Riprendendo in mano alcuni numeri di “Cardiologia negli Ospedali” mi sono imbattuto, in quello di settembre-ottobre 2020, in una pagina di Franco Plastina “Il mio ricordo di Sergio Dalla Volta”, scritto poco dopo la scomparsa del professore, avvenuta il 20 agosto 2020. Al di là delle sue frequentazioni del Karolinska Institute di Stoccolma, della Cardiologia di Città del Messico, della sua ampia cultura in campo medico e non, qui vorrei ricordare un episodio molto più banale che mi riguarda e che ritengo indicativo del suo atteggiamento. Nel 1984, nel periodo post-laurea, frequentavo la Cardiologia di Treviso del Dott. Vincenzo Cuzzato e insieme ad altri giovani medici mi recavo agli esami per entrare nella Scuola di specialità in alcune sedi universitarie più o meno vicine. Non essendo interni ai reparti, nonostante la presentazione del nostro primario, era molto difficile rientrare tra gli ammessi e infatti sono stato poi l’unico del gruppo a poter intraprendere la carriera di Cardiologo. Senza alcuna presentazione mi presentai a Padova, non conoscendo neppure la collocazione della Cardiologia nell’Università in cui mi ero laureato, avendo svolto la tesi di laurea in Radiologia. L’esame consisteva in una serie di quiz e in un compito sulla digitale il cui titolo conoscevano soltanto il professore e, come lui stesso diceva, il suo cane. Risposi ai quiz come potevo e scrissi il mio tema sulla digitale, un argomento che conoscevo bene. Fui ammesso alla Scuola di Specializzazione con mia grande sorpresa, condivisa anche dal primario Cuzzato, senza presentazioni e senza aver frequentato il reparto, solo grazie al compito. Credo che in nessun’altra sede di specialità avrei potuto entrare in quel modo e questo lo devo a Sergio Dalla Volta e alla sorte di aver trovato un argomento in cui ero preparato (la buona sorte bisogna comunque cercarsela). Quando poi entrai nel suo studio mi invitò a sedere sulla sedia di fronte a lui, sedia alla quale, così facendo, staccai un pezzo del bracciolo. Ovviamente rimasi un po’ mortificato, ma sorridendo disse che era una vecchia sedia alla quale era affezionato e che aveva bisogno di un restauro. Poteva essere una sua trovata per accogliere simpaticamente chi si presentava a colloquio da lui, forse col rischio di dar lavoro agli ortopedici.
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Editoriale