In ricordo del Prof. Giuseppe Oreto

HomeIn memoria di…

In ricordo del Prof. Giuseppe Oreto

“Non invisibile, caro Watson: Lei non sapeva dove guardare e così le è sfuggito l’importante”

Perdiamo neuroni insostituibili per la cardiologia, nell’ultimo periodo un po’ assopiti ma mai spenti

Il 24 novembre scorso è mancato Giuseppe Oreto. Con i suoi famosi libri e corsi didattici ha contribuito ad accrescere e stimolare non solo l’interesse ma soprattutto la cultura cardiologica sull’ECG, specie sul riconoscimento ed interpretazione elettrocardiografica delle aritmie, diventando un riconosciuto punto di riferimento per diverse generazioni di cardiologi. Uno dei suoi corsi più apprezzati fu quello itinerante ANMCO – SIC organizzato nel 2008 assieme a Claudio Rapezzi, dal titolo solo apparentemente provocatorio “Una nuova metodica diagnostica in Cardiologia: l’elettrocardiografia”.
Chi scrive lo ha avuto come Professore durante gli anni di internato e di specializzazione in Cardiologia all’Università di Messina. Assistendo così a tante sue descrizioni approfondite, con aggiunta di informazioni impensabili su tracciati a prima vista considerati semplici, o a soluzioni diagnostiche, sempre lucidamente motivate, di aritmie “difficili”, considerate, anche dopo lunga osservazione, inspiegabili ai più. Con il ricorrente invito a non essere affrettati, a non lasciarsi fuorviare dalla prima impressione e prestare sempre attenzione… anche nel guardare tra i “rifiuti” dei cestini per la carta degli ambulatori: perché, come ripeteva, “proprio lì si trovano gli ECG più particolari e interessanti”. Con piacere pubblichiamo il personale e vivo ricordo di Franco De Rosa, Direttore della Cardiologia dell’Ospedale Annunziata di Cosenza.
Giuseppe Di Tano

Il Prof. Giuseppe Oreto ci ha lasciati. Perdiamo neuroni insostituibili per la cardiologia, nell’ultimo periodo un po’ assopiti da una irrispettosa malattia ma non spenti. Nel corso di uno dei tanti convegni didattici da Lui organizzati, molti anni fa, a ridosso della scomparsa di Leo Schamroth, il Professor Eligio Piccolo, altra mente elettrocardiografica e non solo, ebbe a dire: “I grandi sanno quando lasciarci. Ci lasciano quando sono sicuri che c’è un loro epigono in grado di proseguire il loro cammino. Tu, caro Peppe, hai il gravoso compito di continuare il cammino di Leo”. Ed il cammino è continuato sempre con rispetto del Suo maestro che citava e mostrava in foto in tutte le Sue iniziative didattiche. Oggi, ma forse è un mio limite conoscitivo, purtroppo non conosco una figura che possa sostituirlo, sebbene abbia avuto sempre eccellenti collaboratori. Il perimetro dell’uomo era enorme: poeta, letterato, musicologo, anche se i più, compreso me, hanno conosciuto prevalentemente il suo perimetro professionale, anche questo difficile da aggettivare compiutamente: colto, modesto, ironico, coinvolgente, preciso, elegante, semplice e… generoso. Prestava le Sue conoscenze, il Suo tempo e la Sua non formale attenzione a tutti, trasferendo il suo sapere senza tenere nessun segreto per se. Le Sue pubblicazioni sulla parasistolia richiedevano attenzione, tempo, pazienza, conoscenze e compasso, un groviglio elettrocardiografico manifesto ed occulto che alla fine Lui dipanava. Riusciva a rendere comprensibili ai più fenomeni elettrocardiografici complessi: il suo occhio riusciva a vedere tratti elettrocardiografici invisibili a noi “normali”. E le sue ricostruzioni/ deduzioni “matematiche” degli eventi elettrocardiografici lasciavano incantati e stupiti come a dire “perché non ci ho pensato?”. “Non invisibile Watson: Lei non sapeva dove guardare e così le è sfuggito l’importante”, questo un aforisma di Sherlock Holmes che ricorreva nei suoi insuperabili testi di Elettrocardiografia e che voleva essere un invito a vedere i tracciati e non solo a guardarli.

Ho conosciuto Giuseppe Oreto nel lontano 1988 a Giardini Naxos, in occasione del suo Convegno “L’analisi dell’ecg di superficie nella diagnosi delle aritmie cardiache”: rimasi folgorato non solo dal suo sapere e dalla sua genialità ma anche dal garbo con cui si rapportava ai discenti. Durante le interpretazioni plenarie dei Suoi complessi ECG, collezionati con cura, di fronte ad una interpretazione errata – e di strafalcioni se ne sentivano in quelle aule gremite – non diceva mai al suo autore “hai sbagliato” ma lo invitava con garbo a riflettere “potrebbe essere certo, ma pensa a qualcos’altro” e Lui sapeva perfettamente che l’interpretazione data non era quella giusta. Nei rari casi in cui l’autore si ostinava a difendere la propria interpretazione, sempre con eleganza e voce pacata, per non ferirlo, chiudeva il caso mostrando una diapositiva con una frase di Leo Schamroth “un’aritmia si può definire complessa se si presta ad almeno tre interpretazioni”. Non è stato mio Professore, ho preso Laurea e specializzazione altrove, ma da allora ho potuto sempre contare sulla Sua paziente disponibilità ed i Suoi insegnamenti per dipanare i miei dubbi su tracciati elettrocardiografici complessi.
Mi invitò una volta a casa Sua per la revisione di un mio lavoro inviato al “Giornale Italiano di Cardiologia” di cui Lui era attento ed intransigente revisore. Durante la garbata correzione del lavoro, per apporre delle correzioni, cercava una penna. Io per fare bella figura avevo portato con me una stilografica con inchiostro verde (ispirandomi al mio vecchio professore di Patologia medica che ne portava sempre una con sé) e subito, contento di potergliela mostrare, gliela porsi prendendola dalla tasca applicata della mia camicia. Maledettamente la penna però non voleva scrivere. Dopo alcuni garbati tentativi, il Prof. mi guardò con tenerezza ed accennando un sorriso disse: “Certo sono belle… ma spesso non scrivono. Ecco perché io uso le Bic”. Continuai ad usare poi l’inchiostro verde ma con penne Bic. Oltre alla preziosa correzione del lavoro, ritenendo le foto allegate allo stesso non presentabili, si incaricò di applicare i numeri (allora si faceva con i trasferibili) sugli intervalli elettrocardiografici, necessari per una loro corretta interpretazione, e di farle rifare dal Suo fotografo personale, un altro genio del mestiere che trasformava tracciati su carta in foto con una nitidezza millimetrica. Gesto unico ed indimenticabile. Ho poi trascorso, dopo alcuni anni, insieme a Lui un lungo periodo nel reparto di Carlo Pappone al S. Raffaele, dove eravamo entrambi per approfondire la tecnica ablativa – era anche un meticoloso ed eccellente cardiologo interventista – e dove Lui collaborava anche alla notevole e tumultuosa produzione scientifica del Centro milanese. Anche lì, nei frammenti di tempo, si prodigava con momenti didattici di cui ancora conservo le tracce (Figura 1). Tutti, compreso Carlo, lo trattavano con rispetto e tutti, compreso me, erano meravigliati ed ammirati per la sua irrefrenabile voglia di imparare, conoscere e per la naturalezza con cui indossava i panni ora di Maestro ora di scolaro e viceversa. Ricordo che durante un momento di relax chiesi a Carlo, curioso di conoscere il parere di un “grande” su un altro “grande”, cosa pensasse del Prof. Oreto. Non esitò nella risposta che fu per me esaustiva “Un uomo dell’ottocento” tradotto “un Signore” nel termine più ampio del termine, giudizio che andava ben oltre quello professionale, troppo scontato.
Ho avuto il privilegio di ottenere la Sua presentazione del mio libro sulle Tachicardie e ricordo che l’editore dopo avergli comunicato la notizia decise di pubblicarlo senza ulteriori revisioni. Grazie Prof. a mio nome ed a nome di tutti quei cardiologi che da Te e dai Tuoi libri hanno imparato l’elettrocardiografia complessa. Aver migliorato il nostro sapere vuol dire aver migliorato le condizioni di diagnosi e cura della classe cardiologica italiana e di riflesso la sopravvivenza stessa dei nostri pazienti. Sono sicuro che le tue lezioni/pubblicazioni sul “Dilemma del QRS largo” siano state preziose nei momenti decisionali di molti cardiologi di fronte ad una tachicardia a QRS largo, a tutto vantaggio dei pazienti. Se puoi da lassù mandaci un Tuo epigono che possa dare alle nuove generazioni quello che Tu hai dato alla mia.

Autore