Responsabilità medica
La responsabilità medica è un tema di grande attualità nel contesto sanitario italiano, per le importanti implicazioni sia per i pazienti che per i professionisti della salute. La colpa medica, come quella di qualunque professionista, può consistere sia nella violazione di norme giuridiche, sia nella violazione di regole di comune prudenza (art. 1176, comma 2°, c.c.). Le regole di comune prudenza che il medico deve osservare nell’esercizio della sua professione sono dette leges artis, e consistono nelle pratiche generalmente accettate e condivise dalla comunità scientifica1. Nel tempo la giurisprudenza ha fornito soluzioni non sempre univoche, nel tentativo, da un lato di garantire il diritto alla salute del paziente, dall’altro di ricondurre il riconoscimento della responsabilità medica a parametri ben precisi. Per questo si sono avvicendati diversi provvedimenti normativi, l’ultimo dei quali la legge 8 marzo 2017 n. 24 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, nota anche come legge Gelli. Il testo ha come caposaldo il riconoscimento del diritto alla sicurezza delle cure, insieme a quello al diritto alla salute, previsto dall’articolo 32 della Costituzione. Tale rilievo è di fondamentale importanza poiché l’aspetto della sicurezza delle prestazioni sanitarie è sancito quale bene di portata costituzionale. La norma prescrive che tale garanzia debba essere assicurata attraverso gli strumenti di prevenzione e gestione del rischio sanitario, in concerto con l’appropriato utilizzo delle risorse e l’obbligo in capo ad ogni lavoratore delle strutture sanitarie di concorrere alla prevenzione del rischio connesso all’erogazione delle prestazioni sanitarie. Non è dunque possibile pensare di prevenire e ridurre la responsabilità medica senza occuparsi della qualità e sicurezza delle cure. Parlare di sicurezza delle cure vuol dire interrogarsi sui rischi e la maniera per prevenirli e sugli errori come opportunità di apprendimento. Si deve pensare alla cura non come una serie o un insieme di prestazioni specialistiche, settoriali e segmentate, ma come un sistema complesso di attività rivolte al paziente, che hanno come premessa imprescindibile la dimensione relazionale. La cura, in questa prospettiva, comincia quando prendiamo a cuore, quando dichiariamo “mi importa” e non quando la “eroghiamo”. Questa è la premessa necessaria per pensare alla responsabilità: pensare responsabilmente agli altri e per gli altri. Prendersi cura, quindi, significa assicurare la sicurezza delle cure, imparando dagli errori commessi?
La cultura dell’errore
Scrive Popper: «Tutta la conoscenza scientifica è ipotetica e congetturale; il metodo scientifico consiste nell’imparare sistematicamente dagli errori, in primo luogo osando commetterli e, in secondo luogo, andando sistematicamente alla ricerca»2.
L’errore in medicina esiste perché la scienza medica, come tutte le scienze sperimentali, è soggetta al principio di fallibilità. L’obiettivo stesso della scienza medica è cercare, esplorare e indagare sempre nuove ipotesi, rinunciando a quelle che si rivelano errate. In questa concezione l’errore diventa elemento fondamentale per la conoscenza, purché riconosciuto. Ciò che appare verità oggi può essere corretto o smentito domani. Tradizionalmente l’errore medico è stato considerato legato ad una colpa individuale e soggetto a biasimo. Nel 2000 viene pubblicato negli Stati Uniti il lavoro dal titolo: «To Err is Human»3, dell’Institute of Medicine4 in cui si capovolge il concetto di errore: l’imputato non è soltanto chi sbaglia, ma anche il sistema all’interno del quale si muove. Allora è necessario chiedersi: Cosa ha reso possibile l’errore? A quale livello organizzativo e/o formativo bisogna intervenire perché non si ripeta? Questa differente visione interpreta l’errore non solo come problema dell’individuo, ma di un intero sistema, in cui tutti gli elementi devono integrarsi e coordinarsi per rispondere in modo adeguato ai bisogni assistenziali del paziente e assicurargli la migliore assistenza possibile. L’errore5 quindi è il risultato di una serie di eventi, circostanze e fatti che lo hanno determinato. La cultura dell’errore richiede l’analisi delle sue cause, che può essere effettuata in modalità reattiva, quando l’errore e le sue conseguenze si sono già realizzate, ovvero proattiva, prima che l’errore si verifichi, valutando quando potrebbe verificarsi, con quali modalità e conseguenze.
Ruolo delle istituzioni per garantire la sicurezza delle cure e normativa a supporto
L’Intesa Stato-Regioni del 20 marzo 2008 affronta il problema della gestione del rischio clinico e della sicurezza dei pazienti e delle cure, prevedendo che le Regioni e le Province Autonome, nel perseguimento della migliore tutela dell’interesse pubblico, rappresentato dal diritto alla salute e della garanzia della qualità del sistema sanitario, si impegnino a promuovere, presso le Aziende Sanitarie pubbliche e le Strutture private accreditate, l’attivazione di una funzione aziendale permanente dedicata alla Gestione del Rischio Clinico e alla Sicurezza dei pazienti e delle cure, incluso il monitoraggio e l’analisi degli eventi avversi e l’implementazione di buone pratiche per la sicurezza. La Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208) sottolinea che la realizzazione delle attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario rappresenta un interesse primario del Sistema Sanitario Nazionale perché consente maggiore appropriatezza nell’utilizzo delle risorse disponibili e garantisce la tutela del paziente; e per questo ribadisce che le Regioni e le Province autonome devono disporre che tutte le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario. A tal proposito si precisano i compiti che tale funzione deve svolgere:
a) attivazione dei percorsi di audit6 o altre metodologie finalizzate allo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti, con segnalazione anonima del quasierrore e analisi delle possibili attività finalizzate alla messa in sicurezza dei percorsi sanitari;
b) rilevazione del rischio di inappropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici e facilitazione dell’emersione di eventuali attività di medicina difensiva attiva e passiva;
c) predisposizione e attuazione di attività di sensibilizzazione e formazione continua del personale finalizzata alla prevenzione del rischio sanitario;
d) assistenza tecnica verso gli uffici legali della struttura sanitaria nel caso di contenzioso e nelle attività di stipulazione di coperture assicurative o di gestione di coperture autoassicurative.
Le conseguenze della inadeguata gestione del rischio
Secondo il Report annuale eseguito da Marsh7, agenzia leader nell’intermediazione assicurativa e nella consulenza sui rischi, l’84,5% delle richieste di risarcimento pervenute alle strutture sanitarie, afferiscono alla categoria del rischio clinico. Il tempo medio di chiusura delle pratiche è di 4,4 anni per i procedimenti civili, 3,5 per quelli penali, 2,5 per quelli trattati per via stragiudiziale e 2,7 in mediazione. Si stima che ogni anno ci siano in media 25 richieste di risarcimento per ciascuna struttura ospedaliera. L’evento maggiormente denunciato è quello chirurgico il 32,4%, a seguire quello diagnostico, quello legato alle infezioni correlate all’assistenza (ICA), da procedure invasive etc. Secondo lo stesso rapporto Marsh, in Italia in media ogni singola struttura ospedaliera liquida all’anno 1.799.511 euro. A questi vanno aggiunti i costi della giustizia, i costi degli avvocati, dei periti, quelli legati strettamente all’evento clinico oggetto della denuncia (es. allungamento degenza, costo dei farmaci/antibiotici, reinterventi chirurgici etc.), quelli assicurativi e quelli legati alla medicina difensiva. A tal proposito si stima che, in assenza di stime affidabili sui costi della medicina difensiva “negativa”, si valuta che solo quella “positiva” (surplus di spesa sanitaria non legata a finalità terapeutiche ma alla riduzione del rischio di contenzioso) valga annualmente 10 miliardi di euro pari allo 0,75% del Prodotto Interno Lordo (Fonte Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari).
Conclusioni
La responsabilità professionale nei termini di malpractice e contenzioso medico legale non è altro che l’esito di una mancata gestione proattiva del rischio. La prospettiva non può dunque essere giuridica ma preventiva, considerandola come un processo che porta a evitare, prevenire e mitigare eventi avversi o danni derivanti dall’assistenza sanitaria. La sicurezza delle cure diviene quindi uno strumento imprescindibile dell’assistenza sanitaria poiché, promuovendo qualità e sicurezza, contiene i costi relativi ai contenziosi ed a quelli che si ingenerano dal fenomeno della medicina difensiva. In generale, la responsabilità professionale e la sicurezza delle cure sono interconnesse e fondamentali per la pratica medica etica ed efficace. La consapevolezza dei rischi, l’adesione agli standard professionali e la continua formazione sono elementi chiave per garantire che i professionisti medici forniscono cure sicure e di alta qualità. La «policy» delle Aziende Sanitarie deve procedere di conseguenza, facendosi carico dell’errore, passando da una visione legale ed economica dell’errore e del rischio, ad una visione professionale ed etica, in cui bisogna perseguire più Qualità per procurare meno errore. Ridurre il rischio in un’organizzazione significa ridurre numericamente l’incidenza di eventi avversi ed eventi sentinella, ridurre il numero dei sinistri e la conseguente perdita economica da parte dell’organizzazione. Parlare di sicurezza delle cure vuol dire dunque passare dalla cultura della colpa a quella dell’errore, pensare la responsabilità per e non la responsabilità del.
Le iniziative da mettere in campo
Come gruppo di lavoro ANMCO sulla responsabilità professionale e sicurezza delle cure ci proponiamo di avviare una serie di iniziative formative ed editoriali:
- Sulla cultura del rischio e dell’errore
- Sugli strumenti per la prevenzione del rischio (audit, FMEA, FMECA, Safety walk around, etc)
- Conoscenza delle Raccomandazioni Ministeriali
- Comunicazione tra pari e tra operatori sanitari e pazienti
- Pillole di buone pratiche (i farmaci, la cartella clinica, il carrello di emergenza, la corretta gestione delle attrezzature)
- Legge Gelli e Responsabilità professionale
- Le DAT: consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento, legge 22 dicembre 2017
- Uso delle tecnologie avanzate e dei sistemi informativi sanitari, per migliorare la gestione delle informazioni, ridurre gli errori di prescrizione e facilitare la comunicazione tra operatori sanitari e pazienti.
Riferimenti Bibliografici
- La colpa del medico e dell’ospedale, tra dubbi e certezze. Marco Rossetti Consigliere della Corte di Cassazione. Responsabilità Medica 2023, n. 3.
- Problemi scopi e responsabilità della scienza. 1963. Karl R. Popper.
- To Err Is Human: Building a Safer Health System (Washington, D.C.: National Academies Press, 2000).
- To Err is Human: Building a Safer Health System, Institute of Medicine (US) Committee on Quality of Health Care in America Linda T. Kohn, Janet M. Corrigan, Molla S. Donaldson editors. Washington (DC): National Academies Press (US); 2000.
- Risk Managment in Sanità. Il problema degli errori. DM 5 marzo 2003. Ministero della Salute.
- L’audit clinico – Dipartimento della qualità Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema ufficio III. Maggio 2011 salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1552_allegato.pdf
- Report MedMal Studio sull’andamento del rischio da medical malpractice nella Sanità italiana. 14^ edizoine MARSH.