Sul “Giornale Italiano di Cardiologia” di dicembre 2021 Aldo Maggioni scrive un articolo sull’evoluzione della ricerca ANMCO nel corso dei primi 50 anni di vita del GIC che è stato, ed è tuttora, un fondamentale strumento di diffusione delle proposte e dei risultati di questa ricerca. È un articolo di storia scientifica ma restituisce, nella premessa e nelle conclusioni, idee, orientamenti, tratti umani e sensibilità dell’autore che non perde di vista l’evoluzione complessiva della società. Tra l’altro rivela la fede interista di Aldo (ben distante tuttavia da quella di un mio collega di Cosenza che sul suo biglietto da visita si qualifica come Radiologo Interista, con tanto di stemma della Società).
L’articolo traccia un quadro della ricerca ANMCO dalla prospettiva di chi ha promosso e progettato gli studi, ne ha analizzato i dati, ha avuto il ruolo principale nella diffusione dei risultati attraverso pubblicazioni e partecipazione a congressi. Vorrei provare a raccontare, brevemente, che cosa ha rappresentato la ricerca ANMCO da un punto di osservazione periferico, l’Ospedale dell’Annunziata di Cosenza. E mi piace farlo ora che, lasciato l’Ospedale per limiti di età da quasi tre anni, conservo il ricordo (e un po’ la nostalgia) di un lavoro bello e appassionante, anche per la partecipazione alle attività di cui parla Aldo Maggioni. La nostra storia di ricercatori ANMCO inizia nei primi anni ’80. Era primario (oggi diremmo Direttore) Franco Plastina, che per primo si pose l’obiettivo di dare alla nostra Regione una Cardiologia moderna, in linea con le più avanzate realtà del paese. Un compito arduo, che portò avanti con tenacia fino alla conclusione del suo lavoro in Ospedale. Plastina ebbe, tra gli altri, il merito di spingere e per certi aspetti forzare i suoi medici a dedicare tempo e sacrifici ai progetti di ricerca clinica multicentrica che prendevano vita in quegli anni, a partire dallo studio GISSI che portammo avanti nella nostra UTIC, allora diretta da Nicola Venneri, con ottimi risultati in termini di numero di pazienti reclutati e qualità dei dati raccolti. La collaborazione continuò con i successivi studi GISSI, gli studi BLITZ e dal 1995, con l’avvio dell’ambulatorio dedicato allo scompenso e gli studi condotti nell’ambito della rete IN HF. Non era facile: l’informatizzazione per come la conosciamo oggi era di là da venire, i collegamenti con i centri pilota erano molto meno agevoli di quelli attuali, ma sentivi che ne valeva la pena per la consapevolezza di poter partecipare dall’interno allo sviluppo della Cardiologia e la possibilità di confronto diretto e continuo con i centri più avanzati. La partecipazione agli studi e alla rete ha rappresentato (per noi sicuramente) anche l’occasione per incorporare in automatico metodologie diagnostiche e di cura nella gestione quotidiana dei pazienti; era questo tra l’altro lo scopo specifico di alcuni studi di implementazione terapeutica (per tutti i BRING-up) nei quali ebbe un ruolo fondamentale Gigi Tavazzi. La collaborazione con il Mario Negri, voluta dal compianto Prof. Fausto Rovelli, fu di grande importanza per il raggiungimento dei risultati. L’Istituto Negri, allora diretto dal Prof. Silvio Garattini, mise a disposizione dei Cardiologi il suo patrimonio di organizzazione e metodologia di ricerca e il rapporto fu facilitato da figure che seppero realizzare una insolita osmosi tra clinici e ricercatori; due in particolare: Gianni Tognoni, che incontrai per la prima volta a Salerno nei primi anni ’80 in una riunione (forse non se la ricorderà nemmeno) nell’ambito di uno studio sull’Ipertensione Arteriosa in Medicina Generale e Roberto Latini, che negli anni successivi curò la conduzione degli studi sullo scompenso cardiaco. Aldo Maggioni sottolinea nella parte conclusiva del suo articolo l’opportunità e la necessità che questo patrimonio di attività scientifica di comunità non venga disperso e continui a restare operativo, con gli aggiornamenti necessari, per affrontare nuovi traguardi clinici che richiedono sforzi organizzativi sempre più complessi in pazienti “on top” delle moderne terapie, traguardi che possono essere raggiunti solo attraverso il lavoro simultaneo di molti ricercatori accumunati da rigorose metodologie che assicurino omogeneità e qualità dei dati prodotti. ANMCO potrà affrontare queste nuove sfide se saprà reclutare e motivare nuove generazioni di Cardiologi nell’ambito di una rete estesa a tutto il territorio nazionale. È la direzione che viene tracciata nell’ambito di “Next Generation ANMCO” che, come ricorda Maggioni, risponde a due esigenze fondamentali: una maggiore richiesta di ricerca collaborativa e innovazione indipendente in campo scientifico, e un impegno pubblico per l’allargamento del diritto alla salute a tutti i cittadini, in ogni luogo del mondo. COVID 19 ha fatto emergere più che mai la necessità di andare in questa direzione, evidenziando come la ricerca tempestiva e la diffusione rapida di trattamenti efficaci in termini di prevenzione e cura siano fondamentali per la salute e per la costruzione di un mondo civile e solidale, che veda una riduzione di diseguaglianze inaccettabili per chi ha poco e imbarazzanti per chi ha troppo. Un concetto che viene ripreso con forza nel recente libro “Brevettare la salute? Una medicina senza mercato” di Silvio Garattini (edito da “Il Mulino”) che affronta il problema del superamento dell’attuale normativa dei brevetti sui farmaci al fine di assicurare il diritto universale alle cure, perché la salute non è un’industria come tutte le altre. ANMCO può contribuire con efficacia a centrare questi obiettivi attraverso il centro studi, lo staff organizzativo e le risorse editoriali che si sono consolidate negli anni:
- Il sito web che si è dotato di una veste grafica “friendly” e ricca di contenuti.
- Il più tradizionale “Giornale Italiano di Cardiologia” che, come dice l’editor Giuseppe Di Pasquale nel numero di gennaio 2022, continuerà a svolgere il suo ruolo di aggiornamento mantenendosi aderente alla linea (a mio avviso vincente) di questi anni, con innovazioni che possano rendere più appealing e fruibile la lettura del GIC.
- … e last but not least, “Cardiologia negli Ospedali” fondamentale per realizzare il senso di comunità necessario al raggiungimento di obiettivi di gruppo.
P.S.: Scrivendo questo articolo mi sono chiesto: chi sono io per dare consigli a chi è nel pieno della professione e vive in una realtà molto diversa da quella che ho conosciuto quando ho iniziato a fare il medico? Ho trovato la risposta in un articolo pubblicato lo scorso anno su JAMA Cardiology che ha un titolo da viale del tramonto (As Old Cardiologists Fade Away), ma definisce nel testo quello che può essere il ruolo di chi per motivi diversi non è più in prima linea, ma può ancora indicare una strada da percorrere avendone già fatto un lungo tratto. (1)
- Wann LS, Messer JW, Williams RG. JAMA Cardiol 2021 Jun 1; 6(6):617-618