Nel Cuore dello Sportivo

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Nel Cuore dello Sportivo

Una giornata a Bologna durante la quale le Cardiologie dell’Emilia Romagna hanno messo al centro lo sport e l’esercizio fisico

Esercizio fisico e sport sono elementi cardine per la prevenzione cardiovascolare nella popolazione generale e nei cardiopatici, ma i problemi correlati devono essere ben conosciuti e gestiti

L’attività sportiva è diventata un elemento cardine della prevenzione cardiovascolare nella popolazione generale e tra i soggetti con nota cardiopatia, dove abbiamo molteplici evidenze che una regolare attività fisica e sportiva controllata possono ridurre il rischio degli eventi successivi. Per tale ragione è un obiettivo sanitario implementare il movimento e lo sport in genere nella popolazione. Accanto a questo sappiamo che l’attività fisica, soprattutto se eseguita senza supervisione e controllo medico, può aumentare il rischio di eventi aritmici e di morte improvvisa. Questo punto diventa particolarmente importante tra gli atleti, dove non è poi così raro che accadano eventi anche gravi. A Bologna molti ricordano ancora una fredda domenica di Dicembre 1989 quando il cuore di Manfredonia si fermò durante la partita BolognaRoma. Fortunatamente il cuore ripartì e questo spinse il Prof. Bracchetti e molti di noi, allora giovani Cardiologi, ad interessarci di Cardiologia Sportiva e di screening cardiologico negli atleti. Sono stati gli anni dei campioni del Bologna Calcio o di quelli delle Vu Nere della Virtus Basket, di molte angosce per qualche idoneità sportiva non concessa, ma anche di soddisfazione quando una miglior stratificazione, magari un’ablazione, ha comunque consentito all’atleta di proseguire la sua attività.

Abbiamo imparato che un’idonea valutazione cardiologica può efficacemente ridurre il rischio cardiologico correlato allo sport anche di alto livello, ma che queste valutazioni sono tutt’altro che semplici. Abbiamo dovuto attendere l’esperienza degli anni e il contributo di diversi ultra-specialisti per capire che la Cardiologia dello Sport è una branca a sé stante, molto interessante della Cardiologia. Oggi Linee Guida Italiane come il COCIS e quelle Internazionali aiutano la valutazione cardiologica e guidano il giudizio del clinico, ma soprattutto nel campo dello sport agonistico diversi sono ancora i punti oggetto di discussione e di continuo dibattito. Proprio di attività sportiva nel paziente cardiopatico, di idoneità cardiologica all’attività sportiva nell’atleta e di rischio di morte improvvisa durante sport si è parlato mercoledì 14 giugno presso il Convento di San Domenico a Bologna, durante il convegno “Nel Cuore dello Sportivo”, organizzato dalla Cardiologia dell’Ospedale Maggiore con la collaborazione del Consiglio Direttivo Regionale ANMCO Emilia Romagna. L’evento ha visto una partecipazione molto ampia e il coinvolgimento della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) e della SicSport a dimostrazione di una stretta collaborazione tra medici sportivi e cardiologi, tra strutture cardiologiche di alto livello e territorio. Durante la prima sessione, la quale aveva lo scopo di affrontare in chiave moderna – attività sportiva 2.0 – i temi più attuali quali l’epidemiologia della morte improvvisa nello sport, il Prof. Sassone di Cento ci ha confermato che è un evento raro, più frequente nei maschi e correlato all’età.

La Dott.ssa Aschieri di Piacenza ha riportato l’esperienza della sua città, dove la presenza e l’uso capillare dei defibrillatori ha portato ottimi risultati. A seguire il Dott. Urbinati ha presentato le evidenze della prescrizione dell’attività sportiva nel cardiopatico, nello scompenso e l’utilità del test cardiopolmonare da sforzo per guidarne le indicazioni. Il Dott. Di Miceli, medico sportivo, ha descritto il tema del ritorno allo sport dopo Covid, particolarmente delicato quando l’atleta è stato colpito da miocardite. Il Dott. Delise di Conegliano ha poi ricordato durante una lettura magistrale che l’ECG 12 derivazioni per semplicità, disponibilità e bassi costi è ancora la miglior guida per lo screening dello sportivo, ma richiede una profonda conoscenza clinica. La seconda sessione ha affrontato il tema delle cardiomiopatie – le patologie killer dello sportivo – e della diagnosi differenziale con il cuore d’atleta. Il Dott. Guiducci di Reggio Emilia ha ricordato che le anomalie coronariche possono essere una non rara causa di morte improvvisa e la TAC coronarica può facilitarne la diagnosi quando le sospettiamo. Il Prof. Zorzi di Padova ha descritto le cicatrici non ischemiche del ventricolo sinistro, la loro relazione con le aritmie maligne e le indicazioni allo screening, mentre il Prof. D’Ascenzi di Siena ha approfondito le conseguenze cliniche e prognostiche delle miocarditi negli atleti. La Dott.ssa Castelletti di Milano e la Dott.ssa Biagini di Bologna hanno invece affrontato il tema delle cardiomiopatie, la prima nelle espressioni puramente aritmiche, la seconda nella sua forma ipertrofica, spesso causa di difficili diagnosi differenziali con il cuore d’atleta. Non poteva non chiudere la sessione, una seconda lettura magistrale del Prof. Corrado di Padova sulla nuova definizione di cardiomiopatia aritmogena e sul ruolo che la RM cardiaca e la genetica possono avere nella definizione diagnostica e prognostica. Successivamente è stato affrontato il tema delle aritmie nello sportivo, enfatizzando la necessità di una accurata valutazione nei giovani atleti con WPW, soprattutto se sintomatici o con PRE <=250 msec dove il rischio di morte improvvisa e presente e l’ablazione può essere raccomandata e il peso prognostico dei BEV negli atleti.

Anche la sindrome di Brugada ha un peso rilevante tra gli atleti dove le forme legate al tipo 1 richiedono un attenta stratificazione di rischio, anche con lo studio elettrofisiologico, e in alcuni casi sintomatici richiedono l’impianto dell’AICD (e l’interruzione dello sport agonistico). Non dimentichiamo poi che un numero sempre più ampio di sportivi può avere una fibrillazione atriale, soprattutto se eseguono sport di lunga durata, o possono essere portatori di un defibrillatori. In questo caso numerosi studi documentano la sicurezza dell’attività sportiva nei portatori di defibrillatori, pur segnalando come questa incrementi in modo sostanziale il numero degli shock inappropriati. Tanti altri temi sono stati trattati durante il congresso in particolare gli aspetti pediatrici, l’utilità del monitoraggio delle aritmie con i device, la genetica e l’effetto dei farmaci sull’attività sportiva. Sicuramente un punto molto controverso è stato il confronto tra le Linee Guida Italiane per l’idoneità sportiva, basate su valutazione obiettiva, ECG e test da sforzo, e quelle applicate, in modo assai meno restrittivo nel resto del mondo. Il Dott. Sarto di Treviso ci ha dimostrato quanto il modello italiano sia stato in grado di ridurre il rischio di morte improvvisa. In conclusione ciò che il congresso ha fatto emergere è sempre di più la necessità di uno Sport Heart Team dove diverse figure specialistiche entrano in gioco per cercare di approfondire la diagnosi e stratificare meglio il rischio dell’atleta in cui lo screening ha riscontrato qualche problema.

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