Il Mentore, l’Imprinting del Giovane Cardiologo e le Oche di Konrad Lorenz

HomeViaggio intorno al cuore

Il Mentore, l’Imprinting del Giovane Cardiologo e le Oche di Konrad Lorenz

Si racconta che Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, fu mandato a Milano nella bottega di Simone Peterzano, pittore del manierismo lombardo e allievo di Tiziano. Il contratto di lavoro, datato 6 aprile 1584, venne firmato dalla madre per poco più di quaranta scudi d’oro. L’apprendistato del giovane si protrasse per circa quattro anni (la durata oggi della Scuola di Specializzazione in malattie dell’Apparato Cardiovascolari) durante i quali apprese la lezione dei maestri della scuola pittorica lombarda e veneta. Nessuno potrà dirci se, senza un mentore così prestigioso come Simone Peterzano, Caravaggio sarebbe diventato quell’immenso pittore che ha poi lasciato capolavori di inestimabile bellezza. Lo stesso valore dell’importanza del mentore si può applicare oggi ai giovani cardiologi? E’ ancora attuale o è superfluo parlare di mentore e mentorship in Cardiologia perché la specializzazione è molto cambiata rispetto a quella di qualche anno fa? Due sono i cambiamenti della Scuola di Specializzazione, dal mio punto di vista, più importanti. Il primo è il concorso che ha creato una graduatoria nazionale nella quale un medico può entrare in una Scuola lontana dalla sua residenza e lontano dal cardiologo che nell’Università ha acceso l’interesse per la disciplina. Succede inoltre che per motivi di punteggio, il giovane medico possa entrare in una specialità diversa da quella sognata. Così abbiamo visto medici accedere nelle scuole di ortopedia, rianimazione o ginecologia quando il loro sogno era la cardiologia. L’assenza dell’importanza della territorialità, giusta in teoria per un principio generale di meritocrazia, all’atto pratico si è rivelata una concausa della mancanza di bravi specialisti al Sud Italia. Le Scuole di Specializzazione che richiedono un punteggio più alto (e che quindi in teoria selezionano i medici più bravi) sono quelle del Nord. Infatti, ad esempio, se un medico è veneziano molto probabilmente tornerà nella sua regione dopo aver conseguito la specializzazione in un’Università del Sud, quello calabrese, soprattutto se bravo, e se sulla base della graduatoria nazionale ha conseguito la specializzazione in un grande centro del Nord, difficilmente tornerà nella sua regione di origine. Questo fenomeno alimenterà quella che oggi possiamo chiamare “questione meridionale della sanità” e che si è fortemente accentuata dopo la pandemia e che meriterebbe un’attenzione maggiore da parte della politica. Anche le Università, però, dovrebbero ragionare e fare autocritica sulle regole che le governano incluso il rischio di una eccessiva autonomia. La legge Gelmini non ha risolto le criticità dell’Università che presentavano spesso picchi di autoreferenzialità nel selezionare l’accesso dei dottorandi, assegnisti, ricercatori, docenti e del personale in genere. Queste criticità (reclutamento di scarsa qualità, legato a logiche non meritocratiche, mancanza di una vision e di grandi progettualità) sono, a mio avviso, amplificate nelle piccole Università di Provincia e dovrebbero essere affrontate dal governo come priorità visto il ruolo centrale dell’Università per la vita del nostro paese. In molte Università europee, ad esempio, si diventa professori dovendo andare obbligatoriamente in un’altra Università per almeno 5 anni. Che cosa dire poi delle modalità del test di Medicina? «Come coltivavano i pomodori gli Incas?», «A che altezza vola la gazza?» o «Cos’è il Calendario Gregoriano e cosa prevede», queste sono solo alcune del test di ammissione alle quali bisogna rispondere per diventare i medici del domani. Il decreto Calabria è nato dalla necessità emergenziale di colmare la grave mancanza di medici, frutto di una ovvia errata programmazione. Il decreto 35 del 2019 (il cosiddetto “Decreto Calabria”), applicato in tutta la nazione, ha normato la possibilità per i medici specializzandi di essere assunti a tempo determinato negli Ospedali, con automatica conversione del contratto a tempo indeterminato al conseguimento del titolo di specialità, a partire dal 2° anno del corso di specializzazione. Il concetto del decreto Calabria è stato espresso dalla FederSpecializzandi nella frase: “se non troviamo nessuno ci mettiamo lo specializzando”. Sul decreto Calabria è stato scritto molto e andrebbe ulteriormente approfondito. In una Europa dove la durata della specializzazione in cardiologia è di 7 anni, assumere uno specializzando al 2 anno, a mio modesto parere, è un errore perché può limitare la completezza del percorso formativo, irripetibile nella vita professionale del cardiologo. Ma oggi il Mentore, in epoca di medicina digitale, Tik Tok e Instagram ha ancora senso? Un medico viennese, Konrad Zacharias Lorenz, fece una grande scoperta. In un esperimento rimasto famoso, Konrad Lorenz prese le uova deposte da un’oca selvatica e le divise in due gruppi: le uova del primo gruppo furono lasciate alla madre, che le covò fino alla schiusa; le altre uova vennero poste nell’incubatrice. Le oche del secondo gruppo messe nell’incubatrice appena nate fissarono e memorizzarono nella loro mente l’immagine dell’essere che vedevano per primo, che nel caso specifico era proprio quella di Lorenz, e lo seguirono pensando che fosse la propria mamma. Queste teorie alla base del processo chiamato imprinting e basate sul concetto che esso è un processo acquisito, non innato, sono riportate in uno dei suoi libri più famosi: L’anello di re Salomone, un testo che tutti i medici dovrebbero leggere. Kondrad Lorenz scoprì inoltre che il processo dell’imprinting è irreversibile. Le oche continueranno a seguire chi hanno visto per la prima volta anche se venivano messe a contatto con la vera madre. L’importanza di questa scoperta per la quale Lorens ricevette nel 1973 il premio Nobel per la Medicina, deriva dal fatto che questo fenomeno non è limitato agli uccelli ma si riscontra anche nei mammiferi. Possiamo dire che un giovane cardiologo se ha seguito un mentore appassionato di emodinamica, di ecocardiografia, di clinica, di elettrocardiografia o di ricerca di base rimarrà per tutta la vita interessato all’imprinting ricevuto. La storia ci insegna che è così. L’allievo/a sentirà per tutta la vita le influenze positive e le attitudini, così come anche purtroppo quelle negative, del proprio mentore. Nella mia vita professionale, ma non è stata fortuna o il caso, ho incontrato due mentori eccezionali. Il primo è stato il Prof. Massimo Chiariello, allievo del Prof. Mario Condorelli, del quale mi è sempre rimasto un semplice concetto: tendere sempre all’eccellenza e ad avere esperienze internazionali negli USA. Il secondo mentore è stato il Dr. J. Ross Jr. Nella sua Divisione piena di cardiologi asiatici, americani ed europei, vigeva un mantra: l’importanza dell’integrità scientifica non fraudolenta e lo studio dei meccanismi fondamentali delle patologie cardiache. Non credo che la mia vita professionale e accademica sarebbe stata la stessa senza questi due mentori. Per concludere, il mentore non è semplicemente un supervisore, ma il nutrimento scientifico e professionale per la crescita dei cardiologi del domani. Ancora oggi, in un mondo diverso, il consiglio che possiamo dare alle prossime generazioni di cardiologi è quello di scegliersi un valido mentore, sarà la bussola, l’ancora e la loro fortuna professionale per tutta la vita.

Autore