Come l’ambiente influisce sul nostro cuore
Come prevenire l’esposizione al fumo passivo e la sua reale pericolosità
Come riportato dal Ministero della Sanità, con il termine “fumo passivo” si intende il fumo che viene inalato in maniera involontaria dalle persone che si trovano a contatto con uno o più fumatori definiti “attivi”. Il fumo passivo rappresenta il principale inquinante degli ambienti chiusi, in quanto comporta l’inalazione di agenti nocivi per l’organismo, derivanti dalla combustione lenta del tabacco contenuto in una sigaretta, in un sigaro o in una pipa e dall’espirazione del fumo dal fumatore, diluito con l’aria dell’ambiente; tali agenti nocivi, come la nicotina e il monossido di carbonio, incidono, proprio come avviene per il fumatore attivo, sulla salute delle persone, favorendo non solo lo sviluppo di patologie tumorali, ma anche di patologie a carico dell’apparato cardio-vascolare (in quanto determinano vasocostrizione, ipertensione arteriosa e favoriscono la formazione di trombosi) come si può evincere dal fatto che l’incidenza di malattie cardiovascolari e cancro al polmone aumenta rispettivamente del 25-30% e del 20-30% per i non fumatori esposti a fumo passivo. Il tema del fumo passivo è stato tuttavia trattato per la prima volta in ambito scientifico solamente all’interno del “U.S. Surgeon General’s Report” del 1972 (Health Consequence of Smoking, U.S. Department of Health, Education, Welfare, USDHEW) e solamente otto anni dopo il primo rapporto riguardante le conseguenze del fumo attivo (USDHEW 1964). Secondo il rapporto del 1972, i soggetti non fumatori esposti al fumo passivo in ambienti chiusi inalano una mistura composta dal fumo proprio della sigaretta accesa e dal fumo emesso dal fumatore: ciò determina la presenza di alti livelli di sostanze tossiche nell’aria, in particolare, di monossido di carbonio, con conseguenti gravi danni alla salute. Il più recente report “The Health Consequences of Involuntary Exposure to Tobacco Smoke”1 sottolinea come anche una breve esposizione al fumo passivo rappresenti un notevole pericolo, favorendo l’insorgenza del tumore al polmone, di patologie cardiovascolari, di ictus e asma, in quanto il fumo passivo contiene più di cinquanta sostanze nocive per l’organismo, che vengono inalate dai non fumatori quasi nelle stesse quantità che vengono assorbite da chi fuma. Il fumo passivo quindi, proprio come quello attivo, può essere senz’altro considerato un importante fattore di rischio cardiovascolare: due studi americani2-3 hanno stimato che i non fumatori che vivono con fumatori presentano un rischio di malattie cardiache che si attesta attorno al 30%. Considerata l’elevata frequenza di persone esposte, questo studio conclude che le malattie cardiache provocate dal fumo passivo costituiscano la terza principale causa di morte negli Stati Uniti, dopo il fumo attivo e l’abuso di alcol. Un altro importante studio americano ha messo a confronto la mortalità per malattie cardiovascolari tra i coniugi dei soggetti fumatori ed è emerso un eccesso di rischio di morte per malattie cardiovascolari pari al 23% per gli uomini e al 19% per le donne4. Una rassegna di 19 studi ha inoltre evidenziato come i non fumatori presentino un eccesso di rischio complessivo di sviluppo di malattie cardiovascolari pari al 23% se vivono con un fumatore, indipendentemente da altri fattori, come l’essere sovrappeso o l’obesità che, come è noto, aumentano il rischio di malattie coronariche5. Inoltre, diversamente dal rischio di cancro del polmone, il rischio cardiovascolare non aumenta proporzionalmente all’entità ed alla durata dell’esposizione al fumo passivo: una lieve esposizione, infatti, ha un importante effetto sul rischio di sviluppare eventi ischemici, tuttavia ulteriori esposizioni hanno effetti aggiuntivi relativamente modesti. Dal punto di vista biologico ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l’esposizione al fumo passivo induce aggregazione piastrinica ed è stato dimostrato come anche solo mezz’ora di esposizione al fumo passivo è sufficiente per avere una reazione infiammatoria endoteliale, con predisposizione immediata alla formazione di fenomeni trombotici6. Il fumo passivo può essere inoltre rappresentato dal fumo “di terza mano”, determinato dai prodotti di combustione sprigionati dalla sigaretta che si depositano sulle superfici degli ambienti chiusi, soprattutto in appartamenti ed automobili. Una volta formatisi, questi prodotti reagiscono con la fase gassosa o con altre molecole presenti nell’ambiente determinando forme di inquinamento secondario7. Anche il fumo di terza mano, proprio come il fumo passivo determina un aumento del rischio di aterosclerosi attraverso l’attivazione piastrinica8. I rischi maggiori conseguenti all’esposizione al fumo passivo, compreso quello di terza mano, riguardano i bambini, dal momento che il loro organismo è ancora in via di sviluppo e, per tale motivo, più suscettibile agli effetti avversi derivanti dall’inalazione del fumo. L’OMS stima che circa 700 milioni di bambini, ossia almeno la metà dei bambini nel mondo, respirino aria contenente fumo di tabacco, in particolare a casa: nella maggior parte dei casi, questo avviene senza possibilità di scelta da parte del bambino. L’esposizione dei bambini al fumo passivo rappresenta un fattore di rischio per la sindrome da morte improvvisa del neonato, per l’intossicazione da nicotina (che si manifesta nei bambini allattati al seno da madri fumatrici o esposte a fumo passivo, in conseguenza delle elevate concentrazioni di nicotina nel latte materno, del limitato peso del neonato rispetto all’adulto e del consumo di un elevata quantità di latte rispetto al suo peso), per le infezioni auricolari, per gli attacchi d’asma e anche per lo sviluppo precoce di aterosclerosi coronarica: l’esposizione al fumo passivo nel bambino determina, infatti, un aumento dello stress ossidativo dei vasi e una riduzione dei livelli di ossido nitrico, con conseguente disfunzione endoteliale e predisposizione alla formazione di placche aterosclerotiche.
L’esposizione al fumo di tabacco non avviene solamente in epoca postnatale, ma spesso può avvenire anche in epoca prenatale: il monossido di carbonio e la nicotina derivanti dalla combustione del tabacco sono altamente tossici per lo sviluppo del feto, predispongono a malformazioni congenite e possono compromettere la conclusione stessa della gravidanza. Il monossido di carbonio, infatti, attraversa la barriera placentare e, legandosi all’emoglobina del feto, ne riduce l’apporto di ossigeno; la nicotina, invece, a causa dei suoi effetti vasocostrittori rallenta la circolazione utero placentare, riducendo ulteriormente l’apporto di ossigeno. Negli ultimi anni, inoltre, è aumenta la diffusione delle sigarette elettroniche e dei prodotti di nuova generazione da inalazione senza combustione. Nel 2019 tali prodotti sono arrivati a rappresentare il 4% del mercato. Il fumo passivo da sigaretta elettronica può essere considerato nocivo per la salute? In un recente studio9, è stato dimostrato come il numero di particelle emesse dalle sigarette convenzionali sia 4,5 volte più alto di quello delle sigarette elettroniche. Dopo un’ora, la dose cumulativa di particelle inalata da chi è vicino a un fumatore è 15 volte più alta di quella inalata da chi è vicino a uno “svapatore”. Sulla base di queste stime e di dati presenti in letteratura sul contenuto in composti tossici negli aerosol dei due tipi di sigaretta, è stato stimato che il rischio di tumore del polmone di un fumatore passivo è cinque volte maggiore di quello di uno “svapatore” passivo. L’esposizione passiva alle sigarette elettroniche sembra così essere meno pericolosa di quella alle sigarette tradizionali. Le sigarette elettroniche, tuttavia, non possono essere considerate innocue, in quanto contengono comunque sostanze cancerogene e tossiche ed è stato dimostrato come i prodotti della loro combustione provochino stress ossidativo e danno cellulare. L’esposizione al fumo passivo può essere completamente evitata solamente tramite la creazione di aree libere da fumo; i sistemi di ventilazione, anche i più sofisticati, non risultano, infatti, in grado di eliminare completamente il fumo passivo. L’Italia è stata il primo paese europeo a regolamentare il fumo in tutti i locali chiusi pubblici e privati. Il 10 gennaio 2005, infatti, entrava in vigore la legge 3/2003 (art. 51: “tutela della salute dei non fumatori”) che vietava il fumo nei luoghi pubblici chiusi. Sulla scia dell’Italia, in Europa e nel mondo sono state introdotte legislazioni a tutela dal fumo passivo talora anche più restrittive (non prevedendo, ad esempio, la possibilità di attrezzare sale per fumatori). Nonostante negli anni siano stati effettuati numerosi passi avanti in termini di educazione, prevenzione e di legislazione riguardante l’esposizione al fumo passivo, non ne è ancora stata compresa totalmente la pericolosità, soprattutto nei confronti dei bambini e degli adolescenti. Molte persone nella vita quotidiana fumano in macchina con il finestrino abbassato pensando che questo accorgimento renda l’abitacolo privo dal fumo, oppure fumano alla finestra o sull’uscio della porta pensando di rendere la casa “smoke-free”: tali accorgimenti non sono sufficienti a salvaguardare le persone che abitano con loro. Occorre pertanto continuare a informare ed educare, poiché l’unico modo per eliminare totalmente i fattori negativi legati al fumo passivo è rendere gli ambienti totalmente liberi dal fumo e soprattutto cercare di ridurre proprio i fumatori attivi, compresi gli “svapatori” di sigaretta elettronica.
Bibliografia
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