L’Ospedale Civile dell’ “Annunziata” di Cosenza: ricordo di una passato glorioso

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L’Ospedale Civile dell’ “Annunziata” di Cosenza: ricordo di una passato glorioso

Tra il XII e XIV secolo in Calabria nacquero e si svilupparono attività assistenziali ed associazioni pie, costituite dai terzi ordini di frati mendicanti e dalle confraternite di chierici consacrati al servizio dei poveri e dei malati. Da Castrovillari a Cosenza sino a Tropea, lungo il tracciato della via Popilia-Annia, i francescani fondarono numerosi conventi dotati di strutture caritative ed assistenziali. La prima attestazione della presenza di ospedali in Calabria risale al decennio 1160-1170, quando l’arcivescovo di Cosenza, Santo, concesse ai “Giovanniti” la facoltà di costruire la chiesa di San Giovanni con annesso ospedale “inter confinium fluminis gratis et busenti”, confermata dopo circa un decennio, da Papa Alessandro III. Le strutture di accoglienza erano sistemate in piccole abitazioni chiamate “domus” annesse alle chiese, che si autofinanziavano con le rendite prodotte dall’agricoltura e da beni immobiliari, da lasciti e donazioni. L’amministrazione della domus di Cosenza era stata a quell’epoca affidata a Balsio di Colvello, sacerdote immorale, che non si faceva scrupoli nel falsificare i bilanci per appropriarsi dei cespiti fiscali. Partendo dal modello assistenziale dell’Annunziata sorto a Napoli alla fine del XV secolo, ad opera della confraternita di “Battenti Repentiti” (una serie di strutture che fornivano servizi per la tutela dei pellegrini, viandanti e poveri che transitavano per le città), si svilupparono nell’Italia meridionale e in Calabria strutture fortemente volute dagli angioini e dagli aragonesi. In particolare in epoca aragonese si registrarono una serie di interventi regi a sostegno delle opere assistenziali e nel 1461, gli ufficiali dell’Università di Cosenza ottennero la facoltà di alleviare le pene dei carcerati cosentini. L’assistenza e la cura dei poveri, degli infermi e dei lattanti con l’erogazione di piccoli crediti a condizioni favorevoli, erano i compiti principali delle “Annunziate” del mezzogiorno. Così come avvenne per Napoli, gli ospedali dell’Annunziata in Calabria divennero presto il centro di un sistema di scambi e di servizi tra i diversi settori della popolazione.

L’esempio calabrese più rilevante di questa rete di servizi è stato senza dubbio l’ospedale cosentino dell’Annunziata, fondato dall’arcivescovo cosentino Pirro Caracciolo nel 1481. Gestito dall’Universitas bruzia, raccolse rapidamente un vasto patrimonio fondiario le cui rendite venivano impiegate per sostenere e curare i poveri. L’ospedale “Annunziata” di Cosenza nasce quindi ufficialmente nel 1484, come luogo di cura per malati abbandonati e poveri bisognosi, e quando i cosentini il 6 giugno del 1490 ottennero il terreno nei pressi del convento delle Clarisse, costruirono una sede ospedaliera a cui furono confermati i privilegi di fondazione. Il massimo splendore fu raggiunto nel 1770, quando l’amministrazione dell’ospedale venne affidata dall’aristocratico Paulo Stocco. Molti proventi destinati all’ospedale provenivano dalle organizzazioni commerciali di una importante fiera dedicata proprio alla Santissima Annunziata e quando alla fine del 1700 questa venne abolita, si assistette ad un progressivo impoverimento della struttura cui si aggiunsero i gravi danni derivanti dal devastante terremoto del 1783. I cosentini tuttavia non si scoraggiarono e nel 1809 l’ospedale venne ricostruito nello stesso luogo, tra grandi disagi e scarsità di risorse. Vennero però inizialmente meno le finalità assistenziali e di cura della struttura, tant’è che nel 1836 divenne la sede della Gendarmeria cosentina fino a quando i militari non furono trasferiti presso il monastero di Portapiana. L’ospedale prese allora il nome di “Ospedale Civile con funzioni di orfanotrofio, di ricovero e cura per infermi”. La nomina a Direttore del dottor Felice Migliori segnò la rinascita dell’Ospedale che divenne un “luogo di cura per le malattie medico-chirurgiche”. Felice Migliori nacque nell’aprile del 1841 da una famiglia cosentina benestante e conseguì la laurea in medicina e chirurgia nel 1860. Esercitò la professione come medico militare presso l’ospedale di Torino e insegnò medicina operatoria nelle scuole militari. Partecipò alle lotte risorgimentali che portarono all’unità del Regno d’Italia. Nel 1864 partecipò a Milano alla fondazione della Croce Rossa Italiana. Fondò la Gazzetta Medica delle Calabrie occupandosi di igiene pubblica, tubercolosi, meningite, peste, colera e soprattutto malaria, molto diffusa in Calabria a quell’epoca. Istituì un centro per le vaccinazioni e fondò un piccolo ospedale a Rocca Imperiale per contrastare la diffusione del colera. Nel 1873 vinse il concorso per il ruolo di direttore medico dell’Ospedale Civile e Maternità di Cosenza, dove condusse brillanti ricerche sulle cause di meningite, sulla tubercolina e sulla cura della peste. La sua nomina a direttore segnò la rinascita dell’ospedale civile, che divenne sotto la sua guida luogo di cura per le malattie medico-chirurgiche. Si occupò principalmente di chirurgia e secondo le statistiche storiche, gli interventi chirurgici consentirono all’ospedale di vantare nel 1887 il decesso di solo il 6% dei ricoverati (percentuale sicuramente non disprezzabile per quei tempi) nell’ultimo ventennio dell’800. Migliori riuscì a dotare il nosocomio di una sala operatoria attrezzata, di un laboratorio per analisi batteriologiche e di arredi decenti, tutto a proprie spese. Per il proprio operato nel 1882, ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione di Igiene di Palermo. Morì a Cosenza nel 1915. Recano il suo nome una strada del centro città adiacente all’ospedale e un reparto di chirurgia dello stesso nosocomio.

Agli inizi del periodo fascista, l’Ospedale Civile, era ormai vecchio e inadeguato a far fronte alle esigenze della popolazione. Vi era la necessità di un nuovo presidio ospedaliero e nel 1936 iniziarono i lavori di un nuovo edificio terminati nel 1939. Venne denominato “Ospedale Principe di Napoli” e solo nel primo anno della sua attività ricoverò 2.531 infermi, con 52.134 giornate di degenza. Subì notevoli danni duranti i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ma alla fine del periodo bellico, riavviò a pieno ritmo le attività con un nuovo assetto organizzativo efficiente e moderno. Orgoglio per la città di Cosenza, arrivò al secondo posto in un concorso tra tutti gli ospedali d’Italia. L’Ospedale fu così rinominato come la struttura eroica del passato: “Ospedale Civile dell’Annunziata”. Al nome di Antonio Petrassi è invece legata la storia recente dell’Annunziata. Parte con lui nei primi anni ‘80, la meravigliosa esperienza dei trapianti d’organo a Cosenza con il primo trapianto di rene nel 1989. Protagonista di oltre 20.000 interventi, ottenne numerosi incarichi: socio fondatore del coordinamento Centro-Sud Trapianti, vicepresidente della Società Italiana di Chirurgia, presidente nazionale dei Chirurghi Ospedalieri Italiani, membro dell’International College of Surgeons e dell’Associazione di Videochirurgia. Morirà all’età di 80 anni proprio nell’ospedale civile dell’Annunziata, quello che era stata la sua casa, la sua famiglia per tanti anni, che lo ricorda dedicandogli il nuovo blocco operatorio implementandolo con alte tecnologie, proprio come lui avrebbe voluto.

L’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza ha un passato prestigioso alle spalle, ha attraversato profonde crisi economiche ed organizzative, continuando a svolgere il suo ruolo di presidio di salute dei calabresi anche grazie alla passione, al senso del dovere e di sacrificio di tutti i suoi operatori. Oggi la sanità calabrese sta vivendo uno dei periodi più oscuri della sua storia: una gestione poco accorta ed un progressivo depauperamento delle risorse, associata ad un commissariamento regionale ultradecennale, incapace di programmare il futuro ma anche di gestire il presente, impone il rilancio della sanità pubblica e dell’azienda ospedaliera di Cosenza.

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