L’Intelligenza Artificiale applicata all’Ecocardiografia Clinica

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L’Intelligenza Artificiale applicata all’Ecocardiografia Clinica

Lettera al Dott. Nicolosi sull’Intelligenza Artificiale

Quali implicazioni rispetto alla pratica clinica quotidiana?

Sono un (quasi) giovane cardiologo friulano di 40 anni ed ho avuto la fortuna ed il privilegio di approcciare precocemente la metodica ecocardiografica alla quale mi dedico con passione sempre crescente da 12 anni. Ho letto con molto interesse la prima lettera di questo forum dedicato all’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence = AI) in quanto non solo l’argomento in sé ha sempre destato il mio interesse, ma l’idea di poterla applicare all’imaging cardiovascolare, e nello specifico all’ecocardiografia, ha anche aumentato ulteriormente la sua attrattività per le potenziali applicazioni alla nostra professione. Documentandomi sull’argomento ho scoperto che i software per l’AI sono ormai disponibili per la maggior parte degli ecocardiografi di nuova generazione, anche se non inclusi nel cosiddetto “pacchetto base”, e che in Italia almeno tutti i grossi centri dispongono di questa applicazione per la metodica ecocardiografica. In particolare ciò su cui mi interrogo è il motivo per cui, se da una parte in Italia la disponibilità dell’AI si sta estendendo sempre più e all’estero anche accompagnata da una produzione scientifica copiosa, dall’altra parte sembra che le evidenze riguardino argomenti piuttosto circoscritti, prevalentemente incentrati su obiettivi di ricerca, in assenza di una vera e propria crescita e diffusione nella pratica clinica dell’AI, atte ad aiutare concretamente l’ecocardiografista clinico nella sempre più gravosa routine quotidiana. Sembra evidente che per altre metodiche di imaging come la TC, RMN e persino nel campo della Medicina Nucleare l’AI trovi sempre più spazio e contribuisca attivamente ad aiutare lo specialista nella diagnosi e stratificazione prognostica con software sempre più avanzati: prima con il “Machine Learning”, progressivamente affinato fino ad arrivare al “Deep Learning” ed alla compenetrazione con il “Cognitive Computing”. Questo non sembra essere altrettanto vero nel settore ecocardiografico e ciò forse si può ricondurre a molteplici cause. In primo luogo è noto come frequentemente si disponga, in generale, di insufficienti risorse; ciò è soprattutto vero per i presidi ospedalieri “spoke”, in uno dei quali lavoro, che solitamente hanno un ampio bacino d’utenza ma dove la spesa per questo tipo di tecnologia pare non venga ritenuta prioritaria (ricordo che il software dell’AI comporta un importo maggiorato mediamente di circa 30.000 Euro rispetto al costo complessivo dell’Ecocardiografo). Inoltre la metodica ecografica è ritenuta la più dipendente dall’operatore e ciò sottende almeno due altre implicazioni: quella di tipo medico-legale, inerente l’assenza di una precisa regolamentazione che delinei chiaramente dove finisce la responsabilità della macchina ed inizia quella dell’operatore, esacerbata dalla cosiddetta “scatola nera” del software che impedisce all’operatore di intervenire ottimizzando il meccanismo decisionale della macchina, nonché quella legata al fattore “time-consuming” associato all’utilizzo dell’AI. Diventa perciò comprensibile la difficoltà nel rendere capillare la diffusione dell’AI soprattutto in ecocardiografia. Convengo sul fatto che un maggior dialogo fra gli sviluppatori dei software ed i clinici possa in qualche modo contribuire a rendere la metodica più appetibile e diffusa, plasmandola e rendendola veramente un valore aggiunto nella diagnostica anche ecocardiografica, con inevitabili vantaggi anche nella pratica clinica quotidiana. Continuo ad alimentare aspettative e a credere fermamente nelle nuove potenzialità dell’ecocardiografia, la quale pare sbriciolare sempre di più i propri limiti, sovrapponendosi anche con altre metodiche nel cosiddetto “imaging multimodale” sia complementare che ibrido. Purtroppo appare talvolta non sufficientemente valorizzata, in una dura realtà che pretende sempre più esami sempre in meno tempo, a discapito della necessaria contestualizzazione clinica da effettuarsi ancora prima di iniziare l’esame stesso. Questa realtà, in ecocardiografia clinica in particolare, sembra scontrarsi con i possibili nuovi approcci inerenti l’AI, soprattutto in funzione del suo livello attuale di applicabilità su larga scala. È impossibile, a mio avviso, non riconoscere l’enorme potenziale di questa tecnologia, ma pare che i tempi non siano ancora maturi perché possa incidere nell’operatività quotidiana influenzandola significativamente.

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