Un romanzo personale

HomeLetti per voi

Un romanzo personale

“Yoga” è uno dei libri più autobiografici di Emmanuel Carrère, che decide di parlare di sé e della propria esperienza depressiva oltre che della meditazione come strumento di conoscenza e consapevolezza

Questo è un romanzo che contiene almeno tre storie
Carrère racconta inizialmente di un seminario intensivo di meditazione al quale ha partecipato per passare poi alla confessione della sua personale esperienza in ospedale psichiatrico e terminare a Leros con la propria testimonianza delle vite dei migranti

In questo libro molto atteso, Emmanuel Carrère sembra inizialmente voler provare a definire la disciplina dello yoga e, nella prima parte, riesce certamente nel proprio intento, ma la narrazione cambia ben presto percorso e si trasforma in una lunga confessione, una richiesta di aiuto dell’autore, la cui vita scombina i suoi piani di scrittore e quelli di noi lettori, dichiarandolo apertamente nel testo. “Yoga” è il libro più autobiografico dell’autore francese insieme a “Romanzo russo”, ed è nato in un periodo di crisi che, anche attraverso lo yoga (strumento di rivelazione), si manifesta con tutta la sua irruenza. Si tratta di un’opera toccante, commovente e umana nella quale l’autore mostra la propria aspirazione alla serenità e al mantenimento di un certo distacco grazie alla meditazione, uno degli obiettivi dello yoga e di altre discipline orientali che Carrère ha sperimentato ed approfondito per trent’anni. “Yoga” non è solo un romanzo; ne contiene piuttosto almeno tre, in quanto si sviluppa sia come una riflessione sulla meditazione e sull’aspirazione alla serenità, sia come un’autobiografia psichiatrica – il modo in cui la definisce lo stesso autore, che rivela la sua caduta nell’abisso della psiche – sia, infine, come racconto di un viaggio, effettuato in un’isola del Mediterraneo alla ricerca della possibilità di una rinascita. Nella prima parte di questo libro appaiono diverse ed interessanti definizioni della meditazione, pratica che agisce sulle contraddizioni di noi esseri umani, sulle nostre miserie, sull’esigenza di mantenere unito ciò che sembra non poter coesistere dentro il Sé, “entità” costitutivamente erratica e condizionata dai legami della realtà circostante. Carrère racconta della propria esperienza della pratica dello yoga attraverso la descrizione della permanenza nel centro di meditazione di Morvan per un periodo intensivo, interrotto bruscamente dall’attentato a Charlie Hebdo del gennaio 2015, in seguito al quale quanto accaduto nelle vite degli altri provoca un forte contraccolpo sulla vita dello scrittore e determina un cambio di passo esistenziale e letterario, anch’esso dichiarato nella stesura stessa del romanzo. Emmanuel Carrère viene bruscamente richiamato dal ritiro per scrivere l’orazione funebre di una delle vittime, Bernard Maris, compagno di una sua cara amica. Gli avvenimenti esterni hanno dunque sorpreso lo scrittore francese in un luogo di ritiro nel quale egli si era recato proprio per escludersi dal Mondo, che lo ha invece raggiunto con prontezza e crudeltà, non senza far scaturire delle riflessioni filosofiche rivelatrici e stranianti: l’autore, se anche non fosse venuto a conoscenza di ciò che era accaduto a Parigi proprio mentre praticava, non avrebbe potuto fare nulla di diverso rispetto all’accadere degli avvenimenti stessi. Il fatto drammatico ha mostrato agli occhi di Emmanuel Carrère, non senza conseguenze sulla sua fragilità psichica, la contraddizione tra la propria condizione di fuga dalla realtà e il caos del mondo circostante che colpisce a prescindere dalla volontà del singolo individuo. Il romanzo mostra come, entrando in contatto con il reale, il mondo risponda subito e l’Io debba essere pronto ai cambiamenti che ne scaturiscono. Si apre qui uno dei temi più cari allo scrittore, ovvero il rapporto tra Letteratura e Realtà e, in particolare, viene messa in luce la riflessione sul modo in cui si possa essere sinceri utilizzando lo strumento della finzione letteraria. Carrère dichiara nel romanzo stesso di affrontare senza vergogna ciò che gli accade, tanto da darvi spazio nel testo, che si trasforma e assume nuovi contenuti mano a mano che il divenire avanza; questo elemento assumerà ancora più rilevanza nella parte centrale del romanzo. Nella seconda parte, infatti, Carrère racconta, con una scrittura più allucinatoria, della sua porzione di esistenza trascorsa a combattere contro quella che gli antichi chiamavano melanconia, meglio identificata come disturbo bipolare. Lo scrittore, con naturalezza e senza reticenze, parla della sua depressione, del ricovero in ospedale psichiatrico, degli elettrochoc e, per fortuna, della lenta e graduale ripresa, soprattutto grazie al viaggio nell’isola di Leros, dove è iniziata per Carrère una nuova forma di accettazione di sé. Carrère parla della propria esperienza e dell’abisso psichico nel quale è sprofondato con l’obiettivo di rendersi utile agli altri e di parlare dell’esperienza umana in generale e lo fa cercando di tenere insieme tutti gli aspetti dell’esistenza, proprio come è indicato dallo yoga (e dalla radice sanscrita del termine Yuj, “aggiogare, unire”): la gioia e la tristezza, l’equilibrio e l’instabilità, la tragedia e lo humour, la vita e la morte sono alcuni degli opposti nei quali l’io si immerge. La terza porzione del romanzo è ambientata a Leros, in un centro per rifugiati, dove Carrère ha partecipato ad un laboratorio di scrittura con ragazzi migranti, per lo più afghani; qui l’unica possibilità data era l’ascolto delle storie degli altri, divenendo uditore delle quali l’autore si trasforma in un testimone di una sofferenza individuale e collettiva inimmaginabile. Grazie anche ad uno stile più documentaristico il punto di vista qui si sposta e passa dall’io individuale del disturbo psichico ad una visione più ampia, in grado di accogliere le storie dei migranti. In questo importante romanzo lo scrittore francese ci mostra in parallelo come lo yoga e la letteratura concepiscano la vita come un cammino, un percorso che si compie attraverso le esperienze che ci troviamo ad attraversare come esseri umani e come lettori. La scrittura è una trasformazione progressiva della coscienza nella quale Carrère non teme mai di darsi troppo a chi legge, parlando di temi universali proprio a partire dal Sé individuale.

Autore