Cardiologia e Geriatria: una necessaria contaminazione per uno screening della Fragilità

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Cardiologia e Geriatria: una necessaria contaminazione per uno screening della Fragilità

La cura dell’Anziano cardiopatico richiede un approccio specifico

Proposta di un minimum data set

Oltre 25 anni fa, W.W. Parmley1, si poneva la domanda: “Do we practice Geriatric Cardiology?” e rispondeva: “sì perché ormai noi cardiologi curiamo una popolazione di età geriatrica, e no perché non siamo ancora preparati a gestire in modo appropriato l’anziano fragile”. Lo stesso quindi concludeva: “noi dobbiamo apprendere dai geriatri quegli elementi dell’assistenza all’anziano che ci potranno qualificare pienamente a praticare la Cardiologia Geriatrica.” La Cardiologia Geriatrica riunisce quindi le competenze per la cura delle malattie cardiovascolari con quelle per la gestione di aspetti propri dell’invecchiamento quali la fragilità, il declino cognitivo, la multimorbosità, la politerapia, aspetti sociali e psicologici. Essa quindi, fornisce alla pratica cardiologica gli strumenti per la diagnosi, la valutazione dei rischi, il coordinamento dell’assistenza e le abilità comunicative, necessari per gestire al meglio gli anziani cardiopatici.

Come definire la fragilità?
La caratteristica peculiare delle cardiopatie dell’anziano è sintetizzata da due termini: eterogeneità e complessità. Sono queste le due dimensioni che spiegano le profonde differenze esistenti tra individui anagraficamente coetanei a parità di età e di cardiopatia. In queste due dimensioni convergono dinamicamente gli effetti del processo di invecchiamento cardiovascolare, delle cardiopatie, delle comorbidità, della disabilità e fragilità e dello stile di vita e di fattori socio-ambientali. L’identificazione, la valutazione ed il trattamento dei soggetti anziani fragili rappresentano la pietra angolare su cui si basa la pratica della medicina geriatrica. La fragilità può essere definita, come una condizione di maggiore vulnerabilità ai fattori di stress a causa della diminuzione delle riserve fisiologiche che porta a scarsi risultati dopo eventi clinici e/o interventi cardiovascolari. Rappresenta un’entità distinta dalla disabilità, di cui precede lo sviluppo e con cui può parzialmente sovrapporsi. Sebbene non vi sia consenso unanime su come misurare la fragilità, il fenotipo di fragilità e la fragilità da accumulo di deficit sono due modelli interpretativi ampiamente accettati2. Il fenotipo fragile definisce la fragilità come una sindrome clinica basata sulla presenza di 3 o più caratteristiche di debolezza muscolare, andatura lenta, inattività fisica, perdita di peso e affaticamento. La fragilità da accumulo di deficit definisce invece la fragilità come uno stato di cattiva salute che può essere quantificato utilizzando un indice di fragilità che calcolato come proporzione dei deficit di salute legati all’età.

Fragilità e cardiopatie
A seconda della definizione utilizzata, la prevalenza della fragilità negli adulti di età pari o superiore a 65 anni con malattie cardiovascolari varia dal 15% al 63%. Nelle cardiopatie la fragilità aumenta significativamente la mortalità e l’impatto sulla prognosi è dimostrato in un ampio spettro di condizioni, tra cui scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, sindromi coronariche acute e valvulopatie. Tuttavia, in passato, i soggetti molto anziani e/o fragili sono stati esclusi dall’arruolamento nei trial randomizzati, e ciò ha determinato una carenza di evidenze specifiche, rendendo difficile trovare equilibrio nella scelta terapeutica fra il beneficio clinico atteso e i rischi delle terapie e delle procedure. Nell’ultimo decennio la ricerca e l’innovazione tecnologica hanno permesso il trattamento con nuovi farmaci (quali anticoagulanti diretti e farmaci per lo scompenso cardiaco) e dispositivi e procedure interventistiche o chirurgiche (quali TAVI, resincronizzazione, clip mitraliche) di pazienti in precedenza considerati incandidabili. In un recente editoriale, Michael Rich3 ha affermato che, differenza del passato è ora possibile – e necessario – includere pazienti di età avanzata nei trial randomizzati e fornire evidenze per la pratica clinica, e che il rapporto efficacia/ sicurezza delle nuove terapie consente di ottimizzare la cura anche in questi pazienti. È tuttavia necessario implementare, a tale scopo, una valutazione della fragilità con uno dei punteggi validati disponibili al fine di migliorare l’appropriatezza degli interventi e gli esiti degli stessi. Nel setting cardiologico è indispensabile identificare il paziente «né troppo sano né troppo malato» che si possa giovare delle cure, identificando al tempo stesso quei pazienti in cui tali cure possano rivelarsi futili. La fragilità quindi, non è di per se una ragione sufficiente per rifiutare a un paziente anziano una determinata cura, ma la sua quantificazione è piuttosto un mezzo per selezionare una cura personalizzata e appropriata.

Come identificare e quantificare la fragilità?
Riconoscere i domini della fragilità, le sue componenti e il loro peso relativo è un passo cruciale, al fine di dare una risposta personalizzata su misura ai bisogni peculiari dei pazienti. Sono disponibili in letteratura numerosi strumenti validati, alcuni molto semplici, altri più complessi, ma non vi è consenso unanime su quale utilizzare in determinate situazioni. La maggior parte di essi si basa sui differenti domini che definiscono il fenotipo della fragilità. È necessario quindi validare uno strumento di screening affidabile in termini di sensibilità e specificità, ma contemporaneamente facile e di veloce somministrazione ed interpretazione anche da parte di non Geriatri. Se dopo lo screening viene identificata la presenza di fragilità, oppure il paziente presenta una forma manifesta di fragilità, è indicata una valutazione più dettagliata del deficit specifico evidenziato, oppure una Valutazione geriatrica completa. Sicuramente i pazienti che afferiscono alle Cardiologie sono in media più robusti e autosufficienti di quelli che afferiscono ad altre discipline quali la Medicina Interna e, ovviamente la Geriatria, ma l’identificazione di una condizione di fragilità o pre-fragilità completano e approfondiscono la conoscenza del paziente. Riteniamo quindi che, alla luce dei cambiamenti demografici ed epidemiologici, i tempi siano maturi per validare in Cardiologia una scheda con un minimum data set semplice e di facile somministrazione basato su strumenti validati in letteratura. Questo progetto è stato presentato nel corso del Webinar a cura dell’Area CardioGeriatria, “Il lessico della Cardiogeriatria” che si è tenuto Mercoledì 13 marzo 2024. Per questi motivi l’Area CardioGeriatria propone l’elaborazione e la validazione di una scheda da utilizzare in ambito cardiologico, sia nella pratica clinica quotidiana che nell’ambito dei progetti di ricerca dell’ANMCO.


Bibliografia

  1. Parmley WW. Do we practice geriatric cardiology? J Am Coll Cardiol 1997 Jan;29(1):217-8.
  2. Ijaz N, et al J Am Coll Cardiol 2022;79:482–503
  3. Rich M, et al Journal of Cardiac Failure Vol. 26 No. 3 2020

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