Che fine ha fatto la Pecora Dolly?

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Che fine ha fatto la Pecora Dolly?

L’utilizzo della clonazione somatica in medicina

In questo editoriale della serie NEXT, parliamo di come lo sviluppo delle tecnologie di trasferimento nucleare per la clonazione somatica, le stesse che hanno portato alla generazione della Pecora Dolly nel 1997, stiano rivoluzionando molti settori della ricerca biomedica e delle sue applicazioni cliniche, inclusi i trapianti di organo xenogenici

Era il 5 luglio del 1996. Alle 4.30 del pomeriggio, in una delle stalle del Roslin Institute, nella Scuola Reale di Veterinaria dell’Università di Edimburgo, c’era molta eccitazione. Una pecora con il muso nero, della razza Scottish blackface, aveva appena dato alla luce un agnellino Finn Dorset, completamente bianco. Entro un’ora dal parto, l’agnello si era alzato da solo sulle zampe, segno di salute. Era una femmina, e fu chiamata Dolly, da Dolly Parton, una cantautrice americana che piaceva molto in Scozia negli anni ’90. Fu l’inizio di una nuova era in biologia e medicina. Guidati da Ian Wilmut, cinque mesi prima i ricercatori del Roslin avevano recuperato una cellula uovo da una pecora, con la tecnica che si usa nel processo di fecondazione in vitro. Da questa avevano poi succhiato via il nucleo, e quindi l’informazione genetica, sostituendolo con il nucleo di una cellula adulta e specializzata, derivata dalla mammella di un’altra pecora. In maniera sorprendente, l’uovo ricostruito aveva iniziato a comportarsi come fa un uovo fecondato da uno spermatozoo, generando quindi un embrione. Questo era stato impiantato nell’utero di una terza pecora, una madre surrogata. Di 29 tentativi, Dolly fu l’unica ad arrivare alla nascita: era un clone dell’animale da cui era stata originariamente isolata la cellula della mammella. Quando la storia fu pubblicata su Nature nel febbraio del 1997 lasciò tutti a bocca aperta: veniva cancellato un dogma della biologia, quello che la specializzazione delle cellule durante lo sviluppo embrionale dei mammiferi fosse un processo irreversibile. Grazie al trasferimento nucleare, furono poi clonati cani, gatti, conigli, topi, maiali, pecore e vitelli. Nel 2013, un laboratorio di ricerca sui primati nell’Oregon, negli Stati Uniti, mostrò come la clonazione possa anche essere utilizzata per creare embrioni umani. Perché la creazione della pecora Dolly fu così sensazionale? Per almeno due motivi. Primo, perché Dolly fu la dimostrazione eclatante che l’identità di qualsiasi cellula, comprese quelle dell’embrione, non è determinata dalla sequenza del DNA contenuto nel nucleo, che è uguale in tutte le cellule, ma dal programma biologico con cui questa informazione viene utilizzata. Secondo, perché Dolly indicò che il processo di sviluppo che parte dall’embrione per arrivare a un organismo adulto può essere riprogrammato. Questo concetto di riprogrammazione vale anche per l’invecchiamento: al contrario delle voci che erano circolate dopo l’annuncio della clonazione di Dolly, il trasferimento nucleare azzera anche l’invecchiamento: Dolly di fatto fu sottoposta a eutanasia quando aveva 6 anni e mezzo perché soffriva di artrite e di un tumore polmonare frequente nelle pecore, ma altre pecore clonate gemelle di Dolly sono vissute fino a 10-11 anni, l’età massima normale per questa specie.
Oltre a questa rivoluzione concettuale, cosa ci resta di Dolly dopo quasi 30 anni? Molto, e in diversi campi della biologia e della medicina. Mentre l’utilizzo esteso in zootecnica rimane ancora limitato a causa della bassa efficienza della riprogrammazione (nelle diverse specie, la percentuale di successo con cui si ottengono animali clonati varia dallo 0,5% al 20%), la clonazione viene utilizzata per ottenere animali geneticamente modificati per la ricerca. Ad esempio, se si desidera ottenere un maiale o un altro animale di grande taglia che porti una mutazione umana su cui poi sperimentare nuove terapie, la maniera più semplice per farlo è quella di inserire la mutazione all’interno di una cellula coltivata in laboratorio e poi utilizzare la clonazione per trasferire il nucleo di questa cellula dentro una cellula uovo. Il trasferimento nucleare poi, è diventato anche fonte di business. Se volete generare un clone del vostro cane o gatto, potete rivolgervi all’azienda nordamericana ViaGen Pets and Equine. Vi darà istruzioni su come rivolgervi a un veterinario per eseguire una piccola biopsia, che poi dovreste spedire all’azienda per la clonazione. Il costo è di 50mila dollari. Un settore in larga espansione è la clonazione dei cavalli. Qui competono, oltre a Viagen, anche aziende specializzate come Cryozootech in Francia, Replica Farm negli Stati Uniti, Gemini Genetics nel Regno Unito, e Kheiron in Argentina, quest’ultima specializzata nel fiorente mercato dei cavalli per il polo. Il costo di clonare un cavallo può arrivare anche a 200- 300 mila euro, ed esistono molteplici esempi di cavalli famosi clonati, compresi diversi vincitori di medaglie olimpiche. Il tutto non senza proteste delle associazioni animaliste, visto che la bassa efficienza della tecnica obbliga a molteplici prelievi di oociti e di gravidanze surrogate per ottenere ogni singolo individuo, di cui peraltro la salute spesso non è garantita. In medicina, la clonazione somatica consente di ottenere maiali geneticamente modificati da cui ottenere organi per i trapianti. Nel gennaio del 2022, un’equipe del Medical Center dell’Università del Maryland a Baltimora ha prelevato il cuore di un maiale e l’ha impiantato nel torace di un uomo di 57 anni, David Bennett, condannato altrimenti a morire a causa di una insufficienza cardiaca in stato avanzato. Mr Bennett era stato bene nei primi giorni dopo il trapianto, anche grazie al trattamento con un nuovo cocktail di farmaci che sopprimevano il rigetto, ma era poi peggiorato, fino a morire dopo un paio di mesi. Questo xenotrapianto ha rappresentato il culmine di una ricerca biotecnologica durata decenni per abbattere le barriere molecolari tra le specie. Per ottenere il maiale usato a Baltimora, Revivicor, l’azienda biotech di Blacksburg, in Virginia che l’ha prodotto, ha dovuto introdurre 10 modificazioni genetiche nel DNA, rimuovendo 4 geni suini che potevano scatenare il rigetto e inserendo 6 geni umani che regolano la coagulazione e l’infiammazione. Questi maiali sono talmente preziosi che non possono essere fatti riprodurre tramite accoppiamento, ma sono generati utilizzando appunto la clonazione, in modo da evitare qualsiasi riassortimento genetico che possa avvenire durante la riproduzione naturale. La eGenesis, un’altra azienda biotech basata a Cambridge nel Massachusetts, ha generato altri maiali, che portano ben 70 modificazioni genetiche, in modo da diminuire la probabilità di rigetto e aumentare la compatibilità, anche questi ottenuti grazie alla clonazione. La eGenesis ne ha circa 400 di questi maiali geneticamente modificati e clonati, mantenuti in una struttura la cui località viene mantenuta segreta per motivi di sicurezza. I cuori di alcuni di questi maiali vengono attualmente trapiantati, a scopo sperimentale, in giovani esemplari di babbuino. Non appena la sperimentazione su 12 animali sarà completata, l’azienda inizierà quella nei bambini con malattie congenite del cuore, una condizione in cui il tasso di mortalità arriva al 50%. Il trapianto di cuore di maiale dovrebbe perlomeno consentire la sopravvivenza di questi bambini in attesa dell’arrivo di un cuore umano. Alla sua morte, Dolly fu imbalsamata e fa ora bella mostra di sé al National Museum of Scotland a Edimburgo, in Scozia. Una visita emozionante, assolutamente da non perdere.

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