Ruolo degli epatovirus nella precoce insorgenza del processo di aterosclerosi e di disfunzione valvolare

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Ruolo degli epatovirus nella precoce insorgenza del processo di aterosclerosi e di disfunzione valvolare

L’aterosclerosi e la degenerazione valvolare nei pazienti epatopatici

Calcificazioni valvolari cardiache ed epatopatia virale cronica

L’epatite cronica può essere definita una malattia necrotico-infiammatoria del fegato caratterizzata dalla persistenza nel tempo di necrosi epatocitaria e di infiammazione, dimostrabili istologicamente e presenti in vario grado. Numerosi sono gli agenti, infettivi e non infettivi che possono causare tale malattia: tra le condizioni dovute a processi non infettivi, vanno ricordate le forme autoimmuni e le epatopatie da farmaci. La persistenza della necrosi e dell’infiammazione induce la fibrosi e, in alcuni casi la formazione di setti connettivale che, associandosi alla rigenerazioni parenchimale, causano una progressiva alterazione della struttura lobulare fino, eventualmente, alla cirrosi epatica (1). La cirrosi epatica è una malattia cronica del fegato a molteplice eziologia, caratterizzata da fenomeni degenerativo-necrotici parenchimali associati a fibrosi e rigenerazione nodulare, con conseguente disorganizzazione dell’architettura lobulare e vascolare (2). La compromissione dell’apparato cardiocircolatorio in corso di cirrosi epatica rappresenta un’evenienza frequente, che spesso è presente in forma subclinica nello stadio iniziale (pre-ascitico) della malattia. Negli ultimi anni è stata attribuita un’importanza sempre maggiore a questa condizione sia per il ruolo fondamentale che gioca nel determinare le complicanze più temibili della cirrosi epatica che per la capacità di influenzare sensibilmente la prognosi dei pazienti che ne presentano i segni. La presenza di alterazioni istologiche a carico del miocardio dei pazienti cirrotici sono note da più di 50 anni, da allora sono stati condotti moltissimi studi sia sull’animale da esperimento che sull’uomo che hanno in larga parte chiarito i meccanismi ed identificato i determinanti fondamentali della “cardiomiopatia del cirrotico” (3). Una significativa percentuale di pazienti cirrotici mostra all’autopsia un cuore con peso francamente superiore alla norma (> di 400 g.), inoltre presenta una notevole dilatazione delle camere cardiache e una minore consistenza del miocardio rispetto ai pazienti con cardiopatia nota (4). Numerose pubblicazioni hanno evidenziato che la patogenesi infettiva può giocare un ruolo importante nel processo aterosclerotico. Le infezioni potrebbero aggredire l’endotelio vascolare o direttamente o indirettamente attraverso meccanismi di risposta immunitaria (5). Tali microrganismi agirebbero come agenti stressanti per l’endotelio, responsabili perciò di quelle alterazioni biochimiche e risposte cellulari altamente specifiche che possono essere descritte come una malattia infiammatoria (6-7). Secondo la teoria cosiddetta della “risposta al danno”, un danno della parete endoteliale sarebbe il momento iniziale dello sviluppo delle lesioni aterosclerotiche.
Sembra essere determinante il ruolo svolto dalle anomalie funzionali del β1-recettore (8). Altrettanto importante appare il ruolo di composti potenzialmente tossici quali endotossine e citochine riversate in circolo attraverso gli shunts portosistemici o inadeguatamente inattivati dal fegato. Queste sostanze sono in grado di svolgere un’azione inibitoria diretta sulla contrattilità miocardica e di influenzare, direttamente o indirettamente, il tono vascolare. Infine, esistono delle evidenze che pongono l’accento sul ruolo della ridotta fluidità delle membrane cellulari in corso di cirrosi epatica. Gli eventi finora descritti possono in parte spiegare le alterazioni della performance cardiaca e le anomalie sia strutturali che funzionali rinvenibili nel cuore cirrotico. Alcuni studi hanno inoltre dimostrato una correlazione significativa tra infezione da HCV ed HBV e la presenza di placche aterosclerotiche alle carotidi nella popolazione generale (9). Se fino a qualche anno fa la calcificazione valvolare era vista come qualcosa di degenerativo e passivo, oggi è considerato un processo patobiologico che molto condivide con la formazione dell’osso in fase embrionale ed attira su di se l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Stimoli aterogenici come citochine infiammatorie, lipidi ossidati e produzione di monociti macrofagi promuovono l’osteogenesi e la calcificazione della matrice in cellule di coltura. Le basi cellulari delle calcificazioni valvolari e quindi della ossificazione eterotopica sono state chiarite da Mohler et al (10) che ha dimostrato, attraverso lo studio anatomopatologico di valvole cardiache calcifiche, la presenza di vari gradi di ossificazione e di infiltrati infiammatori: Mohler infatti, ha riscontrato: Calcificazioni distrofiche, lamelle ossee mature, rimodellamento osseo attivo, formazione di osso endocondrale (fenomeno comunemente riscontrato nella riparazione delle fratture ed anche nella fibrodisplasia ossificante progressiva FOP). Inoltre ha dimostrato la presenza della BMP2/4, (proteina morfogenetica dell’osso); della osteopontina, osteocalcina ed osteonectina. Inoltre, nelle aree di ossificazione e di calcificazione distrofica ha riscontrato macrofagi ed aggregati linfocitari nonché mastcellule. Queste ultime poi sono state chiamate in causa da alcuni autori proprio come le responsabili della liberazione di potenti mediatori dell’infiammazione: metallo proteinasi, serin-proteasi, chinasi, catepsina, istamina, TNF–α, PGD2 e leucotrieni 88. In sintesi l’attivazione di queste linee cellulari porterebbe al rilascio di tutta una serie di citochine, chemiochine, fattori di crescita ed enzimi idrolitici, capaci di contribuire all’angiogenesi, all’aterosclerosi, alla calcificazioni e quindi all’ossificazione delle valvole. In conclusione la patogenesi delle calcificazioni valvolari cardiache (ossificazioni e della differenzazione endocondrale delle valvole) può essere definite come il risultato di processo infiammatorio cronico e non come un semplice processo passivo degenerativo.

Bibliografia

  1. Krupa R Mysore, Daniel H Leung. Hepatitis B and C. Clin Liver Dis. 2018 Nov; 22(4):703-722. doi: 10.1016/j.cld.2018.06.002. Epub 2018 Aug 22.
  2. Pul S, Marcellin P. Management of chronic hepatitis in 2008 Gastroenterol Clin Biol 2008 Mar, 32(3); S 71.
  3. Talia M Leal-Alvarado, Ignacio Escalante-Sandoval, José L Gálvez-Romero, Paola Ávila-López, José L Flores-Castillo, Montserrat Galván-Ramírez. Physiopathological and diagnostic aspects of cirrhotic cardiomyopathy. Arch Cardiol Mex 2020;90(2):154-162. doi: 10.24875/ACME.M20000110.
  4. Lunseth JH, Olmstead EG, Forks G. A study of heart disease in 180 hospitalized patients dying with portal cirrhosis. Arch Intern Med 1958; 102: 405-13.
  5. S.A. Morrè et al Microrganism in the aetiology of atherosclerosi J.Clin.Pathol 2000;53;647-654.
  6. Mayr M, Kiechl S, Willeit J,Wick G Xu Q. Infection immunity, and atherosclerosis: association of antibodies to Chlamidia Pneumonie, Helicobacter Pylori, and Cytomegalovirus with immune reaction to heat-shock protein 60 and carotid or femoral atherosclerosis. Circulation. 2000 Aug22;102(8):833-9. 77.
  7. Danesh J, Wong Y, Ward M, Muir J. Chronic infection with Helicobacter Pylori, Chlamydia Pneumoniae , or Cytomegalovirus: population based study of coronary heart disease. Heart. 1999 Mar;81(3):245-7.
  8. Ma Z, Lee S. Cirrhotic cardiomyopathy: getting to the heart of the matter. Hepatology 1996; 2: 451-9.
  9. Yuko Ishizaka et al. Association Between Hepatitis C Virus Core Protein and Carotid Atherosclerosis- Circulation Journal Vol 67, January 2000.
  10. Emile R. Mohler et al Bone formation and infiammation in Cardiac Valve Circulation March 20 2001, 103;1522-1528.

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