetica, biologia molecolare, meccanismi e dinamiche di malattia, lo interessava ed affascinava.
Non perdeva occasione per stressare, anche con una garbata ironia, che il mio interesse in ricerca per le cardiomiopatie era epidemiologicamente “per pochi” mentre quello per la cardiopatia ischemica era “per molti”, anche se era convinto che attraverso pochi ed estremi si potesse pervenire alla conoscenza dei meccanismi di malattia per orientare terapie personalizzate. La medicina dell’individuo che diventa medicina predittiva per la famiglia, suscitava in lui curiosità ed apprezzamento.
Usava ricordare che “Cardiologists with inquisitive minds must try to revive attentive clinical observations in order to identify homogeneous subset of patients and in these specific subgroups basic research will investigate novel, specific pathogenetic and protective mechanism which can define who benefits from what”.
Poi l’incidente, la malattia a minare un fisico eccezionale e sportivo, la riabilitazione, la percezione della vita che sfugge. Poi le delusioni, la sofferenza e la solitudine. E l’ultimo anno, di dolore e grave sofferenza. In mezzo qualche telefonata, curioso ma stanco. Infine in aprile il nostro ultimo incontro in un ospedale, deserto di visitatori, quasi interamente Covid, il sorriso sofferente, la rassegnazione e il “grazie Gianfranco, hai fatto una cosa buona…” con lo sguardo di commozione di quegli occhi belli, sofferenti e fieri. Grazie, professor Maseri.